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Speciali | Dal Campo Alla Tavola

venerdì 3 Ottobre 2025

Da Campese agli Usa, il ritorno del sigaro veneto

La cooperativa Consorzio produttori Montegrappa mantiene viva una tradizione che risale al Cinquecento
Emanuele Cenghiaro

Se qualcuno vi offrisse un “Toscano”, di certo vi aspettereste il celeberrimo sigaro. E se vi offrissero un sigaro veneto? Gli appassionati conoscono benissimo questa ennesima eccellenza italiana: i sigari realizzati con una varietà di tabacco tradizionale della nostra Regione, lavorati e commercializzati dalla cooperativa Consorzio produttori Montegrappa, con sede a Campese (provinca di Vicenza).
«La storia inizia nel 1550 – racconta Giuseppe Zuccolo, direttore della cooperativa – quando i monaci benedettini di Campese importarono il seme di una speciale varietà di tabacco, pare dal Brasile. Da allora la coltivazione non si è più arrestata, divenendo nei secoli un caposaldo dell’economia rurale di tutta l’area, cui contribuiva anche il contrabbando attraverso la vicina frontiera con l’Austria. Nel 1763 l’allora doge obbligò a portare tutto il tabacco nei magazzini veneziani, che esistono ancora».

Nel 1936 nacque la cooperativa, il cui primo presidente fu Bortolo Nardini dell’omonima distilleria di Bassano. In seguito venne fondato un consorzio, di cui l’attuale cooperativa tramanda il nome.

Nei secoli la varietà di tabacco si è adattata alle condizioni climatiche, tanto da essere considerata ormai una varietà autoctona, il “Nostrano della Valbrenta”, oggi marchio registrato dalla cooperativa. La quale conta sul conferimento di tabacco da parte di 24 soci produttori sparsi nei territori di Vicenza, Padova e Treviso. I circa 270 quintali di prodotto, lavorati interamente a mano, sono ben poca cosa rispetto alle migliaia che passavano per i capannoni della cooperativa anche solo una quindicina di anni fa, prima della revisione del settore attuata dall’Unione Europea.

La produzione, in quel periodo, ha rischiato di scomparire: nel 2012, ottenute le autorizzazioni, è partita una lenta ma costante ripresa, tanto che oggi la cooperativa cerca nuovi agricoltori interessati a produrre. La scelta è stata quella di privilegiare la lavorazione solo di prodotto locale e di qualità, e di abbandonare la lavorazione di tabacco per altri usi, come il Bright Virginia impiegato per le sigarette. Il processo produttivo non richiede l’uso di chimica e l’unico vapore che viene prodotto, durante la stagionatura, è quello acqueo.

«Il tabacco è una coltura ben più redditizia di molte altre, e il Nostrano ancor di più – spiega Giorgio Pastorello, produttore e presidente della cooperativa – ma è anche onerosa e richiede molto lavoro: chi coltiva tabacco è impegnato tutto l’anno. I produttori anziani sono sempre meno, i giovani sono pochi e faticano purtroppo a cogliere l’opportunità».

Oggi i sigari prodotti con il “Nostrano del Brenta” sono circa un milione all’anno, e vengono venduti agli appassionati del Nordest e sempre più anche all’estero, dai Balcani al Nord Europa; tramite un accordo con il sigaro Toscano, sono da quest’anno venduti in co-branding anche negli Stati Uniti.

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