Fatti
Carne sintetica, utopia reale: gli alimenti sintetici sono sempre più tra noi
Gli alimenti prodotti in laboratorio non sono più un futuro lontano. Secondo Coldiretti si rischia un’omologazione e la perdita di patrimonio alimentare
FattiGli alimenti prodotti in laboratorio non sono più un futuro lontano. Secondo Coldiretti si rischia un’omologazione e la perdita di patrimonio alimentare
L’Italia è il primo Paese al mondo per produzioni tipiche: dal celeberrimo Parmigiano Reggiano dop al meno noto Aglio bianco polesano dop, passando per le innumerevoli Igp e De.Co. (Denominazione Comunale), è un trionfo di sapori, biodiversità, attenzione alla sostenibilità. C’è chi però spinge nella direzione opposta: uniformare, omologare, magari adducendo che anche così si può contribuire alla salvaguardia del pianeta. È quello che alcune organizzazioni di coltivatori e di consumatori temono stia per accadere con le cosiddette “carni sintetiche”, o “cibo Frankenstein” come lo chiama qualcuno, soprattutto dopo che pochi giorni fa, negli Stati Uniti, per la prima volta è stato autorizzato per il consumo umano un “pollo sintetico”. Ma di cosa stiamo realmente parlando? Di “carne” prodotta dalla clonazione di cellule estratte dagli animali e poi fatte riprodurre in vitro per ottenere gli stessi tessuti (carne sintetica), da non confondere con la pseudo-carne o le uova prodotte da materie vegetali. Di sintetico sono allo studio però anche il pesce, i frutti di mare, il miele e persino il latte creato in laboratorio. È un mondo in via di esplorazione: prima ancora che la questione del sapore, della consistenza, degli effetti dei diversi tipi di cottura, della conservazione e così via, il tema che tiene banco, in Italia in particolare, è etico ma anche economico. Non si tratta, infatti, di prodotti che strizzino l’occhio al solo mercato vegetariano e vegano, il che poco giustificherebbe l’enorme crescita di investimenti (366 milioni di dollari nel 2020 per il solo comparto carne artificiale). Secondo organizzazioni come Coldiretti, si è di fronte a una precisa strategia di multinazionali che puntano a modificare stili alimentari naturali. E a un vero attacco al “made in Italy”. «Con l’avvento del cibo da laboratorio è a rischio il nostro patrimonio agroalimentare e viene messa in discussione la libertà dei consumatori con la prospettiva di un’omologazione delle scelte sul cibo – spiega Massimo Bressan, presidente di Coldiretti Padova – «Non c’è poi alcuna certezza, al momento, che la produzione di cibo sintetico permetta di ridurre l’impatto ambientale, dato che la produzione di cibo in laboratorio sembra consumare più acqua ed energia degli allevamenti tradizionali». Il timore ora è che l’avvenuta approvazione negli Stati Uniti apra la strada a richieste di autorizzazione al commercio di cibi sintetici anche in Europa, con rischi enormi per la zootecnia italiana (solo quella padovana vale quasi 260 milioni di euro). Tutti motivi per cui Coldiretti, Filiera Italia e Campagna Amica hanno avviato una mobilitazione e una raccolta di firme su tutto il territorio nazionale. Nel Veneto è iniziata il 23 ottobre e prosegue tra stand e fiere. Ulteriori informazioni su veneto.coldiretti.it
Secondo Coldiretti gli alimenti sintetici non aiutano la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, e non è accessibile a tutti poiché è nelle mani di poche multinazionali.
Lo scorso 16 novembre, la Food and Drug Administration, l’ente del Governo statunitense che regola i prodotti alimentari e i farmaci, ha dato un primo parere positivo. L’azienda Upside Foods potrà quindi essere in grado di vendere pollo prodotto a partire da vere cellule animali, coltivate all’interno di bioreattori, senza quindi macellare animali vivi. Ma l’iter è ancora lungo.