Idee | Pensiero Libero
La presenza di Pfas in corrispondenza di due gallerie della Superstrada Pedemontana Veneta era acclarato oramai da mesi. Il fatto che ora la procura vicentina – la stessa dalla quale è nato il processo che ha condannato per inquinamento ambientale e avvelenamento delle acque undici manager della Miteni di Trissino per la grande contaminazione tra le province di Vicenza, Padova e Verona – abbia indagato dodici manager delle due società che hanno costruito e ora gestiscono la grande arteria veneta che corre tra vicentino e trevigiano allarma. E non poco.
La grande preoccupazione nasce perché quello che si ripropone davanti agli occhi dei cittadini è il medesimo: inquinavano e, pur sapendolo, non lo hanno comunicato alle autorità né hanno bonificato l’area controllata dall’Arpav. Così in alcune zone dei Comuni di Malo, Castelgomberto e Montecchio Maggiore, uno dei composti della famigerata e numerosissima famiglia di acidi-prefluoroalchilici – il Pfba – è stato trovato in «rilevanti concentrazioni» come scrivono i magistrati, e in particolare in quasi oltre 12 mila nanogrammi al litro d’acqua nel 2021 e quasi 4 mila nanogrammi un anno fa. Piogge e dilavamenti hanno fatto in modo che le aree toccate da questo nuovo inquinamento si siano ampliate e, tenendo conto che si tratta di zone di ricarica di falda, che l’acqua contaminata sia di nuovo finita nella falda acquifera.
Tutto parrebbe nascere dall’utilizzo di un accelerante per la presa del calcestruzzo sulla volta di due gallerie, che Sis scpa e Spv spa non hanno testato prima né ripulito dopo. Ancora una volta dunque è la logica del profitto a guidare ogni scelta, nonostante la presenza di un capitolato che indicava quali prodotti utilizzare per evitare contaminazioni ulteriori di un’area già segnata dalla vicenda Miteni emersa una decina di anni fa. E infatti lo “scarica barile” sulla Miteni è già iniziato da parte dell’avvocato Pierluigi Ciaramella che difende alcuni degli indagati: «Poiché il “Mapequick” (nome commerciale del prodotto che contiene Pfba, ndr) è usato in tutte le grandi opere, compresa l’Alta Velocità, vorrebbe dire che tutta Italia è inquinata. No, la verità è che vicino alle gallerie sorgeva la Miteni». Se la vicinanza con la fabbrica dei veleni è un fatto, lo è altrettanto la presenza del contaminante nel materiale scelto per la Spv, ma le parole del legale non spiegano questa seconda evidenza. Anzi, finisce per ampliare l’allarme della popolazione, sostenendo che il prodotto è utilizzato in tutti i grandi cantieri d’Italia. Ecco perché questa non può essere derubricata come una piccola storia di provincia.
Ancora una volta vediamo che il principio di precauzione, alla base di ogni normativa ambientale, viene saltato a piè pari dal modus operandi di grandi player e piccole aziende. Alla base di tutto questo si staglia un grave vulnus culturale: la convinzione che in un modo o nell’altro la si farà franca, mentre non si pensa minimamente alle persone nell’organismo delle quali queste molecole finiranno per accumularsi con le conseguenze potenziali che molte volte abbiamo spiegato anche dalle pagine della Difesa.
A peggiorare la situazione c’è la gestione della terra – contaminata – estratta per scavare le gallerie: sarebbero ben venti i siti in cui negli anni è stata trasportata, distribuendo così sul territorio anche il Pfba, ma non c’è chiarezza sui quantitativi e sulle reali misure messe in campo per prevenire ulteriori inquinamenti.
La buona notizia di questi giorni risale a venerdì 17 ottobre, con la pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione Veneto della delibera della Giunta Regionale per l’avvio di uno studio epidemiologico su tutti gli abitanti dell’Ulss 8 Berica esposta ai Pfas. Occorrerà vigilare che l’operazione, in ritardo di un decennio, questa volta parta per davvero. Per giustizia nei confronti dei 400 mila Veneti che hanno i veleni nel sangue. E perché, considerato anche il caso delle gallerie della Spv, purtroppo nessuno è al sicuro. È necessario bandire i Pfas e imporre controlli previ alla messa in circolazione di sostanze potenzialmente nocive per la salute.