MosaicoMentre aumentano i costi produttivi e cala il consumo da parte degli italiani, stanno entrando in vigore norme Ue che prevedono investimenti per diminuire le emissioni
Cala il consumo di carni bianche e a essere colpita è soprattutto la carne di tacchino, che paga anche un dazio pesante sul fronte dei costi di produzione e di due anni di ridotta produzione a causa dell’epidemia aviaria. Lo sottolinea Confagricoltura, commentando i dati di Veneto Agricoltura. Il Veneto è il leader a livello nazionale per la carne del volatile, riuscendo a coprire la metà del totale prodotto, ma gli allevamenti – per la maggior parte in provincia di Verona ma anche nel Padovano – sono in calo: da 422 sono scesi a 392. «Dopo l’influenza aviaria, che ha colpito fortemente nel 2021 ed è continuata negli anni successivi, con parecchi focolai rilevati – sottolinea Diego Zoccante, vicepresidente della sezione di prodotto di Confagricoltura Veneto e presidente di Ava, Associazione veneta avicoltori – le aziende sono ancora in forte difficoltà, in quanto hanno lavorato al 50 per cento delle loro possibilità. Anche i consumi sono in calo, almeno del 10 per cento, mentre i prezzi pagati ai produttori restano invariati nonostante i rincari scattati nella grande distribuzione». Il risultato è un minor utile per i produttori, che devono peraltro fare fronte a continui costi per gli adeguamenti delle strutture: il decreto sulle misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli, che entrerà in vigore il 1° luglio, prevede ad esempio spazi adibiti per le pulcinaie in tutti i capannoni. Questo significa costi più alti sia dal punto di vista strutturale che per la gestione, a cominciare dal riscaldamento. Per quanto riguarda l’aviaria, il periodo appare tranquillo, grazie anche al costante monitoraggio negli allevamenti che ha portato a un rischio molto basso di diffusione del virus. La preoccupazione nel settore è alta, invece, per le regole restrittive approvate dall’Ue in materia di emissioni industriali, che ha incluso gli allevamenti di suini e avicoli. «Nel prossimo futuro – avverte Zoccante – dovremo dotarci di impianti per abbattere le emissioni. Quindi un ulteriore impatto economico negativo, che penalizzerà aziende all’avanguardia per applicazione delle norme sul benessere animale e per la qualità delle produzioni. E mentre noi continuiamo a essere vessati con regole sempre più stringenti, le realtà dei Paesi terzi con cui ci confrontiamo sul mercato globale lavorano con costi inferiori e normative molto più permissive, riuscendo perciò ad essere più concorrenziali».
