Con il voto favorevole del Senato il 4 giugno (109 sì, 69 contrari, un astenuto), arrivato dopo l’approvazione alla Camera di cinque giorni prima (163 sì e 91 no), è legge uno dei provvedimenti simbolo del Governo in materia di sicurezza. Il decreto numero 48/2025, composto da 39 articoli, introduce 14 nuovi reati e nove aggravanti per reati già previsti ed è stato presentato dalla maggioranza come soluzione per tutelare ogni cittadino da crimini che suscitano allarme sociale. Si chiude così un percorso avviato dal Governo nel 2023 con un disegno di legge poi ritirato per presentare le stesse proposte nella forma del decreto legge, che a differenza del disegno di legge entra subito in vigore, ma deve essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dall’approvazione, altrimenti decade, e soprattutto elimina ogni possibilità di modifica e miglioramento. Dal reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo fino all’aggravante del delitto di violenza o minaccia e di resistenza a pubblico ufficiale se il fatto è commesso nei confronti di un agente delle Forze dell’ordine, passando per il divieto di lavorazione e distribuzione della cannabis a basso contenuto di Thc e le aggravanti contro i borseggiatori che operano nelle stazioni e per chi truffa gli anziani, sono diversi gli aspetti modificati dal dl 48. I più discussi riguardano le donne incinte che commettono reato, la cui pena non sarà più obbligatoriamente rinviata, e i nuovi reati di occupazione abusiva di immobili e di blocco stradale, oggi sanzionato con una multa fino a quattromila euro, con il decreto, invece, c’è la reclusione fino a un mese. Questi ultimi sembrano andare nella direzione di limitare ogni forma di dissenso pacifico. Secondo il presidente del Consiglio Giorgia Meloni il provvedimento legislativo rafforza «la tutela dei cittadini, delle fasce più vulnerabili e dei nostri uomini e donne in divisa» e permetterà, grazie agli strumenti messi a disposizione delle Forze dell’ordine, interventi rapidi contro le occupazioni abusive e le truffe agli anziani perché «legalità e sicurezza sono pilastri della libertà». Giuristi, magistrati, forze politiche di opposizione sottolineano invece una tendenza repressiva e illiberale. «L’insieme dei provvedimenti previsti dal decreto legge Sicurezza suscita forti preoccupazioni per ragioni diverse – sottolinea Roberto Lamacchia, avvocato e presidente dell’associazione Giuristi democratici, che ha sede a Padova – Per prima cosa la scelta di far portare in aula il provvedimento nella forma del decreto legge per evitare approfondimento e ogni modifica sottrae al Parlamento il suo compito legislativo. Poi le norme portano verso la penalizzazione di ogni critica e dissenso, una panpenalizzazione che “incasella” molti comportamenti di legittima opposizione come reati e come tali da perseguire. Proprio nel momento in cui il guardasigilli Nordio dice che è colpa dei giudici se ci sono troppi carcerati, vengono introdotte nuove fattispecie di reato in un quadro sanzionatorio già molto pesante. Tra le molte novità lascia allibiti il reato di resistenza passiva: ci sono in corso proteste pacifiche e trasformarle in reato è pericoloso perché equivale a dire che non si vuole dissenso, che è il sale della democrazia».
«Non sembrano esserci necessità e urgenza previste per il decreto legge per cui sarebbe utile chiedersi cosa è cambiato negli ultimi mesi per convincere il Governo a tagliare i tempi e il ruolo del Parlamento – si chiede Fabio Corvaja, ricercatore del Dipartimento di diritto pubblico, internazionale e comunitario dell’Università di Padova – Le norme prevedono una risposta sanzionatoria sproporzionata e sono introdotte molte aggravanti per condotte già vietate con l’impressione che la disciplina penale venga usata contro il dissenso». Sono previste per esempio pene severe per l’imbrattamento, aggravate se contro sedi delle istituzioni perché viene violato “l’onore delle istituzioni” che, sottolinea Corvaja, è «un bene giuridico evanescente». Aggiunge: «Se per esempio una rivolta in carcere viene repressa con durezza e qualcuno scrive sulle pareti del carcere, rischia pene pesanti quando bastavano già le norme esistenti». Cosa potrebbe limitare l’applicazione di norme definite illiberali da molti che le criticano? «La Corte costituzionale può intervenire solo se la questione di costituzionalità viene rilevata nel corso di un giudizio, per via incidentale, se un giudice ritiene che la norma o una parte di essa sia in contrasto con la Costituzione, per esempio evidenziando che non rispetta il principio della funzione rieducativa delle pena», spiega Corvaja che sottolinea come questa serie di nuovi reati possano produrre quello che viene chiamato chilling effect, che cioè abbiano l’effetto di dissuadere dall’esercitare un proprio diritto, anche il diritto al dissenso, per il timore di sanzioni penali. «Chi ha sentito il bisogno di queste misure? Da dove viene la domanda di norme più severe? Quelle adottate sono norme che limitano il dissenso e sono tipiche dei sistemi autoritari. Con provvedimenti di questo tipo si rischia di indurre ad astenersi da certi comportamenti, anche solo esporre uno striscione, per paura delle conseguenze. Eppure non viviamo anni di particolare conflitto sociale, come poteva essere negli anni Settanta, e questi temi cari alla destra si sommano a provvedimenti restrittivi presi negli anni anche da governi di altro colore politico. Non dobbiamo dimenticare che quando si colpisce la libertà di uno, si colpisce la libertà di tutti». Unica nota positiva introdotta nel passaggio dal disegno di legge al decreto secondo il presidente di Giuristi democratici è l’eliminazione dell’articolo che prevedeva la necessità del permesso di soggiorno per la concessione delle schede telefoniche alle persone immigrate, mentre sarà sufficiente un documento di identità.
Per approfondire le criticità introdotte dal provvedimento governativo, il Centro di ateneo per i diritti umani Antonio Papisca dell’Università di Padova insieme a Giuristi democratici propone, sabato 21 giugno al complesso Beato Pellegrino, un convegno dal titolo “Dl sicurezza contro le spinte autoritarie, questioni di costituzionalità e tutela dei diritti umani”: «Personalmente credo che questa norma estenda sul piano simbolico-repressivo del diritto penale una dimensione populista che sta diventando ordinaria in questa esperienza di Governo, si tratta di norme ispirate a logiche di sicurezza e ad allarmi sociali che nulla hanno a che vedere con il Paese “reale” e i bisogni concreti delle persone che invece riguardano il lavoro, la salute, le pensioni, il welfare in genere, l’ambiente, un’istruzione di qualità pubblica e gratuita – rimarca Paola Degani, responsabile scientifica del convegno padovano – Le misure introdotte investono i diritti umani in misura più o meno incidente come è stato rilevato da più parti ed è proprio per questo che come Centro di ateneo per i diritti umani dell’Università di Padova abbiamo proposto una giornata di formazione e di condivisone su possibili strategie di contrasto alla normativa». Roberto Lamacchia, che a Padova aprirà il convegno, conclude: «Spero che tutto il mondo del diritto si attivi per azioni incisive e che gli avvocati predispongano eccezioni di costituzionalità da presentare nei processi».
Le parole del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, affidate al suo profilo Instagram, come commento alla legge sulla sicurezza: «Con l’approvazione definitiva al Senato, il Governo compie un passo decisivo per rafforzare la tutela dei cittadini, delle fasce più vulnerabili e dei nostri uomini e donne in divisa. Interveniamo con determinazione contro le occupazioni abusive, accelerando gli sgomberi e proteggendo famiglie, anziani e proprietari onesti, troppo spesso lasciati soli di fronte a ingiustizie intollerabili. Combattiamo le truffe agli anziani, un fenomeno vile che colpisce chi più merita rispetto e protezione. Rafforziamo infine gli strumenti a disposizione delle Forze dell’ordine, per difendere chi ogni giorno difende i cittadini. Legalità e sicurezza sono pilastri della libertà. E noi continueremo a difenderli con determinazione».
Sabato 21 giugno, dalle 9, nel complesso universitario di via Beato Pellegrino, è in programma l’incontro “Dl Sicurezza: contro le spinte autoritarie, questioni di costituzionalità e tutela dei diritti umani” organizzato dal Centro di ateneo per i diritti umani “Antonio Papisca”. Aprono Marco Mascia, presidente del Centro, Roberto Lamacchia e Aurora d’Agostino, co-presidenti dell’associazione Giuristi democratici. Coordina Paola Degani e intervengono Alessandra Algostino (università di Torino), Fabio Corvaja (università di Padova), Antonello Ciervo (Unitelma, Sapienza di Roma), Paolo De Stefani (università di Padova), Antonio Cavaliere (università di Napoli), Gian Luigi Gatta (università Statale di Milano) e Chiara Pigato (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione). Iscrizione su unipd-centrodirittiumani.it
La nuova legge in materia di sicurezza introduce il reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo, punito con la reclusione da 2 a 6 anni per chi possiede istruzioni su armi, esplosivi, tecniche di attentati. Rilevante anche la sanzione per i noleggiatori di veicoli che omettano di comunicare i dati dei clienti. Rafforzate le misure antimafia: verifiche estese ai contratti di rete e nuove regole per i beni confiscati. Introdotti nuovi reati come l’occupazione abusiva di immobili e la rivolta nei penitenziari. Inasprite le pene per truffe agli anziani, danneggiamenti durante manifestazioni, e disobbedienza in carcere. Esteso il Daspo urbano e le aggravanti per reati contro le forze dell’ordine. Le forze di polizia potranno indossare bodycam e portare armi private. Per gli operatori economici vittime di usura, nasce la figura del tutor, mentre vengono potenziate anche le attività dei servizi segreti. Il decreto approvato alla Camera rafforza il contrasto a terrorismo, criminalità organizzata e degrado urbano: il decreto, per esempio, aumenta la pena per l’induzione all’accattonaggio per l’impiego di minori sino a 16 anni.