Storie
«Non ho tempo per stare male e faccio le cure non in quanto ammalato, ma perché devo guarire». Sono le parole di Michele Giraldo, 42 anni, al terzo mandato di sindaco di Brugine, nel Piovese, che ai primi di settembre aveva annunciato dal suo profilo Facebook, l’inizio di una seconda vita: «Ho un linfoma, un tumore maligno del sangue, ma continuo la mia attività di amministratore».
Michele aveva deciso di rendere pubblica la sua malattia, sia per il ruolo di amministratore che svolge, ma anche per infondere coraggio e ottimismo a chi, come lui, si trova in questa situazione. E racconta la sua storia: «Tutto è iniziato tra aprile e maggio con un dolore alla guancia. All’inizio non ci ho dato troppo peso, ma il dolore persisteva. Sono andato dal medico che in un primo momento ha ipotizzato che si trattasse di parotite. Essendo abituale donatore Avis, mi sottopongo periodicamente agli esami del sangue che sono risultati perfetti anche quella volta. A seguito di una ecografia i medici hanno scoperto che c’era qualcosa sulla guancia. Dopo una risonanza magnetica, una tac, che ha evidenziato un’anomalia, una successiva biopsia, purtroppo, ha fugato ogni dubbio: linfoma, tumore maligno del sangue». E continua il suo racconto: «In questi casi è facile lasciarsi prendere dallo sconforto e perdere la speranza, ma grazie al sostegno della mia famiglia e dei miei concittadini, sento di avere la forza per lottare e non farmi abbattere: fin dall’inizio mi hanno detto che si può guarire, quindi non mi sono perso d’animo».
E per il sindaco Giraldo è iniziato così un percorso con i protocolli sanitari previsti in questi casi, che sono fatti di professionalità, ma anche di grande umanità da parte dei sanitari. «Dopo i primi esami che avevo eseguito al Ca’ Foncello di Treviso, mi sono affidato al reparto di ematologia dell’ospedale di Padova, dove ho trovato persone straordinarie, veramente uniche. E da lì è iniziato il mio percorso». Che sicuramente non è semplice e può riservare più di qualche sorpresa, come racconta: «In un primo momento pareva che la malattia fosse piuttosto limitata, poi invece con ulteriori approfondimenti i sanitari che mi seguono hanno visto una infiltrazione a livello cranico e quindi le terapie alle quali mi devo sottoporre sono piuttosto importanti, tanto da dover essere somministrate in regime di ricovero ospedaliero». Nonostante tutto, l’ottimismo lo accompagna sempre. «L’esperienza del ricovero in ematologia è davvero particolare: in reparto si è quasi isolati dall’esterno, le visite sono contate, si usano sempre i dispositivi sterili, perché le difese immunitarie sono basse. Per me è di grande supporto il fatto di continuare a svolgere, quasi regolarmente la mia attività di sindaco, usando la tecnologia che in questi casi è davvero preziosa, ma la stessa cosa accade quando sono a casa. Le riunioni di giunta le facciamo in videoconferenza e anche i contatti con i responsabili dei diversi uffici avvengono con queste modalità, anche se, quando è necessario posso andare con le dovute cautele anche in municipio, quindi cerco di fare una vita più normale possibile, tenendo però sempre ben presenti le regole che mi ha dato la meravigliosa équipe del reparto di Ematologia della nostra Azienda sanitaria di Padova, che rappresenta una vera eccellenza dal punto di vista sanitario, ma anche umano».
C’è una nota di colore nella seconda vita, come l’ha definita lui stesso: «Dei miei capelli lunghi, ma soprattutto del mio codino, avevo fatto quasi un marchio distintivo, da quando nel 2020 avevo deciso di non tingerli più, ma di lasciarli naturali. Con la chemioterapia sapevo che sarebbero caduti e avevo cercato di recuperarli con il mio parrucchiere, ma non è stato possibile farlo; pensavo che la cosa mi avrebbe creato problemi, ma in realtà mi sono reso conto, anche grazie alla particolare esperienza che sto vivendo, che la scala dei valori e delle cose importanti della vita sono diversi».
«La malattia è come un cane randagio che nessuno vuole incontrare, poi quando lo conosci e se ne va, forse non ne senti la mancanza, ma ti accorgi che ti ha lasciato qualcosa di buono».

«Anche la comunità cristiana, come quella civile, si sente partecipe del percorso che sta vivendo il sindaco Michele»: sono le parole del parroco di Brugine, don Francesco Malaman, di cui Michele Giraldo è parrocchiano, pur avendo regolari rapporti da sindaco anche con la parrocchia della frazione, Campagnola, guidata da don Luca Gallocchio. «Vedo i genitori alla celebrazione della messa e anche attraverso loro faccio arrivare al nostro primo cittadino il pensiero e la preghiera per la sua guarigione». Tra amministrazione comunale e parrocchia di Brugine si è stabilita una bella sinergia: «Sia la comunità cristiana che quella civile hanno a cuore il bene comune, ciascuno nella propria autonomia, ma anche in collaborazione, un sentire che ho percepito negli amministratori comunali e in particolare nel sindaco Giraldo, al quale davvero siamo tutti vicini con affetto», sottolinea don Malaman.
«Una concittadina mi ha fatto dono di un crocifisso che porto volentieri al collo; è un sostegno, soprattutto nelle giornate di ricovero, simile a quello che mi fanno sentire ogni giorno
i concittadini di Brugine e Campagnola».