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Rubriche | Lettera 35 - Cronache da un'economia umana

mercoledì 18 Luglio 2018

Dai rullini ai bitcoin: i frutti acerbi del progresso

Kodak insegue il futuro da oltre vent'anni senza troppo successo: fallita anche l'avventura con i Bitcoin.

Gianluca Salmaso

Provate a chiedere ad un quindicenne cosa sia un rullino fotografico, rimarrete stupiti della risposta. Quello che per intere generazioni è stato la piacevole routine di ogni viaggio e anniversario di famiglia è diventato così velocemente storia da non lasciare quasi più nessuna traccia nella memoria dei più giovani.

Chi, oggi, andrebbe dal fotografo a comprare un rullino a 24 pose e lo riporterebbe, di lì a qualche giorno, per farlo sviluppare? Solo qualche appassionato, magari un po’ nostalgico, di sicuro non un teenager con l’iphone sempre pronto.

L’azienda simbolo della fotografia a pellicola, Kodak, è stata la prima e più illustre vittima di questa rivoluzione copernicana. Non ha saputo evolversi in tempo, la mitica K rossa, rimanendo legata troppo a lungo all’eredità del suo fondatore, George Eastman, che nel 1889 legò per sempre i destini della fotografia ad una pellicola di cellulosa.

Incapaci di stare al passo con i tempi, i dirigenti dell’azienda dovettero chiedere l’amministrazione controllata al governo degli Stati Uniti alla fine del 2011 da cui uscirono solo due anni dopo, nel settembre 2013.

Cos’è successo negli ultimi 5 anni è sotto gli occhi di tutti: l’azienda ha progressivamente delegato ad aziende terze le storiche produzioni a marchio Kodak, ha messo in commercio — invero senza riscontrare un grande successo — il suo primo smartphone e, soprattutto, ha tentato di approdare nel mondo delle criptovalute.

Bitcoin e Kodakcoin. Se all’inizio del 2018 aveva fatto scalpore la notizia che Kodak stesse lanciando sul mercato una moneta digitale destinata ai fotografi, ancor più scalpore ha fatto, mesi dopo, sapere che la stessa azienda s’era messa in testa di estrarre criptovalute attraverso un macchinario marchiato come le famose pellicole.

Se del Kodakcoin non si è più saputo nulla fino al recente annuncio del pilota Fernando Alonso di usarlo come strumento per valorizzare le proprie fotografie online, del macchinario per inseguire la chimera della ricchezza attraverso i bitcoin sappiamo tutto: era una mezza truffa, come certificato dalla BBC.

Bisogna dire che ad appiccicare il marchio Kodak su un aggeggio simile ad tostapane era stata un’azienda terza, Spotlite USA, che ne deteneva la licenza d’uso e non la casa madre che pure ha tentato più volte di smentire un collegamento diretto con l’iniziativa di Spotlite che prometteva di generare 375$ in Bitcoin ogni mese, a fronte di un investimento iniziale di 3400$.

Dietro questa folle storia di fallimenti e chimere c’è la triste realtà di una società che seppe essere grande, incapace però di rialzarsi adeguandosi ai tempi che corrono: dopo aver perso il treno della fotografia digitale in favore dei suoi concorrenti, non ha più saputo rimettersi in carreggiata come avrebbe dovuto — e potuto — fare.

Triste destino per una delle aziende più originali e innovative degli ultimi duecento anni quello di finire associata ad una truffa ma lezione utile per quanti ritengano lo status quo fonte di eterne ricchezze e soddisfazioni.

In un mondo che cambia alla velocità della luce, anche chi ha oltre un secolo storia sulle spalle ed è sopravvissuto a due guerre mondiali e una mezza dozzina di recessioni può finire sul lastrico e con l’eredità di famiglia spogliata, figurarsi gli altri.

La soluzione è sempre quella, da che mondo è mondo: inventare qualcosa di nuovo; correre più svelti degli altri; essere più efficienti, innovativi e non sperare troppo in aiuti esterni come concorrenti incapaci, un mercato stantio e dazi protezionistici.

È la lezione di George Eastman, bellezza, ed è valida da almeno 130 anni.

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