Idee
Chiesa cattolica, quale ruolo? Scenario esacerbato anche per le tante divisioni religiose
La guerra ha alimentato una spaccatura tra le Chiese ortodosse dei due Paesi
IdeeLa guerra ha alimentato una spaccatura tra le Chiese ortodosse dei due Paesi
«Tutto il cristianesimo nato da Bisanzio e che si è sviluppato nell’Europa orientale e fino alla Russia, in contesti storici molto diversificati, risente di un elemento caratteristico che semplificando viene definito cesaropapismo, la non indipendenza delle Chiese dal potere politico che anzi ne ha il controllo. Un aspetto che qui, nell’Occidente cattolico, dove il primato del papa si è consolidato nel corso del Medioevo in contrapposizione al potere imperiale, fatichiamo acomprendere. Nell’Oriente europeo cristiano il potere politico non si è unificato e le relazioni tra quest’ultimo le Chiese hanno spesso portato ai nazionalismi dell’età moderna, nei quali la religione era elemento dell’identità etnica». Parte da questa premessa Vittorio Berti, docente di Storia del cristianesimo all’Università di Padova, per spiegare la nostra difficoltà a leggere la lotta tra Chiese anche di fronte a eventi drammatici come la guerra in corso dopo l’invasione russa dell’Ucraina. «Ai problemi storici si sono poi aggiunte problematiche strettamente religiose e anche noi cattolici abbiamo delle responsabilità: l’uniatismo, la tendenza di alcune Chiese orientali a forzare la riunificazione nella Chiesa cattolica, rappresenta un vero “sasso nella scarpa” del dialogo ecumenico, una forma primitiva di ecumenismo forzato, per così dire, che papa Francesco ha criticato. Inoltre molte comunità ortodosse ambiscono a essere autocefale e il fazionalismo è forte. La tensione tra Ucraina e Russia ha portato alla spaccatura anche tra le Chiese dei due Paesi. Unico vero faro volto a ricucire le posizioni è il patriarca di Costantinopoli, che pratica una teologia più aperta, in dialogo con la modernità e fedele alla tradizione. Ma il tentativo di un Concilio panortodosso, nel 2016, è stato boicottato da molti, in primis ahimè dalla Chiesa russa».
E in Ucraina non ci sono solo le diverse comunità cristiane.«C’è una forte componente ebraica, in Crimea la presenza islamica è storica, molto influenti sono alcune comunità neopagane che hanno esercitato un ruolo decisivo per la nascita di battaglioni neonazisti. Il combinato disposto di cesaropapismo, nazionalismo identitario e religioso alimenta le divisioni. Ma d’altro canto dobbiamo ricordare che in Ucraina e in tutta l’Europa dell’Est si è abituati alla diversità che intessa i quartieri e le città, dove la tolleranza è poco esibita ma molto praticata e vissuta».
Quali strade sono secondo lei possibili perché si torni a parlare tra mondi religiosi che sembrano allontanarsi?«Serve una de-escalation militare, ma anche quella del linguaggio. La comunità internazionale deve favorire parole che avvicinino. Se ci sconcertano le parole e le azioni russe, dobbiamo ricordare che anche in Ucraina la retorica conflittuale è stata alimentata negli anni, e in contesti estremisti non ci si è sottratti a richiamare antiche prossimità al Terzo Reich. In campo religioso, serve una teologia adeguata. Ma dove sono le voci profetiche che in passato si levavano dalla Russia? Oggi non ci sono o meglio non si dà loro sufficiente spazio, anche da noi. Da vent’anni la teologia russa del patriarcato flirta con idee militariste, reazionarie più che conservatrici».
Quale ruolo può esercitare la Chiesa cattolica?«Oggi la Chiesa cattolica può esercitare un ruolo cruciale. Ha a disposizione parole che sono difficili da pronunciare da chi è immerso nel clima esacerbato degli ultimi anni. Certo è difficile immaginare un dialogo con il patriarca di MoscaKirill, che in tema di diritti ha usato parole per noi occidentali incomprensibili. Ma l’Occidente non deve fare l’errore di guardare a una civiltà altra con atteggiamento di superiorità. Il dialogo va cercato con chi la pensa in modo differente».
Papa Francesco cerca di esercitare tutta la sua forza morale contro la guerra. Come può davvero incidere? E cosa pensa dell’ipotesi di un viaggio a Kiev, considerato “sul tavolo” dal pontefice stesso?«Papa Francesco ha compiuto un gesto mai visto andando a fare visita personalmente all’ambasciatore russo. Sta chiedendo con grande forza l’apertura di un dialogo verso la pace che si fa con i nemici: lo sforzo di tendere la mano alla Russia può sembrare arrendevole, ma l’amore è arrendevole. Sul viaggio a Kiev ho dei dubbi. Andare adesso può essere anche pericoloso perché nel conflitto sono coinvolti non solo eserciti, ma anche esaltati che potrebbero minacciare la vita del pontefice. Altro significato avrebbe la visita del papa ai migranti, ai milioni di persone fuggite dall’Ucraina e ammassate ai confini».