Idee
Peggio di trovarsi in mezzo a due contendenti di una guerra – seppur “fredda” – come accadde per l’Europa dalla fine del secondo conflitto mondiale al 1991, c’è solo l’eventualità di trovarsi nel mezzo di una morsa di due potenze che hanno per obiettivo comune la distruzione dell’Europa stessa. Il climax nei toni di Putin e Trump in questi ultimi giorni hanno dato l’ultima di una serie di prove, se mai ce ne fosse stato bisogno: il più lungo lasso di tempo caratterizzato dalla pace all’interno del nostro continente e ai nostri confini viene oggi messo a rischio da chi di fatto ha reso possibili questi ottant’anni di stabilità e prosperità sul suolo europeo: gli Usa.
Leggere le 33 pagine della Strategia per la sicurezza nazionale firmata dallo stesso Trump, che nei giorni scorsi ha fatto scalpore, è un’esperienza da fare per un cittadino o una cittadina che abbiano a cuore la costruzione della pace, il futuro del pianeta, la concordia tra i popoli. Sull’Europa il giudizio è implacabile: l’Unione Europea rischierebbe la «reale cancellazione della sua civiltà». Non solo, praticherebbe la «censura della libertà di parola» e avrebbe «aspettative irrealistiche» sulla guerra in Ucraina (tradotto: è l’unica non disponibile a consegnare Kiev nelle mani di Mosca). In meno di vent’anni, a causa del suo declino economico e delle politiche migratorie, il continente – sempre secondo gli Usa – non sarà più riconoscibile. Ma in verità è tutto il documento a porsi con un tono di superiorità politica e strategica da rievocare l’immagine degli Usa “poliziotto del mondo” che i numerosi insuccessi militari degli ultimi lustri (dall’Iraq all’Afghanistan) avevano appannato.
Da quelle pagine trasuda netta una visione del mondo come l’aia in cui gli Usa gestiscono i loro affari per realizzare l’America First che oggi appare prevalente nei 52 Stati. E di converso, Putin (come Modi e Xi Jinping) si stagliano come gli unici veri interlocutori di un Paese che interpreta il pianeta come diviso in blocchi di potere imperiale (ancora una volta!) più che come luogo di alleanze e collaborazioni per il bene dell’umanità.
Ora l’Europa deve decidere che cosa vuole fare da grande. L’espressione non è nostra, ma di Carlo Calenda, leader di Azione, e dimostra una sua plausibilità. Vedremo se l’Ue, spinta dalle pressioni russamericane riuscirà a fare nei prossimi mesi ciò che su sua propria iniziativa non è riuscita a (o non ha potuto) fare in decenni di storia. Se politici e diplomatici europei continuano a tessere relazioni (e c’è da scommettere che anche dall’altra parte dell’oceano ci sia chi si prodiga per non mandare in fumo oltre un secolo di relazioni diplomatiche), occorre oggi sfruttare la libertà permessa dalla fine dell’abbraccio (asfissiante?) con gli Usa. L’alleanza atlantica è stata decisiva per la crescita dell’Europa, ma mentre il Vecchio continente si specchiava nella forza dell’alleato – delegandogli la propria sicurezza – quello stesso alleato mutava nei valori e nella visione del mondo, come abbiamo visto senza tema di smentita. Adesso è necessario guardare avanti, gettando le basi per un futuro possibile, vale a dire unito. Usa e Russia da tempo lavorano perché il progetto europeo non si compia, perché farebbe dell’Unione un interlocutore serio, con un Pil maggiore del loro. Ad aiutare le due potenze, in questi anni, è arrivata la condotta dei Paesi membri ispirata sempre e comunque agli interessi particolari di ciascuno (vedi i blocchi del Consiglio Ue a molte misure di Commissione e Parlamento) e mai all’interesse comune più grande: diventare un’unione vera, capace di contare.
Attendersi che questo accada con l’accordo di 27 Stati – almeno due dei quali remano con Trump e Putin: Ungheria e Slovacchia – è pura utopia: chi ci crede deve andare avanti con l’integrazione, a partire da difesa comune, fiscalità, energia. Il problema è capire chi ci crede davvero. Certo è che i leader europei oggi hanno l’opportunità di smentire Trump che martedì scorso, in un’intervista a Politico li ha definiti «deboli»; «non sanno cosa fare».
Ora o mai più.