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In dialogo con la Parola

giovedì 18 Dicembre 2025

Contempliamo con stupore Gesù, il Verbo della Vita

Redazione
Redazione

Natale del Signore (messa nella notte)
Isaia 9,1-6 | Sal 95 (96) | Tito 2,11-14 | Luca 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce.
Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

È una storia che si intreccia e ritorna. In fondo, l’Incarnazione del Verbo si inserisce dentro la storia umana di ieri e di oggi. Proprio per questo, mi colpisce l’incipit solenne e a mio parere ironico del Vangelo di Luca proposto nella notte di Natale. Questa collocazione spazio-temporale, al di là di alcune imprecisioni, ci ricorda che ogni storia umana, come la storia di Gesù di Nazareth, si incarna in un tempo e in un luogo. I potenti di allora presumevano di governare la storia umana con un censimento. Non è così diverso perché, oggi come ieri, vi sono logiche imperialistiche, dittatori che aggrediscono e “giocano alla guerra”, popoli senza memoria che tentano di annientare altri popoli, finti democratici che in modo folle si riarmano fino ai denti. Spesso ci si sente impotenti perché non si riesce a contrastare queste logiche scellerate e violente. Ci sono “censimenti” che mirano al controllo delle persone,
alla limitazione delle libertà di movimento e di espressione.
Ebbene, il Figlio di Dio si incarna dentro questa storia, un numero tra tanti numeri. Eppure, qualcosa sfugge sempre al controllo del potere: cioè, la libertà dell’Onnipotente che diventa “impotente”, dell’Atteso che nasce bambino, lontano da qualsiasi palcoscenico. «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio». In fondo, la Vita sa trovare la sua “mangiatoia” nei luoghi impensabili. Ciò che è determinante è che ci siano mani e braccia pronte ad “avvolgere in fasce” un bambino.

Questo è lo strano paradosso del Natale, la bellezza e il dramma. La bellezza di un Dio che in modo ostinato fa “apparire la sua grazia”, sa illuminare con una nuova luce il mondo, sa risvegliare
la vita e la speranza, sa “moltiplicare la gioia”. Nello stesso tempo, vi è anche il dramma «perché per loro non c’era posto nell’alloggio». Questo mi pone una domanda: c’è un posto in me pronto ad accogliere una nuova vita, per farmi avvolgere di luce? Oppure ci sono alibi o giustificazioni che impediscono al Figlio di Dio di essere adagiato nella mia mangiatoia?
Il Natale ci ricorda che il Dio di Gesù Cristo desidera nuovamente entrare e nascere dentro il mio mondo, anche se disordinato, confuso e in subbuglio perché anche un ipotetico “luogo di fortuna” può diventare lo spazio sacro del Mistero.

Ciò che spiazza, inoltre, è che il Figlio di Dio in modo coerente inizia a scrivere la storia dell’umanità con caratteri completamente diversi dalle nostre logiche. Infatti, da chi si fa incontrare per primo? Forse da coloro che contano o che possono dare un risalto ufficiale all’evento? Niente di tutto questo.
I primi a essere interpellati sono i pastori che «vegliavano tutta la notte, facendo la guardia al loro gregge». Ed ecco, una luce li avvolge, un invito a «non temere» l’annuncio di una grande gioia:
il Magnificat inizia a realizzarsi, perché il Dio di Gesù Cristo si fa incontrare per primo da coloro che mai nessuno avrebbe scelto, da persone emarginate ed escluse, da persone inaffidabili agli occhi di tanti.

E allora, celebrare la Vita e la Luce nel Natale del Signore significa accogliere la logica di Dio che scommette sugli scarti apparenti, che cerca nuovi alleati in umanità. Probabilmente, chi non ha onori e ruoli da difendere e spesso è oggetto di pregiudizi, è più libero per accogliere e per entrare nella luce del Mistero. E se anche noi provassimo a fidarci delle parole degli angeli, a lasciarci avvolgere dalla luce per essere testimoni di un nuovo corso della storia dell’umanità? Buon Natale a chi sa essere umano, perché la notte possa lasciare lo spazio allo stupore delle prime luci del giorno e alla contemplazione del Verbo della Vita.

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