Idee
Dodici mesi con il Coronavirus. Servono riferimenti per l’avvenire comune
Nel nostro Paese manca una visione politica precisa che affronti il futuro, scongiurando sciagure ben più gravi della pandemia
IdeeNel nostro Paese manca una visione politica precisa che affronti il futuro, scongiurando sciagure ben più gravi della pandemia
La vita è sempre una coniugazione di verbi: passato, presente e futuro. Con la differenza che, se il passato è già andato e il presente lo stiamo vivendo, il futuro resta il grande interrogativo. Lo è stato per ogni civiltà e generazione. Ovunque e dovunque, da sempre, il nostro futuro è speranza e timore. Inquietudine che stride con la serenità. Fiducia che si alterna alle preoccupazioni quotidiane. Il futuro resta l’altalena su cui siamo seduti prima di scendere!
Del futuro se ne parla ovunque, e anche quando non lo citiamo espressamente, resta presente: Ci si vede. Verrò. Faremo. Andremo…
In ognuno di questi verbi, c’è una particella di futuro. Ma spesso lo ignoriamo. Diverso è pensare e pianificare il nostro futuro, come quello della società che verrà, dove c’è una partecipazione di idee, valori e prospettive a cui ci affidiamo per “costruire” l’avvenire comune. Se poi riguarda il futuro globale, demandiamo a persone illuminate e illuminati il compito di progettare l’avvenire. A coloro che “hanno una visione allargata” delle cose, figure lungimiranti in grado di leggere il presente e proiettarlo in avanti. E proprio quando la notte imperava, nei tempi bui dell’umanità, si sono accese delle luci di lungimiranza che ogni epoca c’ha mostrato.
Arriviamo all’oggi, nel pieno di un’inaspettata pandemia, cosa e chi abbiamo? Quello che evidentemente ci manca, sono proprio figure di riferimento. Non maestri, ma esempi. Il Coronavirus ha rimestato le carte, facendo decadere molte speranze che avevamo depositato per il futuro. Nel suo primo, e spero ultimo compleanno, il virus cosa c’ha insegnato? È ancora presto per dirlo o capirlo, ma è altrettanto evidente che sul piano politico, poco c’ha mostrato. Poco hanno imparato coloro che amministrando il bene pubblico, fanno della politica un mestiere e una carriera, più che una vocazione. Aprire una crisi in un momento critico, significa essere “perversi autolesionisti”. E lo sono! E lo siamo, visto che poi li rieleggiamo.
Quello che poi ci manca, è pure una nostra visione politica del futuro: una classe dirigenziale svecchiata da quel passato che sa di muffa o, peggio, di putrefazione. Certo il Coronavirus è un’emergenza globale, ma non è l’unica. Forse ce lo siamo dimenticati. Abbiamo i cambiamenti climatici che potrebbero avere anche effetti peggiori. Abbiamo pesanti crisi umanitarie. Cosa fanno molti dei nostri rappresentanti? Guardano ciò che sta sotto il proprio naso. Questo non è pensare al futuro. Non è “fare” del futuro un momento migliore. È semmai, l’ennesima dimostrazione che «Chi è causa dei propri mali, pianga se stesso!».