Mosaico
Conservare bene è meglio che restaurare. Il laboratorio dei Musei civici di Padova
Ai Musei civici di Padova c’è un laboratorio che si occupa della cura e del restauro delle collezioni comunali
Ai Musei civici di Padova c’è un laboratorio che si occupa della cura e del restauro delle collezioni comunali
Sembrerebbe una cosa scontata, che un museo abbia un proprio laboratorio di restauro. Invece non è così, nemmeno per molte grandi istituzioni. È per questo che quello dei Musei civici di Padova è uno dei tanti fiori all’occhiello di questa storica istituzione, nota universalmente soprattutto per ospitare i capolavori di Giotto e Guariento. «Già negli anni Novanta – spiega Francesca Veronese, direttore dei musei patavini – l’amministrazione comunale fece la scelta di assumere direttamente dei professionisti con competenze specifiche. Oggi il nostro laboratorio consta di due restauratrici, una per la parte storico artistica, Antonella Daolio, e una per la parte numismatica, Federica Turetta». Un terzo posto, relativo alla parte archeologica, attualmente non è coperto. Il laboratorio del museo padovano è quindi nelle condizioni di autosufficienza, solitamente i restauri affidati all’esterno sono solo quelli sponsorizzati: tutto ciò che è ordinario viene svolto in sede. Per esempio, un dipinto di straordinaria importanza come il Crocifisso di Giotto, dopo il grande restauro degli anni Novanta, gli interventi successivi li ha ricevuti dal personale interno. «Fondamentale è la conservazione preventiva delle opere d’arte – racconta Elisabetta Gastaldi, conservatore del museo – che si effettua, per esempio, attraverso il controllo delle condizioni microclimatiche, vale a dire dei valori di temperatura e umidità, delle sale e dei depositi. Il restauro rappresenta l’extrema ratio, l’ultima soluzione di una corretta politica di conservazione». La grande attenzione verso l’arte ha fatto crescere il fenomeno dei prestiti. «Le richieste che arrivano – concludono Veronese e Gastaldi – sono molte: ora, per esempio, due nostri quadri del seicentesco Faustino Bocchi sono a Viareggio in una mostra sul carnevale. Il Comune di Padova ha scelto di dare gratuitamente le opere prestabili: come contributo viene chiesto, se necessario, il finanziamento del restauro». Il laboratorio, salvo sporadici casi di collaborazioni dirette con la Soprintendenza, non effettua lavorazioni per gli esterni ma si occupa solo del patrimonio interno, che è enorme considerando anche le opere nei depositi. È però un luogo di formazione dove ogni anno fanno esperienza una quindicina di studenti delle varie scuole di restauro venete.
Il laboratorio di restauro dei Musei civici padovani ha sede dal 2016 in una palazzina costruita ex novo all’interno del complesso museale. È stato così possibile riunire, in stanze attigue, anche altre lavorazioni, come la verniciatura e soprattutto il laboratorio ligneo. Quest’ultimo si occupa in particolare dei supporti delle opere: perché, oltre alla parte dipinta, in un quadro vi è anche quella che di fronte non si vede, ovvero i telai e tutte le parti strutturali. Vi sono poi le cornici. Qui sono presenti tutte le attrezzature per svolgere il lavoro senza ricorrere a servizi esterni. Tra la strumentazione in dotazione al laboratorio di restauro c’è anche un apparecchio riflettografico. Si tratta di uno strumento, di dimensioni contenute ma dall’effetto strabiliante, che attraverso i raggi infrarossi e una tecnica non invasiva permette di analizzare il disegno preparatorio o di riconoscere l’eventuale presenza di “pentimenti” e rifacimenti. «È uno strumento valido – racconta Elisabetta Gastaldi – che ci è stato donato dal Rotary Club di Abano e Montegrotto Terme, per lo studio e l’approfondimento della tecnica dei dipinti, da utilizzare anche in vista di un intervento di restauro». Non mancano poi strumentazioni ormai comuni come la “lampada di Wood”, che emette radiazioni elettromagnetiche, o microscopi ad altissima precisione.
Nelle segrete stanze di un museo si cela spesso un altro museo, cui non può accedere però alcun visitatore a parte qualche studioso. Alcune delle opere lì custodite compaiono talvolta quando possono uscire temporaneamente dalle loro stanze segrete, di solito per comparire in qualche mostra. Sono le stanze dei depositi delle opere d’arte. Anche questo patrimonio semisconosciuto offre molto lavoro ai restauratori, che devono comunque controllarne lo stato di salute, anche perché spesso vi si celano quadri e altri manufatti molto preziosi, pur se non esposti per motivi di spazio o di opportunità. «Lo stato di conservazione delle opere nei nostri depositi è buono – spiega il direttore dei Musei padovani, Francesca Veronese – Come istituzione su questo siamo tranquilli anche perché disponiamo di personale dedicato proprio per questa attenzione». Molte di queste opere escono, come detto, quando vanno in prestito ad altri musei ed esposizioni: è l’occasione, per quelle che ne necessitano, di beneficiare di un restauro o comunque di un controllo generale del loro stato di salute. Altro fiore all’occhiello del settore museale è, a Padova, il gabinetto fotografico, che oltre a custodire un archivio fotografico storico molto importante, si occupa di documentare tutto il patrimonio artistico e archeologico locale.