FattiIl monitoraggio dei sindacati veneti dei pensionati Cgil, Cisl e Uil ha evidenziato importanti rincari in questo 2025 che gravano sulle famiglie degli anziani non autosufficienti. La proposta: «Una quota “equa” rapportata alle condizioni socio-economiche dell’ospite»
È stato reso noto a fine marzo il nuovo monitoraggio sui costi delle rette delle residenze per anziani in Veneto. Il report condotto da Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil ha evidenziato una media di 295 euro in più del 2024 e 665 euro in più rispetto al 2023, rincari che sono sostenuti dalle famiglie, già alle prese con l’inflazione e una fase economica incerta. A spiegare i dati e il quadro più generale che riguarda il tema del supporto agli anziani – in particolare quelli non autosufficienti – sono Debora Rocco, Uilp Uil, Tina Cupani, Fnp Cisl e Nicoletta Biancardi di Spi Cgil. «I dati che abbiamo raccolto non erano disponibili: crediamo che ci sia anche un problema di poca trasparenza. Le famiglie sono costrette ad arrangiarsi nella ricerca delle strutture e nel confronto delle rette – spiega Debora Rocco – Il nostro rilevamento ha permesso un confronto storico che include sia i costi con impegnativa di residenzialità sia senza. Attraverso la consultazione dei siti web e tramite contatti diretti con i singoli centri servizi, si è riusciti a ottenere un’importante quantità di dati relativi alla stragrande maggioranza delle strutture». Gli ospiti che usufruiscono dell’impegnativa di residenzialità – di fatto l’85 per cento degli anziani non autosufficienti assistiti nelle case di riposo – pagano mediamente 665 euro in più all’anno rispetto al 2023 (1.919 euro al mese contro 1.865). I soggetti che invece non usufruiscono del contributo regionale sborsano mediamente di 2.730 euro al mese, con una crescita di oltre 45 euro in confronto all’anno precedente. Alcune differenze si rilevano a seconda delle province dal momento che il prezzo dipende da vari fattori ma anche dalle «economie di scala, perché se sono strutture piccole è difficile contenere i costi. Per il resto gli aumenti sono quelli che tutti viviamo, dall’energia alle materie prime» precisa in aggiunta Tina Cupani.
«In Veneto abbiamo 328 mila anziani non autosufficienti, la maggioranza dei quali è assistita in casa – proseguono le sindacaliste nell’analisi – Il tema è dunque molto più complesso, l’aumento delle rette è solo uno dei problemi che gravano sulle famiglie. Le Rsa dovrebbero essere inserite all’interno di una rete di servizi a disposizione delle famiglie che offra supporto, informazione e assistenza. Certo, anche aumentare gli stanziamenti regionali e nazionali servirebbe per calmierare i costi, ma non è sufficiente. Andrebbero anche rilanciate le Ipab, il Veneto è l’unica Regione in Italia che non ha fatto la riforma, la stiamo attendendo da 25 anni. Bisognerebbe trasformarle in Centri di servizi, inseriti nella filiera dei servizi socio-assistenziali e socio sanitari territoriali. La situazione è pesante e lo sarà sempre di più dal momento che la popolazione invecchia; ormai anche le badanti arrivate nel nostro Paese vent’anni fa sono a loro volta anziane e non se ne trovano per assistere i nostri genitori e nonni». Ancora, nel merito delle cose da fare, viene rilanciata la necessità di «definire una o più rette tipo finalizzate a garantire una quota a carico dell’utente “equa” rapportandola alle condizioni socio-economiche e patrimoniali dell’ospite. Ma bisogna anche coprire e rendere omogeneo il fabbisogno dei posti letto residenziali e di quelli semiresidenziali, accreditabili e autorizzabili verificando anche l’attuale situazione delle liste d’attesa». Dal quadro delineato emerge anche una criticità nei rapporti tra sindacati e Regione: «Bisogna costituire un tavolo di confronto stabile tra Regione, rappresentanze degli enti e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei pensionati con l’obiettivo di monitorare costantemente la qualità e la quantità dei servizi offerti. Come sindacati dei pensionati vogliamo essere parte attiva nella discussione sulla programmazione dei servizi socioassistenziali destinati ai più fragili. Riteniamo sia arrivato il momento di convocare quel tavolo di confronto specifico sulla non autosufficienza, che era stato ipotizzato ancora nel giugno scorso». Se la questione anima tanto i sindacati quanto la politica – il Movimento 5 stelle veneto è recentemente intervenuto criticando l’amministrazione Zaia – chi deve fare i conti quotidianamente con costi e assistenza sono le famiglie, come racconta, amareggiata, Antonia (nome di fantasia), figlia di un’anziana di Camponogara non autosufficiente e malata di Alzheimer: «Ho fatto domanda per mia mamma l’anno scorso, perché la badante non era più disponibile. La mia richiesta era temporanea, per qualche mese, ma mi hanno detto che le strutture accolgono ospiti solo per lunghi periodi. Ho accettato, ma non c’era posto, e comunque il costo era alto. Poi ho trovato un’altra badante quindi ho risolto. In seguito le strutture mi hanno richiamato ma le rette erano eccessive, anche perché mia mamma ha un’Isee basso e mentre in casa prendo un piccolo sussidio dalla Regione, in struttura non so se sarebbe bastato».
Prendendo in esame la retta con impegnativa, nel 2025 la spesa media giornaliera (che ha una serie di variabili come il tipo di camera) più bassa è quella applicata nelle strutture bellunesi con un costo di 55,09 euro. Una cifra decisamente inferiore rispetto al Veneziano, che ha le rette più alte di tutta la Regione con una spesa giornaliera di 69,59 euro, seguita dal Padovano con 68,19 euro.
Attualmente, quando la Regione supporta le famiglie coprendo la parte sanitaria, eroga impegnative da 52 o 57 euro, in modo standard. I sindacati chiedono invece di definire gli aiuti in modo commisurato al grado di gravità del non autosufficiente. Inoltre «è necessario aumentare il numero delle impegnative di residenzialità per anziani non autosufficienti, in maniera tale da coprire l’intera platea dei potenziali beneficiari, visto che ne è escluso circa il 15 per cento degli ospiti».
