Luca De Meo è un ottimo manager milanese che si è messo in luce nel gruppo Fiat, per passare poi a Volkswagen-Seat e infine approdare cinque anni fa alla guida della Renault. Una grande casa automobilistica che ha convertito la sua produzione verso l’ibrido e l’elettrico, fatto il boom con Dacia e conservato l’alleanza con la giapponese Nissan.
Pochi giorni fa, lui e John Elkann (Stellantis) hanno congiuntamente lanciato l’allarme: se le politiche europee sull’automotive non cambiano, il mercato sarà preda delle produzioni cinesi, molte fabbriche chiuderanno, molti investimenti si bloccheranno. Non è una minaccia, ma la constatazione di una situazione in cui diverse case automobilistiche già ora stanno annunciando chiusure di stabilimento e licenziamenti di massa.
Ebbene, ecco il fulmine a ciel sereno: pochi giorni fa De Meo comunica urbi et orbi che lascerà Renault per guidare il gruppo del lusso francese Kering (Gucci, Saint Laurent ecc…). Tutti lo aspettavano alla stesura del prossimo piano industriale, che finirà in altre mani. Applausi in Borsa per Kering, forte battuta d’arresto per il titolo Renault.
Un caso personale? C’è dell’altro. Anzitutto l’impressione di un addio dettato dalla lucida considerazione di cosa sarà il mercato automobilistico europeo nel prossimo decennio: una valle di lacrime e sangue che decimerà la più importante industria manifatturiera continentale. L’elettrico è totalmente in mani cinesi, la propensione all’acquisto di auto – continuamente demonizzate come causa di tutti i mali – in continuo calo, i prezzi delle stesse sempre più proibitivi per fasce crescenti di popolazione. Sempre più sofisticate (anche per obblighi di legge), sempre più costose.
Ma c’è dell’altro ancora. Lo Stato francese, che di Renault è principale azionista, avrebbe chiesto alla Casa automobilistica di riconvertire la produzione dalle auto alle armi. In particolare, di sostituire in certi stabilimenti gli impianti di assemblaggio auto con quelli per realizzare droni.
Questi ultimi si stanno rivelando una soluzione vincente in diversi conflitti in corso. Ma mentre in tutta l’Unione Europea se ne realizzano poche migliaia all’anno, in Ucraina, Russia, Turchia, Iran e Israele se ne assemblano addirittura a milioni. Costano pochissimo, possono distruggere una base aerea comandati da remoto.
E la Francia non è la sola a pensare di riarmarsi con celerità. Pure la Germania sta dialogando con l’industria metalmeccanica locale: ha bisogno di migliaia di carri armati, il rapporto tra l’attuale dotazione europea e quella russa oggi è di uno a cinque. E l’Italia sta seriamente pensando alla parte marittima, in particolare ai sommergibili da realizzare con Fincantieri. Infine avanzano a passi veloci tutti i costosissimi progetti transnazionali di nuovi aerei da caccia sempre più sofisticati e letali.
Quindi non era l’auto colei che ci avrebbe portato rapidamente verso la fine del mondo…