«Ecco un segno per riscoprire la fede e per riprendere vita. Alessandro e Marco hanno detto: “Eccomi”». Così il vescovo Claudio Cipolla ha aperto la celebrazione dell’8 giugno in Cattedrale, solennità di Pentecoste, nella quale Marco Baggio e Alessandro Metello sono diventati preti. In loro il vescovo ha invitato la comunità a riconoscere il soffio dello Spirito. «Tutto ci porta a vedere la sua opera creatrice e a riconoscerci opera sua: soltanto dove c’è lo Spirito c’è la Chiesa. Il mondo è cambiato, la Chiesa è in difficoltà, ma Alessandro e Marco dicono “eccomi”. Sono un “eccomi” creato dallo Spirito al servizio di un tempo nuovo: il tempo della libertà, dell’amore, della vita». Don Claudio ha esortato la Diocesi a «raccoglierci in preghiera! Lo Spirito passa e opera!». Da quel momento forte, la parola passa ai protagonisti di questo «eccomi». Don Marco Baggio – a poche ore dalla sua ordinazione – descrive un fiume di emozioni: «Non avevo nient’altro da offrire che quelle lacrime, quella gioia, quel senso di gratitudine, anche quel senso di inadeguatezza per questo dono così immenso che mi sembrava più grande di me». Definisce fondamentale l’abbraccio fraterno: «Gli abbracci con alcuni preti… mi hanno fatto sentire parte di un presbiterio. Dove siamo uomini, siamo fratelli coi nostri pregi, i nostri difetti». E quando era a terra, disteso durante le litanie dei santi, «sentire l’assemblea che pregava, che rispondeva “prega per noi” è stato bello, perché mi sono sentito sostenuto da tanti amici». Un’esperienza che ha unito comunità e ministero. Don Alessandro Metello, con lo stesso tono di meraviglia, racconta: «Grande gioia, grande felicità incontenibile», accanto a una «serenità venuta dal sentirmi accompagnato da tante persone, da tanti preti, diaconi e seminaristi». Ammette umilmente: «Mi sento quasi come un neopatentato alla guida. Mi sento piccolo davanti a una cosa così grande». Anche per lui l’imposizione delle mani è stata un momento sorprendente: «Mi ha colpito, mi ha commosso, quasi come una carezza. Non me l’aspettavo». Sia don Marco che don Alessandro hanno già celebrato le loro prime messe: don Marco ricorda lo spezzare del pane come «gesto familiare, quotidiano e per noi anche misterioso, così grande, perché ci rivela la presenza di Dio ancora oggi». Don Alessandro racconta ciò che ha vissuto in Casa del clero: «Non ti senti mai solo… c’erano tanti preti, anche anziani, con un bagaglio spirituale, umano grandissimo. È stato emozionante». Le due testimonianze guardano oltre: don Marco afferma che «il prete è tra Dio e la gente, sull’altare come tra le case», una doppia dinamica che da sempre dà senso al ministero. «Mi preoccupa questo tempo – continua – in cui non si sa a volte dove andare… ma trovo forza nelle parole del Vangelo: “Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa”. Sarà lui a dire dove andare e come fare i preti». Sottolinea inoltre le nuove sfide della Chiesa padovana: «Collaborazioni pastorali, nuovi vicariati… usare con creatività qualcosa di nuovo per meglio camminare assieme. Custodire l’originalità di ciascuna realtà». E dichiara la sua chiamata a essere «insieme ai giovani a volte soli, tristi, che faticano a fare qualcosa di grande. È lì che siamo chiamati ad abitare. Le periferie oggi sono queste». Don Alessandro rilancia il tema della relazione: «È per gli altri» e spiega il suo “modello” di ministero: «Immagino il prete come un uomo capace di edificare comunità più che protagonista. Un uomo che sa costruire, sa dare spazio agli altri». A partire dal 16 giugno, sarà a Roma per lavorare nell’organizzazione del Giubileo. Resterò lì fino a metà agosto, tornando a Padova nei weekend. Poi Marco e io attenderemo la nomina del vescovo per il nostro futuro… Siamo a disposizione». Su quell’orizzonte incerto, riflette: «L’instabilità ha sempre portato a crescere». Ogni frase dei due preti novelli sembra in dialogo con l’omelia del vescovo: entrambi hanno detto “eccomi”, si lasciano plasmare dallo Spirito, e si incamminano con apertura e cura verso una Chiesa sinodale, prospettica, libera e inclusiva. Nel loro cammino si ritrova il passo con cui il vescovo concludeva l’omelia: lasciarsi sorprendere dallo Spirito, affidarsi alla sua azione che va «oltre i nostri confini e i nostri orizzonti». Questo «eccomi creato dallo Spirito» è l’inizio. Adesso comincia la quotidianità nell’anno delle collaborazioni pastorali e dei nuovi vicariati, nel dialogo sinodale, dei ministeri battesimali. A fare da sottofondo a tutto, la consapevolezza che il cammino non è individuale, ma comunitario. «Se io sono qui ora, se sono prete, è grazie alla mia comunità e per la mia comunità – evidenzia don Alessandro – Altrimenti il ministero avrebbe poco senso». Lo ribadisce anche don Marco, ripensando a tutte le parrocchie dove è stato, «che mi hanno formato, mi hanno insegnato dei tratti del prete nuovo». Entrambi riconoscono che la loro vocazione è germogliata dentro relazioni, storie, volti concreti. E oggi, con la grazia dell’ordinazione, è tempo di restituire. Con umiltà, con speranza, con la forza di chi sa che «la Chiesa non è nostra, è di Dio».
Nella solennità di Pentecoste, il vescovo Claudio ha “consegnato” ai fedeli raccolti in Cattedrale per l’ordinazione presbiterale di don Marco Baggio e don Alessandro Metello, una riflessione sullo Spirito che «aiuta a crescere nella conoscenza del mistero di Dio e ci insegnerà ogni cosa riportandoci continuamente alla rivelazione che nella persona di Gesù e nella condivisione della sua con la nostra vita, è giunta al nostro cuore. In particolare nel corso degli anni ci insegnerà ad amare come lui ha amato noi, ci insegnerà a percepire e ad accettare il suo amore e a gioirne». In riferimento ai presbiteri: «Gli impegni che ci assumiamo sono segno di un cammino di amore; un amore che ci permettere di reggere delle rinunce e di viverle non per legge ma per amore. Alessandro e Marco rinunciano, con l’impegno al celibato, a formare una propria famiglia di sangue o ad avere una relazione affettiva personale; rinunciano con l’impegno dell’obbedienza alla propria autodeterminazione consegnandosi alla volontà della Chiesa e di Dio. Celibato e obbedienza, come avviene anche per il matrimonio cristiano e per la vita consacrata, sono segno di donazione, di fiducia, di amore. Ci raccontano che siamo giunti alla libertà umana e spirituale dei figli di Dio, liberi dal nostro io pur consapevoli che si tratta di una libertà da custodire giorno dopo giorno». Lo Spirito però non solo accompagna e difende, non solo fa crescere nella conoscenza di Dio: lo Spirito “crea”! «Veni Creator Spiritus! Vieni Spirito creatore! (…) La creazione e la storia sono segno dell’opera dello Spirito. Ma lo Spirito crea anche il discepolo di Gesù. È lui che lo chiama a seguirlo e che lo accompagna, come per i discepoli di Emmaus, all’incontro con il Maestro. È lui che guarisce i nostri occhi, è lui che restituisce la capacità di ascolto, che aiuta a dire a Gesù “eccomi”. È lui che sceglie noi e si serve di noi per portare i frutti della creazione nuova». È lo stesso Spirito che crea anche la Chiesa «irrompendo come vento impetuoso e posandosi sui discepoli come fuoco. La Chiesa cioè non la costruiamo noi, non è nostra opera: come Gesù nasce dalla Vergine e non dagli uomini, così la Chiesa è opera dello Spirito: anche le nostre comunità sono frutto non del lavoro dell’uomo ma della irruzione dello Spirito». Don Claudio ha poi sottolineato che «non possiamo stare chiusi nelle consuetudini degli ultimi decenni, negli stessi paradigmi di valore: potenza, sacralità, clericalismo, paternalismo, maschilismo che hanno caratterizzato il passato: è tempo di missione! Non in terre lontane ma proprio qui. Il mondo è cambiato, la Chiesa è in difficoltà, la morale e l’etica sono rivoluzionate, le guerre ci sono ancora, le ingiustizie anche ma Alessandro e Marco dicono “eccomi”».
Don Marco Baggio, 26 anni, è originario di Santa Maria in Cittadella. È entrato al Minore a 16 anni, dopo aver frequentato il biennio al liceo classico. In seguito ha fatto il suo ingresso al Seminario maggiore. Durante l’anno di “esperienza esterna”, ha operato nella parrocchia Immaculée Conception di Parigi. Nell’anno del diaconato ha prestato servizio a Chiesanuova e Cave, oltre che con la Pastorale delle vocazioni e la Caritas diocesana. Don Alessandro Metello, classe 1993, proviene da Camin. È entrato a Casa Sant’Andrea nel 2017 dopo aver frequentato ingegneria aerospaziale a Padova. L’anno seguente ha fatto il suo ingresso al Maggiore. Durante l’“anno esterno” ha insegnato religione cattolica presso la secondaria di primo grado Tito Livio di Bresseo, il liceo artistico Selvatico e l’istituto tecnico-tecnologico Belzoni di Padova.
L’assemblea diocesana del 18 giugno sostituisce il tradizionale appuntamento del mattino con i presbiteri, che viene spostato al 18 settembre. Questa data è motivata dal fatto che il 16 si ricordano i 400 anni dalla nascita del Barbarigo (1625-2025). A settembre ci si ritrova in Cattedrale per la preghiera dell’Ora terza; il vescovo Riccardo Battocchio e lo storico Pierluigi Giovannucci (entrambi dell’Istituto per la storia ecclesiastica padovana) racconteranno alcuni tratti storici e spirituali della figura del Barbarigo, prima di celebrare l’eucaristia, presieduta dal vescovo Claudio, nel 10° anniversario dell’ordinazione episcopale. Il 18 giugno viene celebrata in Cattedrale, alle 11, l’eucaristia nella festa di san Gregorio Barbarigo. Sono invitati i canonici del Capitolo, i presbiteri del Seminario, quanti abitano in Casa del clero, i preti della città e chi desidera unirsi.
Alle “prospettive per il Seminario vescovile di Padova” viene dato ampio spazio nel numero di giugno del Cor Cordis. Viene fatto il punto sul Seminario minore, che ha cessato l’attività nel 2022, ma è rimato “base” per alcune attività vocazionali. Il punto sulla situazione attuale continua, poi, ricordando il trasferimento di Casa Sant’Andrea nella canonica della parrocchia di San Gregorio Barbarigo, ma soprattutto che da agosto 2025 il Seminario chiuderà per lavori. Seminaristi e presbiteri residenti cambieranno casa. I primi, grazie al progetto condiviso con le Diocesi di AdriaRovigo, Chioggia e Vicenza, vivranno a Casa Madre Teresa di Calcutta e continueranno a frequentare la Facoltà teologica del Triveneto. Il Cor Cordis contiene, inoltre, le voci di alcuni dei presbiteri residenti e il grazie alle suore Elisabettine, che da anni hanno offerto una presenza «stabile, delicata e materna» in Seminario. Il grazie, poi, va a don Raffaele Gobbi, che conclude il suo rettorato.