Dopo il caso Pfas. A chi “tocca” la tutela ambientale?
In questo romanzo, Alessando Tasinato denuncia il greenwashing, la propaganda ecologica e la delegittimazione delle comunità, non scappando dall’attualitàSe, come e quanto la “letteratura” cambia la vita quotidiana di chi scrive e legge? «Il libro si apre e si chiude con due citazioni. La prima, in apertura, è di Vitaliano Trevisan e riguarda lo “sguardo esterno”, lo sguardo “altro da noi”, quello che – secondo lo scrittore vicentino – consente di osservare con spirito critico la realtà in cui viviamo e che, proprio per il fatto di esservi immersi, neanche siamo più capaci di analizzare. La seconda, in chiusura, è della critica letteraria tedesca Anna Vollmer. All’ultimo Festival della letteratura di Mantova ha commentato le recenti opere di narrativa italiana tacciando i nostri scrittori di glissare il presente e di temere il contemporaneo. Ho sentito che il mio compito, in questo libro, era di affrontare il presente e vincere la paura del contemporaneo. E di offrire uno sguardo “esterno” che, attraverso uno stile autoironico e auto-dissacrante, consentisse al protagonista di raccontare la realtà in modo nuovo, arrivando a una critica, anche spietata se vogliamo, della nostra società. Con tutte le implicazioni e i rischi del caso che una simile scrittura – disturbante, perturbante – comporta. È questo, a mio avviso, il compito dello scrivere».
Laurea in Scienze ambientali a Ca’ Foscari, Alessandro Tasinato è un cinquantenne che misura la scrittura con l’attualità delle “catastrofi ecologiche”. Dopo Il fiume sono io con cui ha vinto il Premio Gambrinus Mazzotti nel 2018 raccontando del Fratta Gorzone, sempre per i tipi di Bottega Errante Edizioni ha appena pubblicato Il funerale dell’esperto ambientale (160 pagine, 17 euro) con l’eco della vicenda Pfas. Comincia al cimitero, dove il custode attende una donna. Ma la storia vira nella vita standard del protagonista, travolto dal cataclisma della realtà. «La tutela dell’ambiente (o l’esatto suo contrario) è oggi basata su modelli totalmente rappresentativi. Un conto sono i dati ambientali come i valori di un campione d’acqua prelevata da un fiume. Un altro è l’uso che se ne fa. Posso considerare quei dati oppure ignorarli, a seconda degli interessi che voglio privilegiare. Si arriva così al paradosso del marchio ecologico di cui certe industrie si vanno fregiando, pur essendo responsabili della morte biologica del fiume che ne riceve gli scarichi» afferma Tasinato. Tornano l’attenzione al vocabolario, il peso delle parole, il disvelamento della propaganda. Il funerale dell’esperto ambientale è un romanzo di cronache devastanti che il Nord Est ha sperimentato insieme alla mitologia della “locomotiva”.
Se, come e quanto la “letteratura” cambia la vita quotidiana di chi scrive e legge? «Il libro si apre e si chiude con due citazioni. La prima, in apertura, è di Vitaliano Trevisan e riguarda lo “sguardo esterno”, lo sguardo “altro da noi”, quello che – secondo lo scrittore vicentino – consente di osservare con spirito critico la realtà in cui viviamo e che, proprio per il fatto di esservi immersi, neanche siamo più capaci di analizzare. La seconda, in chiusura, è della critica letteraria tedesca Anna Vollmer. All’ultimo Festival della letteratura di Mantova ha commentato le recenti opere di narrativa italiana tacciando i nostri scrittori di glissare il presente e di temere il contemporaneo. Ho sentito che il mio compito, in questo libro, era di affrontare il presente e vincere la paura del contemporaneo. E di offrire uno sguardo “esterno” che, attraverso uno stile autoironico e auto-dissacrante, consentisse al protagonista di raccontare la realtà in modo nuovo, arrivando a una critica, anche spietata se vogliamo, della nostra società. Con tutte le implicazioni e i rischi del caso che una simile scrittura – disturbante, perturbante – comporta. È questo, a mio avviso, il compito dello scrivere».
Affiora anche una scrittura “militante”? «Fornire una chiave di lettura inedita sulla realtà, che demolisca le false certezze, limitandosi a questo più che tracciare insegnamenti o morali. Tuttavia, ciò presuppone una personalità dello scrittore, che sappia immergersi nella realtà che racconta, ma che allo stesso tempo sopporti il fatto di viverci come un estraneo, con uno sguardo che – costantemente, 24 ore su 24 – è appunto “altro”. Se tutto questo significa essere uno scrittore militante, allora sì, mi definisco scrittore militante. Ma militante per chi? Mi chiedo. Allo stesso tempo, chi legge il “prodotto”, ha la facoltà di lasciarsi disturbare o meno, di sopportare questa perturbazione o di rifiutarla. Di aprire il suo sguardo o abbassarlo. E’ un esperimento interessante che si innesca tra scrittore e lettore».
Autore e insieme professionista del settore, forse è così che scaturisce uno sguardo acuto e spietato? «Ho scritto con una certa urgenza, attingendo alle conoscenze che derivano dalla mia esperienza professionale di “esperto ambientale”, ma utilizzando chiavi di lettura che ho acquisito soprattutto da Ivan Illich. Questo filosofo, già dalla metà degli anni Settanta, sosteneva come alla società basata sulle persone si stesse sostituendo una società basata sui servizi in cui persone e comunità erano sempre più alienate e incapaci di reagire».
In Il funerale dell’esperto ambientale si può leggere una sorta di caccia al greenwashing… «Inganna i consumatori, distorce la concorrenza tra aziende, rallenta la transizione ecologica e fornisce alibi politici. Tuttavia, le comunità sembrano non accorgersene oppure, appaiono inermi».
Pagine in cui la lingua quotidiana sbatte sul costrutto scientifico. E poi c’è l’attivismo che smaschera lo stereotipo dell’esperto. Una lotta senza fine? «È proprio così. Il linguaggio specialistico e settoriale degli esperti ambientali, unito al rimpallo di competenze e procedure tra gli enti e le amministrazioni, viene spesso usato all’esplicito scopo di inferiorizzare le comunità locali. Ma ci sono realtà in cui le competenze trasversali allestite in modo spontaneo, ma strutturato, dagli attivisti locali, hanno consentito di appropriarsi del medesimo lessico e di interloquire in modo autorevole, talvolta mettendo in crisi le competenze degli stessi esperti istituzionalmente preposti».
Fa ormai scuola il caso delle Mamme No Pfas che hanno anche strappato una sentenza giudiziaria storica. «Per arrivarci, tuttavia, è servito uno sconvolgimento interiore. Nel caso di quelle mamme è stato scoprire che i Pfas, assunti nel proprio corpo bevendo acqua del rubinetto contaminata, li avevano riversati nel sangue dei figli mediante l’allattamento. La madre che avvelena il figlio è stato il paradosso che ha scardinato le certezze, consapevolizzandole del fatto di essere “vittime”. Sono un esempio di comunità di esperti-attivisti che resiste, che è viva, che ha smesso di delegare la tutela dell’ambiente agli esperti ambientali».
Pfas trovato nelle acque di scolo della Pedemontana
Ispra e Arpav hanno confermano la presenza di Pfas (Pfba) nelle acque di scolo delle gallerie della Pedemontana Veneta. Il rischio di contaminazione riguarda falde e acquedotti e l’inquinamento deriva da materiali usati nei cantieri.