Mappe | Mappe 24 - La povertà e la fame - luglio 2024
Cosa aspettarci dopo il Reddito di cittadinanza
Quasi il 15 per cento dei veneti sono a rischio povertà
Quasi il 15 per cento dei veneti sono a rischio povertà
«Già con il Reddito di cittadinanza le famiglie numerose, che rappresentano una delle categorie più in difficoltà, venivano supportate in maniera non proporzionale ai loro bisogni, cioè non sulla base del numero di componenti. Questa criticità si è amplificata con l’abolizione del RdC e l’introduzione dell’Assegno di inclusione». A inquadrare il tema è Mirella Zambello, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali del Veneto, a cui chiediamo di raccontarci come sta andando nel nostro territorio la transizione dalla precedente misura in vigore per la riduzione della povertà a quella attuale: «Quest’ultima ha infatti comportato una riduzione della platea di beneficiari, perché pone requisiti più stringenti. Questo ha creato delle problematiche e ha lasciato senza supporto molte persone. Noi come Ordine degli assistenti sociali del Veneto già nell’ottobre dell’anno scorso, quando sono arrivati gli sms che comunicavano ai beneficiari del Reddito di cittadinanza la sospensione della misura, abbiamo incontrato l’Inps regionale». Secondo i dati più recenti, resi disponibili dal Sistema statistico regionale, nel 2022 in Veneto il rischio di povertà ed esclusione sociale toccava il 14,8 per cento della popolazione. Se si guarda ai numeri che descrivono nello specifico le condizioni di povertà assoluta, non si ottengono informazioni più incoraggianti: secondo le stime preliminari Istat riferite al 2023, seppur a livello nazionale la povertà assoluta risulti stabile rispetto al 2022, nel Nord si osserva un aumento dall’8,5 per cento nel 2022 al 9 per cento nel 2023. Inoltre, come segnalato nello stesso report dell’Istituto nazionale di statistica, la condizione delle famiglie con lavoratori dipendenti come persone di riferimento è peggiorata su scala nazionale, vedendo l’incidenza della povertà assoluta crescere dall’8,3 per cento del 2022 al 9,1 per cento dell’anno successivo. Un tema, quello dell’incidenza della povertà anche nelle famiglie che percepiscono un reddito da lavoro, che apre alla questione di chi siano i “nuovi poveri”. Zambello sottolinea: «Ai servizi si sono trovate a doversi rivolgere persone che mai prima avevano chiesto aiuto per il pagamento di spese essenziali. Il passaggio all’Assegno di inclusione ha evidenziato come gli uomini soli over-50 rappresentino una fascia molto in difficoltà. Inoltre, rimangono penalizzate le famiglie con figli minorenni, a causa della difficoltà dei genitori di trovare lavori adeguati a coniugare i tempi di cura dedicati ai figli. Infine, le persone maggiormente in difficoltà economica sono anche i cittadini e i capifamiglia che vivono con lavori precari o sottopagati, definiti dalle statistiche come “lavoratori poveri”».
Secondo Giorgia Nesti, docente dell’Università di Padova che ha condotto diverse ricerche sull’attuazione del Reddito di cittadinanza a livello regionale e nazionale, una certa “narrativa di policy” ha avuto un ruolo determinante nell’abolizione di questa misura a causa di alcuni pregiudizi: «Attorno al RdC è stata costruita una narrazione della povertà che probabilmente deriva dall’ignoranza del fenomeno. La narrazione costruita in questi anni sul tema si basa su una visione della persona povera come non meritevole. L’idea che sottende anche alle politiche di attivazione è che, se una persona vuole accedere a un supporto economico, “se lo deve meritare” in qualche modo. D’altro canto, si insinua che se si è poveri è perché non ci si è dati sufficientemente da fare per restare attivi. Tutte queste idee riconducono la povertà unicamente alla sfera del lavoro. La realtà dei fatti ci dice invece che i motivi per cui le persone si trovano in condizioni di fragilità sono complessi. Non comprendere la multidimensionalità della povertà è un problema. Dalla letteratura, infatti, emerge che i mix che funzionano meglio per contrastare la povertà includono contributi economici e politiche di reinserimento lavorativo, ma anche politiche di supporto alla famiglia, per esempio iniziative per i minori e di sollievo dal lavoro di cura, politiche per la casa e anche per i trasporti». Proprio rispetto alla multidimensionalità, l’Assegno di inclusione presenta ulteriori criticità sollevate da Mirella Zambello: «Si basa su un algoritmo che decide chi è occupabile e chi no e che lascia scoperte molte persone. Dopo i nostri incontri con le autorità regionali, è stata introdotta la possibilità di inserire nella domanda per l’Assegno di inclusione delle ulteriori certificazioni attraverso servizi Ulss che dichiarano difficoltà e prese in carico in maniera diversa dall’invalidità standard. Il sistema si sta adattando, ma l’interruzione del Reddito di cittadinanza è avvenuta prima che la rete dei servizi fosse ben collaudata. Nel frattempo, tutte le persone che erano rimaste senza alcun supporto economico si sono rivolte ai servizi sociali dei Comuni, dove la valutazione del bisogno economico viene svolta dagli assistenti sociali in base a una visione multidimensionale e alle effettive capacità di lavoro».
Nel confronto con le altre Regioni, per il rischio di povertà o esclusione sociale, il Veneto si colloca in settima posizione, a pari merito con la Lombardia, più performante di Liguria (24,3 per cento) e Piemonte (16,5 per cento), ma in ritardo sensibile rispetto all’Emilia Romagna (9,6 per cento) e alla Valle d’Aosta (8,6 per cento), la Regione più virtuosa. Tema pensioni: negli ultimi 15 anni i pensionati hanno perso il 33 per cento del loro potere d’acquisto, mentre il valore delle pensioni è sceso del 5,1 per cento. Tra caro energia e carrelli della spesa, i rincari scoppiati nel 2022 hanno eroso il potere d’acquisto degli anziani, secondo un’indagine del sindacato dei pensionati della Cgil, gli over 65 veneti nel 2023 hanno speso in generale mille euro in più del 2022 e addirittura 2.500 euro in più del 2021.