Idee
Ddl Zan, una discussione che mai è entrata nel merito. Ne parliamo con don Giorgio Bozza
Una “tagliola” tranciante, affilata. E del ddl Zan, almeno per questo testo così presentato, il futuro è segnato.
IdeeUna “tagliola” tranciante, affilata. E del ddl Zan, almeno per questo testo così presentato, il futuro è segnato.
Il disegno di legge prende il nome dal primo firmatario, Alessandro Zan, e interveniva su due articoli del codice penale, ampliando la cosiddetta “legge Mancino” e inserendo accanto alle discriminazioni per razza, etnia e religione anche le discriminazioni per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Lo scorso 27 ottobre in Senato ha vinto il “non passaggio all’esame degli articoli”, una procedura parlamentare caldeggiata dai partiti della destra per bocciare la legge, ma è riuscita anche grazie ai cosiddetti “franchi tiratori”, politici delle forze che sostenevano la legge e che hanno votato contro le indicazioni di partito. Applausi, strategie, sgambetti, sguardi verso la prossima elezione del presidente della Repubblica. Il ddl Zan alla prova del nove ha rappresentato tutto questo, tranne – forse – quello che davvero voleva esprimere: «Il grande dramma della nostra politica è che non si discute più del merito – sostiene don Giorgio Bozza, docente di Teologia morale alla Facoltà teologica del Triveneto – Questa legge la si poteva portare avanti migliorandola e cambiando alcuni passaggi che ben conosciamo come gli articoli 1, 4 e 7, ma non si è più discusso di questo: è stato tutto ridotto a una presa di forza per mostrare i muscoli in previsione dell’elezione del presidente della Repubblica. È molto triste. E io mi convinco che l’alto astensionismo è collegato: il cittadino si accorge che nei momenti in cui la politica dovrebbe mostrare il suo spessore non c’è. Oltre questo c’è la difficoltà di prendere posizione su un tema etico e allora la domanda del cittadino è: “perché devo andare al voto se questi si nascondono?” E questo spiega il successo dei referendum».
L’esame del testo si è fermato in Senato, dove hanno votato a favore della “tagliola” proposta da Lega e Fratelli d’Italia, 154 senatori, a fronte di 131 contrari e due astenuti. La votazione avvenuta a scrutinio segreto è uno strumento che a discrezione del presidente del Senato può essere utilizzato soprattutto su scelte etiche e individuali non sempre in linea con il partito d’appartenenza: «Se uno ha lo spessore morale di sostenere le sue convinzioni etiche – incalza don Giorgio Bozza – allora non dovrebbe nascondersi dietro al voto segreto. Ma succede anche nella vita quotidiana: quando si parla di certi temi, e riguarda anche noi cristiani, c’è una sospensione costante perché sono argomenti divisivi. Eppure io non riesco a capire perché ci si imbarazza a parlare di questi argomenti o portare avanti le proprie convinzioni e invece non ci imbarazziamo quando parliamo della nostra vita privata e anzi la rendiamo pubblica sui social. Non ho trovato nessuno che sia stato contro una legge che tutela gli omosessuali, ma si è esposto soltanto chi ha avuto il coraggio di evidenziare alcuni pericoli, invitando a discutere sul merito. Allora la cosa migliore sarebbe stata affrontare la discussione pubblicamente in un luogo deputato a parlare di questo, che si chiama Parlamento, all’interno del quale ognuno avrebbe portato le sue motivazioni, con gli altri pronti ad ascoltare». Alla luce dell’insanabile spaccatura difficilmente il testo verrà nuovamente preso in mano all’interno di questa legislatura. L’auspicio, secondo don Giorgio Bozza, è che alle prossime elezioni ci siano rappresentanti che abbiano a cuore la tutela e il rispetto dei diritti, entrando nel cuore del tema: «In futuro certamente ci convinceremo che certe discriminazione andranno sanzionate, anche se non è che aumentando le leggi si diventa più tolleranti, bisogna far seguire un percorso educativo di rispetto delle persone in quanto tali. Su questo siamo proprio analfabeti a livello di dialogo e a livello sociale, li manderei tutti al sesto capitolo della Fratelli tutti che è una lezione di cosa significa dialogare».