Fatti
Crescita modesta, eppure crescita. Inflazione e disoccupazione sotto controllo. Mentre i conti pubblici di alcuni Paesi preoccupano (specialmente quelli di Italia e Grecia, ma anche la Francia non naviga nell’oro). La Commissione europea ha illustrato lunedì 17 novembre le Previsioni economiche per quest’anno e il prossimo, spingendosi – pur fra mille incertezze – fino al 2027. Incertezze, che rendono discutibili vari aspetti delle previsioni, dovute al quadro geopolitico (che fra l’altro obbliga a spendere miliardi per gli armamenti), ai rischi legati ai dazi e dunque agli scambi commerciali, e alle prospettive politiche di alcuni Stati europei.
Cosa dicono i numeri. In realtà il documento previsionale della Commissione (244 pagine) mostra che “la crescita nei primi tre trimestri del 2025 ha superato le aspettative”, come ha confermato il commissario per l’economia e la produttività, Valdis Dombrovskis. Guardando al futuro, si prevede che “l’attività economica continuerà a espandersi a un ritmo moderato, nonostante il contesto esterno difficile”. I numeri indicano una crescita del Pil reale nell’Ue dell’1,4% nel 2025 e nel 2026, per poi salire all’1,5% nel 2027 (l’Italia viaggerà tra lo 0,4% di quest’anno e lo 0,8% del 2027). Si prevede che l’area dell’euro seguirà più o meno questa tendenza. L’inflazione nell’area dell’euro continuerà a scendere, arrivando al 2,1% nel 2025 e attestandosi poi intorno al 2%.
Regna l’incertezza. Dombrovskis ha avvertito: “Pur in un quadro avverso, l’economia dell’Ue ha continuato a crescere. Ora, dato il difficile contesto esterno, l’Unione europea deve adottare misure decise per sbloccare la crescita interna. Ciò significa accelerare il nostro lavoro sull’agenda per la competitività, anche semplificando la regolamentazione, completando il mercato unico e stimolando l’innovazione”. “L’Europa deve affidarsi all’Europa per crescere”, ha poi precisato il commissario. Quattro le sue puntualizzazioni. La crescita – su questa parola ha insistito – dovrebbe appunto continuare “pur con un ritmo moderato”. Inflazione: “Il ritorno alla stabilità dei prezzi è una buona notizia”. Sulle finanze pubbliche si riconosce un netto miglioramento rispetto al periodo post-Covid, ma si attendono “sviluppi meno positivi in futuro, specialmente per alcuni Paesi” (fra cui l’Italia). Quarto elemento è il “fattore incertezza”: “È forse l’elemento più importante. C’è un forte grado di incertezza”, ha dichiarato Dombrovskis, “che varrà nei prossimi anni. Ecco perché dobbiamo guardare, per la crescita dell’economia europea, principalmente al nostro interno”.
C’è molto da fare. Il commissario ha invocato riforme, investimenti e impegno degli Stati membri per la competitività, mentre in sede europea va completato il mercato unico. Quindi ha citato rischi e opportunità. Tra i rischi: “La politica commerciale e il peso dei dazi”, un’eventuale “escalation delle tensioni geopolitiche” e “l’incertezza delle politiche interne”. A seguire le opportunità da cogliere: “Orientare le riforme, anche grazie alla ‘Bussola per la competitività’; insistere sulla semplificazione delle procedure interne; continuare a investire nell’innovazione; diversificare le fonti energetiche”.
Domanda interna. Non mancano, tra le pieghe del documento previsionale, le notizie che riguardano i cittadini. Della contrazione della disoccupazione s’è detto; della frenata dei prezzi (inflazione) si ha conferma. Ci si domanda semmai quale sarà il livello dei salari, fermi da troppo tempo, per i quali non emergono ad oggi elementi positivi. Eppure, i “consumi privati” dovrebbero – sempre secondo la Commissione – crescere: ciò in relazione alla tenuta del mercato del lavoro, ai prezzi stabili, a una contrazione del risparmio. Proprio la domanda interna “dovrebbe essere il principale motore della crescita nell’orizzonte di previsione”, ossia nel triennio 2025-27.
Rischio-shock. Occorre d’altro canto tornare ai rischi per le prospettive di crescita. “La persistente incertezza della politica commerciale continua a pesare sull’attività economica, con dazi e restrizioni non tariffarie che potrebbero limitare la crescita dell’Unione più del previsto”. Inoltre “qualsiasi ulteriore escalation delle tensioni geopolitiche potrebbe intensificare gli shock dal lato dell’offerta. Allo stesso tempo, la ridefinizione dei rischi nei mercati azionari, in particolare nel settore tecnologico statunitense, potrebbe incidere sulla fiducia degli investitori e sulle condizioni di finanziamento”. Anche “l’incertezza politica interna potrebbe pesare sulla fiducia”. Infine – per chi ancora non se ne fosse convinto – la “crescente frequenza delle catastrofi legate al clima potrebbe compromettere la crescita”. La Commissione non manca, poi, di sostenere che “una maggiore spesa per la difesa incentrata sulla produzione dell’Ue e nuovi accordi commerciali potrebbero rafforzare l’attività economica più del previsto”. Armi e spesa bellica a supporto dell’economia?