Skip to content
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
logo
  • Ultimi Articoli
  • Sezioni
    • Chiesa
    • Idee
    • Fatti
    • Mosaico
    • Storie
  • Rubriche
  • Speciali
  • Mappe
  • EVENTI
  • Scrivici
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
Area riservata

Mappe IconMappe | Mappe 17 – Istruzione di qualità – novembre 2023

mercoledì 8 Novembre 2023

Diseguaglianze. La povertà educativa mina il futuro della società

Studiare in Italia non dovrebbe essere una possibilità tra le tante: è un diritto fondamentale sancito dalla stessa Costituzione, che all’art. 34 stabilisce che «la scuola è aperta a tutti»

Daniele Mont d'Arpizio
Daniele Mont d'Arpizio
collaboratore

Diritto e anche dovere: lo stesso articolo stabilisce infatti anche l’obbligo scolastico, dato che – ricordava Piero Calamandrei – l’istruzione è e deve essere lo strumento per il pieno sviluppo della persona umana, come fondamento della nostra democrazia. A sua volta l’art. 3 della nostra Carta fondamentale stabilisce che la Repubblica non fa (o non dovrebbe fare?) distinzione «di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Ancora una volta però la realtà è un’altra: in Italia le condizioni di partenza, in particolare familiari, sono tutt’altro che ininfluenti sulla scelta e sull’esito della scuola. Che spesso quindi risulta – anche quella pubblica – tutt’altro che accogliente e inclusiva. Anche per questo il nostro Paese in Europa è sul podio della poco invidiabile classifica dell’abbandono scolastico; secondo i dati Istat nel 2021 il 12,7 per cento della popolazione studentesca tra i 18 e 24 anni non era in possesso del diploma di scuola superiore: peggio di noi fanno solo Romania e Spagna. È vero che il dato ha registrato una leggera diminuzione nelle ultime rilevazioni, ma l’obiettivo di arrivare sotto il 9 per cento sembra al momento lontano. Parzialmente collegato è il fenomeno dei cosiddetti Neet (Not in Education, Employment or Training): quasi un giovane italiano su cinque non studia e non lavora; dato che in Veneto scende al 13,4 per cento dei maschi e al 10,8 per cento delle femmine tra i 15 e i 24 anni, ma che rimane comunque preoccupante. Alla dispersione scolastica, unita all’acquisizione di competenze scarse e inadeguate, è legato il fenomeno della cosiddetta povertà educativa, che mina alle fondamenta lo sviluppo economico e civile di una società: come potrà partecipare attivamente alla vita pubblica e far valere i propri diritti una persona sprovvista degli strumenti per decifrare una realtà sempre più complessa?

Proprio sull’analisi della povertà educativa e delle sue cause è appena uscito il volume Nessuno escluso, pubblicato dalla casa editrice padovana Cleup con il sostegno della Fondazione G. E. Ghirardi Onlus e curato da Maria Chiara Levorato e Alice Barsanti, entrambe del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo dell’Ateneo patavino. Il libro si sofferma sui diversi fattori che concorrono al disagio scolastico: dalle condizioni materiali e dal tasso di scolarizzazione della famiglia d’origine, fino alla nazionalità dei genitori passando per l’abuso di tablet e smartphone. Il quadro che ne esce è problematico: la scuola appare al momento in ritardo rispetto ai grandi cambiamenti della società negli ultimi anni, con il rischio di amplificare piuttosto che colmare distanze e gap economici e sociali. Un’impressione confermata proprio dal fenomeno dell’abbandono scolastico, dieci volte maggiore negli istituti professionali rispetto ai licei classici. A essere penalizzati sono dunque bambini e ragazzi provenienti da famiglie povere, in particolare immigrate, a prescindere dal fatto che nella grande maggioranza dei casi siano nati e cresciuti in Italia. Gli studenti con nazionalità straniera sono in media più poveri (il 29 per cento delle famiglie immigrate vive in povertà assoluta contro il 5 per cento delle italiane), vanno meno alla scuola d’infanzia, sono più soggetti a bocciature e nel 39 per cento dei casi non raggiungono il diploma di scuola superiore. Un dato allarmante, se si considera che secondo gli ultimi dati pubblicati dal ministero nell’anno scolastico 2021-22 erano 872.360 gli alunni stranieri in Italia, equivalenti al 10,6 per cento del totale: un dato che in Veneto arrivava al 14,4 per cento, equivalente a 96.105 studenti con cittadinanza straniera. Una sezione del volume è inoltre dedicata anche a un’indagine condotta sul territorio della Provincia di Padova, con dati che confermano l’impressione che anche nel nostro territorio – che pure vanta dati migliori rispetto a quelli nazionali – non si faccia ancora abbastanza per valorizzare l’istruzione e la formazione. In un’Europa in cui oltre il 40 per cento della popolazione ha una laurea, in tre quarti dei Comuni della provincia di Padova la percentuale di persone in possesso di un diploma di scuola superiore è ben al di sotto del 60 per cento. Insufficienti anche i servizi, riguardo per esempio la disponibilità del tempo pieno e il numero di nidi e di scuole dell’infanzia, la cui influenza sul successivo percorso scolastico negli ultimi anni è messa sempre più in luce da diversi studi.

Proprio nel momento in cui dovrebbe essere più accogliente la scuola appare insomma in evidente difficoltà, anche nel seguire gli alunni con disabilità oppure con bisogni educativi speciali (Bes) o disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) come dislessia e discalculia, fenomeno quest’ultimo in crescita negli ultimi anni. Quasi a rispecchiare la crisi di una società che vive un momento di grande cambiamento e nella quale l’ascensore sociale pare funzionare meno di un tempo. Il rischio è di restare sospesi perennemente tra proclami di accoglienza e inclusività e una realtà quotidiana molto meno entusiasmante e povera di mezzi; per il momento a tenere in piedi il sistema tentando di tappare le sue numerose falle è soprattutto la professionalità e l’umanità di tanti insegnanti. Ma per il futuro chissà.

Gli assistenti educativi non riconosciuti

Gli assistenti educativi per l’autonomia e la comunicazione nelle scuole spesso non si vedono, ma ogni giorno supportano il percorso di inclusione di alunne e alunni con disabilità mentre vivono direttamente una situazione di esclusione. In Veneto sono circa 500 e seguono mille tra bambini e ragazzi, indispensabili per avviare alla lettura di testi in Braille gli alunni non vedenti o ipovedenti o per l’apprendimento della Lingua dei segni per i sordi. Diversamente dagli insegnanti di sostegno non sono parte dei consigli di classe, non godono di un contratto nazionale e sono “stabilmente precari”. In Senato è in discussione dall’ottobre 2022 un disegno di legge che punta al riconoscimento del loro lavoro: pur essendo il loro ruolo previsto fin dalla legge 104 del 1992, la professionalità non è mai stata davvero riconosciuta.

Ultimi articoli della categoria

Carceri sovraffollate: un problema italiano

martedì 12 Novembre 2024

Carceri sovraffollate: un problema italiano

Consumo di suolo. Un futuro grigio

martedì 12 Novembre 2024

Consumo di suolo. Un futuro grigio

Connessi con la realtà. Padova fa progressi nel digitale e nella cultura

martedì 12 Novembre 2024

Connessi con la realtà. Padova fa progressi nel digitale e nella cultura

Agenda 2030, quale futuro? Noi possiamo ancora agire

martedì 12 Novembre 2024

Agenda 2030, quale futuro? Noi possiamo ancora agire

Cambiamenti climatici e sociali. Uno sviluppo insostenibile

martedì 12 Novembre 2024

Cambiamenti climatici e sociali. Uno sviluppo insostenibile

Energia pulita. Rinnovabili, insistiamo

martedì 12 Novembre 2024

Energia pulita. Rinnovabili, insistiamo

Condividi su
Link copiato negli appunti
Logo La Difesa del Popolo
  • Chi siamo
  • Privacy
  • Amministrazione trasparente
  • Scrivici

La Difesa srl - P.iva 05125420280
La Difesa del Popolo percepisce i contributi pubblici all'editoria.
La Difesa del Popolo, tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) ha aderito allo IAP (Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
La Difesa del Popolo è una testata registrata presso il Tribunale di Padova decreto del 15 giugno 1950 al n. 37 del registro periodici.