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Diecimila ore di solidarietà: così crescono i volontari di domani
Il racconto dell'esperienza "10.000 ore di solidarietà" promossa da Csv Padova, diocesi di Padova e comune.
Il racconto dell'esperienza "10.000 ore di solidarietà" promossa da Csv Padova, diocesi di Padova e comune.
Amicizia, divertimento, unità, esperienza, aiuto sono le parole più condivise dai 200 ragazzi che hanno partecipato sabato 10 e domenica 11 marzo alla quarta edizione di “10.000 ore di solidarietà”, la proposta del Centro servizio volontariato provinciale di Padova, della Pastorale dei giovani della diocesi di Padova e del comune per avvicinare i ragazzi al volontariato attraverso un’esperienza in gruppo concentrata in un fine settimana. Si tratta di una sfida che da quattro anni mette in gioco, non senza difficoltà, gli organizzatori, gli enti accoglienti e i ragazzi stessi, che spesso non immaginano cosa li aspetterà.
Proprio per questo risulta sempre un’esperienza stimolante e arricchente, come racconta Filippo, quindicenne di Camin che ha partecipato insieme al gruppo Giovanissimi della sua parrocchia, ospitati dall’associazione Progetto insieme di Noventa Padovana: «Sono partito da casa con qualche perplessità, non sapendo a cosa sarei andato incontro in quei due giorni, ma mi sono ricreduto. Ho conosciuto delle realtà diverse, questo mi ha interessato molto e mi sono anche divertito». Come Filippo, più della metà dei ragazzi iscritti avevano meno di 18 anni ed erano alla loro prima esperienza di volontariato e l’attività ha permesso loro di sperimentarsi da diversi punti di vista. Lo spiegano bene, ad esempio, Adele e Sofia, gemelle di 14 anni, che sono state coinvolte insieme ai loro compagni della parrocchia di Torre, la più rappresentata con oltre 40 ragazzi partecipanti, in attività di animazione territoriale all’Arcella. «Con il nostro gruppo abbiamo fatto diverse attività: alcuni di noi hanno imbiancato e risistemato un paio di negozi, un piccolo gruppo ha fatto una rappresentazione teatrale e altri hanno pulito strade e marciapiedi, tutto all’interno del quartiere insieme ai volontari di Arcellaground. Per chi ha fatto teatro è stata un’esperienza completamente nuova, che non eravamo sicuri di voler fare, però alla fine è stata una cosa molto divertente e diversa dal solito».
Una finalità dell’esperienza di “10.000 ore di solidarietà” è far capire ai ragazzi che le possibilità di impegno e servizio sono molteplici e possono riguardare anche interi quartieri e che possono coinvolgere varie arti. Ecco, quindi, che la breve esperienza teatrale assume in questo contesto un senso nuovo che evidenzia Luca, classe 2001, nel suo racconto: «Ho partecipato a un laboratorio teatrale in cui ho interpretato, con altri del mio gruppo, un piccolo spettacolo. Consisteva in una serie di personificazioni dei sette vizi capitali, tratti da La tragica storia del dottor Faust di Christopher Marlowe, ed è stato davvero interessante. Innanzitutto, evidenziava come la cultura possa essere lo strumento più potente per sviluppare la capacità di pensiero critico nelle persone. Lo spettacolo, inoltre, concentrava l’attenzione sui difetti delle persone, anziché sui pregi, perché, nonostante pure gli aspetti positivi delle persone siano molto importanti, tutti abbiamo delle debolezze, che bisogna conoscere e affrontare per superarle. In ultimo, questo laboratorio ci ha fatto lavorare molto sull’espressività del nostro corpo e sulla relazione con l’ambiente esterno che in questo caso era una piccola bottega non utilizzata».
Volontariato è anche, e soprattutto, incontro con l’altro e su questo si è focalizzata l’esperienza del ghanese Richard e dei tre senegalesi Ass, Bamba e Mane, quattro ragazzi richiedenti asilo arrivati in Italia da tre mesi e ospiti della cooperativa Edeco di Padova. Grazie allo stimolo del loro educatore, Luider Ferney, hanno partecipato come volontari e sono stati inseriti all’Opsa, dove insieme a un gruppo di ragazzi dell’istituto Kennedy di Monselice e all’accoglienza di suor Paola Bazzotti e di Lorenza, volontaria di Elisabetta d’Ungheria hanno affiancato per due giorni alcuni ospiti con disabilità. Sicuramente la lingua è stata uno degli ostacoli maggiori, oltre alla mancanza di conoscenza da parte dei ragazzi di realtà simili. Nonostante questo, è significativo quanto afferma Ass: “Ho capito che gli ospiti dell’Opera provvidenza Sant’Antonio hanno bisogno, come noi, di comunicare e di aiuto e mi sono sentito un po’ identificato in loro». Altri tre ragazzi ospiti di Edeco sono, invece, stati inseriti al parco etnografico di Rubano dove hanno potuto sperimentare attività di riordino e di affiancamento al bar. Per Seck dal Senegal, Souleymane dalla Guinea e Mory dalla Costa d’Avorio l’esperienza si è rivelata anche la prima opportunità di vivere una situazione lavorativa. «Abbiamo lavorato molto bene al parco – afferma Mory – e questa esperienza mi ha cambiato tanto, è stata la mia prima esperienza di lavoro in Italia». Seck invece si è reso conto di essere più bravo come barista che come giardiniere e Souleymane invece racconta: «Ho trovato mio “fratello” Cristian che conoscevo da Bagnoli… tutte queste cose mi hanno fatto felice».
Piccoli passi di integrazione sono stati sperimentati anche dai ragazzi della parrocchia di Maserà che sono stati ospiti della cooperativa Percorso vita e, attraverso giochi e attività varie di conoscenza, si sono confrontati con alcuni ragazzi migranti che la cooperativa sta inserendo nelle sue diverse realtà, tra le quali il ristorante “Strada facendo”. Altri incontri significativi si sono rivelati anche quelli tra alcuni ragazzi e minori quasi loro coetanei con un passato di difficoltà familiare o sociale, oggi ospiti di case famiglia, come associazione Mimosa, Casa famiglia In-con-tra, Opera casa famiglia e le case famiglia dell’associazione Papa Giovanni XXIII. Le difficoltà iniziali dovute a un impatto a volte forte si sono dissolte nel giro di poche ore, grazie al tempo e alla quotidianità condivisa. È risultato, invece, generalmente più facile per i ragazzi il rapporto con gli anziani, forse per la loro abitudine con i propri nonni. Così a Casa Maran e alla residenza Ira con i volontari dell’associazione San Vincenzo de Paoli i giovani volontari per due giorni si sono sperimentati in decorazioni pasquali, sessioni di tango e varie altre attività di animazione nelle quali si sono divertiti molto. Infine, sono risultate stimolanti anche le esperienze vissute all’associazione Progetto essere Maria Filippetto, al Villaggio Sant’Antonio, a Viviamo Villa Breda e in affiancamento all’Admo nella campagna di sensibilizzazione “Una colomba per la vita”.
La speranza degli organizzatori è che questi piccoli semi possano trovare terreno per germogliare, anche tra alcuni anni, e che i giovani di oggi diventino i volontari di domani. E con le parole di Leonardo, il ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile questa nuova esperienza: «Io penso sia stata una bellissima esperienza anche perché era una novità per me e devo dire che mi ha fatto molto piacere stare accanto a delle persone speciali e spero di aver potuto portare, per il tempo che siamo stati con loro, un po’ di felicità».