Fatti
Una Cop 30, da un lato, interlocutoria e senza un’agenda “ambiziosa”, rispetto alle iniziative per fronteggiare i cambiamenti climatici, figlia dell’attuale contesto geopolitico. Dall’altro lato, inedita e promettente, nel coinvolgimento delle popolazioni dell’Amazzonia e della società civile. La Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, che si è conclusa venerdì 21 novembre, a Belém, va analizzata secondo queste due chiavi di lettura. Accanto a esse, non si può non menzionare il protagonismo delle Chiese, e in particolare della Chiesa cattolica, ai vari livelli: frutto maturo, da un lato, del magistero di Papa Francesco, a partire dalla Laudato si’, puntualmente rilanciato, in questi mesi, e anche in occasione della Cop 30, da Papa Leone XIV; e, dall’altro lato, di un lavoro ecclesiale decennale, capillare, a fianco dei popoli, condotto dalle Chiese dell’Amazzonia.
Qualche risultato c’è stato. A sottolineare, al Sir, i risultati interlocutori, ma non trascurabili, così come l’enorme “spinta” dal basso che è stata ben visibile, a Belém, è Caetano Scannavino, coordinatore di Projeto Saùde & Alegria (Progetto Salute e Felicità), organizzazione che in Amazzonia coinvolge le popolazioni indigene per promuovere la salute, la formazione, l’agricoltura sostenibile e la purificazione delle acque. “La valutazione che faccio di questa Cop 30 – spiega l’attivista, tra i promotori del Vertice dei popoli – si basa sulle mie aspettative, sulla base della difficile congiuntura mondiale. Inevitabile, quando hai un Donald Trump, un Governo americano, che smantella tutti i programmi di lotta al cambiamento climatico una situazione di guerra generalizzata, l’aumento di risorse per le attività militari, un nazionalismo crescente. Alla luce di tutto questo, devo dire che, in termini di accordi, Belém ha persino raggiunto più risultati di quanto mi aspettassi. Per esempio, rispetto agli Ndc, i Contributi determinati a livello nazionale (i piani d’azione che ogni Paese presenta nell’ambito dell’Accordo di Parigi per ridurre le emissioni di gas serra, ndr), erano al di sopra dei 4 gradi, ora sono al di sopra dei 2 gradi”. Poi, certamente, sarebbe stata necessaria “una tabella di marcia per la fine dei combustibili fossili, e questa non era nemmeno nell’agenda iniziale. Ma penso che lo stesso discorso del presidente brasiliano Lula al vertice dei leader abbia sorpreso tutti, e a esso dobbiamo guardare”.
Società civile protagonista. Alte, erano invece, le aspettative sulla “Cop della società civile, dopo tre edizioni con molte restrizioni, a Baku, Cairo e Dubai: “Devo dire che c’è stata un’ampia mobilitazione, una marcia con più di 70.000 persone, e un momento culminante, il Vertice dei popoli, che abbiamo avuto l’onore di aiutare a organizzare”. Qui, è emersa “una proposta strutturale per un altro modo di vivere, un modo del ‘buon vivere’, contrario a quello che ci sta portando a questo collasso climatico. Inoltre, è stata la Cop con la maggiore partecipazione di indigeni di tutti i tempi. Insomma, direi che, alla fine, “non è stata la Cop della verità, ma la Cop nella quale l’agenda della verità è emersa dal basso”. Un tema, portato avanti con forza anche dagli Episcopati del Sud globale, è quello della “giustizia climatica”. Spiega Scannavino: “Si tratta di pensare alle riparazioni, specialmente per le popolazioni africane. Chi meno ha contribuito a far sì che questa situazione arrivasse a questo punto, è proprio chi sta soffrendo di più. Questo vale, anche, qui in Brasile, per i popoli indigeni, afro, rivieraschi. Lottano per mantenere la foresta in piedi, in cambio, invece di salute, servizi igienici, energia rinnovabile, ciò che ricevono è mercurio nell’acqua, malattie dall’esterno, invasioni di terre. Questo messaggio, qui a Belém, si è sentito molto forte, e da questo punto di vista, la Cop 30 di Belém ha mantenuto la sua promessa”.
La voce delle Chiese del Sud globale. Un contributo fondamentale a questa “Cop 30 dal basso” è arrivato dalla Chiesa. A conclusione dell’incontro, 80 organizzazioni, 5 cardinali e 23 vescovi hanno firmato una dichiarazione, nella quale, tra l’altro, si legge: “Lo svolgimento della COP30 in Brasile, un Paese in cui la Chiesa, le popolazioni indigene e i movimenti sociali camminano da tempo insieme in difesa della vita, ha rafforzato ulteriormente la speranza sentita da tutta la comunità cattolica”. Particolarmente significativo, il cammino delle “Chiese del Sud globale”, portato avanti insieme dagli organismi episcopali di America Latina e Caraibi, Asia e Africa. A farsene portavoce, a conclusione della Cop 30, è stato il cardinale Jaime Spengler, arcivescovo di Porto Alegre e presidente sia della Conferenza episcopale dei vescovi del Brasile (Cnbb) che del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam): “Il Documento del Sud globale – ha affermato – rappresenta una pietra miliare in questo cammino ecclesiale”. Dalle Chiese, è arrivato forte e chiaro il messaggio che, oltre alle misure immediate, è indispensabile una vera e propria “conversione”, un cambiamento di paradigma che superi il modello economico dominante.