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Il 7 novembre, con la firma del vescovo Claudio, è stato istituito un ramo del Terzo settore della Diocesi di Padova. «Con la riforma del Terzo settore, entrata in vigore tra 2016 e 2017 (si completerà il 1° gennaio 2026 con la parte più significativa, quella fiscale), si è data la possibilità agli enti religiosi di qualificarsi “enti del terzo settore”– spiega Alessandro Perego, responsabile del Servizio di amministrazione per enti e parrocchie – La Diocesi rimane quello che è, ma “indossa” una qualifica per la quale ottiene un particolare trattamento sotto il profilo fiscale, nei rapporti con la Pubblica amministrazione e rispetto alla capacità di attrarre finanziamenti. Agli enti religiosi si è concesso di diventare “enti del terzo settore” limitatamente ad alcune attività. La Diocesi, con la firma di venerdì scorso, ha scelto di creare al proprio interno un ramo del Terzo settore dedicato alla tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio culturale d’interesse religioso sul territorio della Diocesi di Padova».
Secondo il regolamento che ne definisce l’operato, il ramo del Terzo settore è guidato da un consiglio di amministrazione presieduto dal vescovo «nel quale sono rappresentati gli uffici di Curia coinvolti nell’ambito culturale. Non si tratta, quindi, di un altro ente, ma di una organizzazione interna alla Curia».
Due i criteri che hanno portato a questa “nascita”: «La Diocesi sta molto investendo sul fronte culturale: pensiamo, ad esempio, al polo delle biblioteche e dell’archivio storico che sorgerà in Seminario, solo per citare un esempio. Non è di secondaria importanza, poi, la possibilità di attrarre più facilmente risorse economiche e di concedere benefici fiscali a chi sceglie di donare. Rispetto al secondo criterio c’è da dire questo: in Diocesi ci sono ambiti, penso a quello sociale o dell’istruzione, che hanno già enti del Terzo settore operativi come la Fondazione Nervo Pasini o – per la Caritas – a Adam Ets. Il mondo della cultura, a livello diocesano, è ricco di attori e iniziative ma risultava un po’ scoperto sul fronte del Terzo settore».
Il ramo del Terzo settore – pur avendo chiara la sua “identità”, cioè gestire le attività culturali della Diocesi – al momento è «una scatola da riempire, perché bisogna capire quali progetti portare avanti e quali soggetti, vecchi e nuovi, coinvolgere. Molto dipenderà, rispetto ai progetti, dalle risorse che si riusciranno ad attrarre. Di certo c’è che, con questa istituzione, ci siamo dotati di uno strumento nuovo, il più moderno possibile dal punto di vista giuridico, per gestire in maniera ottimale le attività culturali della Diocesi»