Idee
L’Europa agricola è tornata come all’epoca delle quote latte oppure dai grandi scontri sul futuro della Politica agricola comune (Pac). Tra agricoltori e Commissione Ue (soprattutto) pare non si riesca a trovare la strada del dialogo costruttivo. Una situazione, come si è detto, non nuova, questa volta però aggravata da un contesto internazionale teso e difficile tra guerre in corso, scontri nelle relazioni commerciali globali, problemi ambientali sempre più pressanti, necessità di produrre in modo sano ed equilibrato e necessità di compiere della scelte forse dolorose per la destinazione di risorse che appaiono sempre più scarse.
I rapporti tra il mondo della produzione agricola e l’esecutivo di Bruxelles, si erano in qualche modo rasserenati dopo le forti tensioni (accompagnate già da manifestazioni di piazza) a seguito dell’applicazione senza troppi scrupoli del green deal che dettava un percorso a tappe forzate verso una migliore compatibilità ambientale delle produzioni agricole. Non si tratta di qualcosa accaduto decenni fa, ma solamente qualche mese fa: un barlume di normalità nelle relazioni pur dialettiche tra parti in causa che faceva ben sperare. Poi il mondo è nuovamente cambiato: le guerre in corso hanno reso ancora più complessa la situazione internazionale, i primi passi della nuova amministrazione di Donald Trump hanno gettato i mercati in una condizione di grande incertezza. Si è arrivati ad un punto cruciale: scegliere come destinare le già non abbondanti risorse finanziarie tra usi molto diversi tra di loro.
Ma qual è l’oggetto del contendere? Tutto parte dal Quadro Finanziario Pluriennale 2027-2034 presentato il 16 luglio scorso dalla Commissione Ue. In sintesi duemila miliardi di euro di cui 300 dedicati all’agricoltura: circa 86 meno rispetto al precedente bilancio. Un’ipotesi rifiutata nettamente da pressoché tutte le organizzazioni agricole anche in considerazione dell’incertezza sulle modalità di individuazione ed erogazione dei fondi se, cioè, mantenendoli nell’ambito della Pac oppure facendoli confluire in un Fondo Unico in cui far confluire le principali dotazioni finanziarie europee. Detto, in altro modo, l’Ue starebbe pensando di accorpare diversi fondi in “piani di partenariato” che ogni Stato membro dovrebbe usare “secondo le priorità europee, integrando i fondi diversi in modo più efficiente”.
Certo, nella nota ufficiale della Commissione si rassicura: “Sarà riservato un sostegno al reddito degli agricoltori e dei pescatori, comprese misure ambientali, investimenti nelle aziende agricole, sostegno ai giovani agricoltori e strumenti di gestione del rischio. Le norme di finanziamento per l’agricoltura e le comunità rurali saranno più semplici, anche per quanto riguarda i pagamenti, i controlli e gli audit”. Un passaggio che non ha per nulla tranquillizzato le organizzazioni agricole che, tra l’altro, nello stesso momento in cui il Quadro veniva presentato hanno inscenato una dura manifestazione a Bruxelles e a Roma.
Il timore diffuso – non solo di Coldiretti, Confagricoltura, Cia-Agricoltori Italiani – è quello che l’agricoltura europea passi da pilastro sul quale l’Europa è stata costruita ad elemento quasi residuale, vaso di coccio tra vasi d’acciaio nell’ambito delle dinamiche politiche europee e internazionali. E c’è chi ha già parlato di eutanasia dell’agricoltura europea già in atto.
Il tema è complesso e non riguarda solo l’agricoltura in senso stretto ma un po’ tutto il modello di filiera agroalimentare europea e, andando oltre, l’uso che dei fondi europei si
vuole fare. I coltivatori diretti e in generale la filiera agricola italiana ed europea hanno le idee chiare e parlano apertamente di una prospettiva paradossale e grave: “Ritrovarsi a tagliare i servizi essenziali per acquistare carri armati e aerei”. Forse non è esattamente così. Certo è, però, che il tempo delle scelte tra l’allocazione di risorse limitate su più usi è davvero arrivato.