IdeeI bambini e gli adolescenti di oggi che rapporto hanno con le proprie emozioni? Risponde Daniela Chieffo, direttore dell’Unità Operativa di Psicologia clinica presso l’Università Cattolica Fondazione Policlinico Agostino Gemelli
Negli Stati Uniti Abigail Shrier, editorialista del Wall Street Journal, ha posto l’attenzione sull’eccesso di diagnosi e di medicalizzazioni che riguardano i ragazzi, avvertendo: “Un bambino può avere una sensazione di tristezza acuta che però è momentanea. Attraverso un intervento sulla salute mentale lo facciamo diventare un problema cronico”. Ne parliamo con Daniela Chieffo, professore associato e direttore dell’Unità Operativa di Psicologia clinica presso l’Università Cattolica Fondazione Policlinico Agostino Gemelli
I bambini e gli adolescenti di oggi che rapporto hanno con le proprie emozioni?
I bambini e gli adolescenti di oggi hanno una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni. Sono in grado anche di comprenderle. Purtroppo a volte non hanno gli strumenti per gestirle fino in fondo. È come se riconoscessero i diversi colori su una tavolozza, ma mischiandoli tra loro si trovassero di fronte a una tonalità cupa difficile da decifrare. In questa situazione dimostrano di essere psicologicamente vulnerabili.
Nella nostra società c’è una tendenza a “esasperare” alcune emozioni negative?
Nel mondo attuale ci confrontiamo con una forte competitività, orientata alla performance. Questo scenario porta a volte a rimuovere le emozioni primarie o a radicalizzare alcuni atteggiamenti, come il vittimismo o l’ipercriticismo. I genitori, ad esempio, spesso tendono a mettere in luce i difetti dei propri figli, più che i pregi. Magari criticandoli, banalizzando i loro sentimenti, perfino ridicolizzandoli davanti a estranei. Si tratta di un errore comunicativo ed educativo molto grave, inoltre questo comportamento viola l’intimità e la privacy dei giovani ferendoli profondamente.
Si parla anche di eccessiva medicalizzazione, ossia di una tendenza a ritenere patologiche emozioni o sentimenti che fanno parte della normale condizioni psicologica dell’individuo. Cosa ne pensa?
Oggi c’è una maggiore consapevolezza culturale rispetto ai disordini psicologici o psichiatrici del neurosviluppo. Facilmente si possono rintracciare notizie a questo proposito sui social, sui media, o su pubblicazioni specifiche. Per questo motivo genitori e insegnanti appaiono più propensi, di fronte a una difficoltà, a effettuare uno screening di valutazione, o una visita neuropsichiatrica. Certo può accadere che alcuni sintomi che un bambino o un ragazzo manifestano siano temporanei, legati magari a una fase della maturazione o a una contingenza. Prima di intraprendere un percorso medicalizzato, bisognerebbe quindi provare ad affidarsi alle proprie risorse, cioè al sistema familiare e scolastico, e cercare di approfondire la criticità. Occorre però, al contempo, fare attenzione a non sottovalutare alcuni sintomi palesemente patologici. In questo caso è necessario affidarsi a specialisti di seria e leale professionalità.
Una cattiva gestione delle emozioni e un certo analfabetismo emotivo possono sfociare in veri e propri disagi psicologici, o addirittura in sindromi depressive?
Sì, può accadere. Anche la mancanza di empatia con gli altri, nonché una personalità “arlecchino”, ovvero dalle innumerevoli sfaccettature, possono prendere la forma di vere e proprie patologie. La più comune riguarda le donne, anche in età molto giovanile, ed è la sintomatologia ansioso-depressiva. L’ansia può generare disturbi ossessivo-compulsivi, frequenti rimuginii, ricorrenti attacchi di panico, fobia sociale, aggressività: manifestazioni da non ignorare, rispetto alle quali la depressione è spesso l’esito finale.
Si possono educare i giovani e giovanissimi a instaurare un buon rapporto con le proprie emozioni? Come?
Sono fermamente convinta che gli individui possano essere educati, fin dalla tenera età, a comprendere e riconoscere le emozioni, a intercettarne i cambiamenti. Occorre far capire ai nostri figli che le emozioni fanno parte della nostra esistenza. A esse vanno riservati tempo e spazio: potremmo immaginare per ogni emozione una “stanza”, comunicando fra loro queste stanze produrrebbero “sane” e “forti” correnti.
