Mosaico
Edilizia & comunità. Il social housing non è solo un’altra moda
L’edilizia privata o pubblica che si rivolge a una fascia di persone a medio reddito e mira a un nuovo “welfare di comunità”
L’edilizia privata o pubblica che si rivolge a una fascia di persone a medio reddito e mira a un nuovo “welfare di comunità”
Cresce nel Veneto il social housing. Padova e la sua provincia sono uno dei centri propulsivi di questo nuovo modo di rispondere ai bisogni abitativi: l’ultimo progetto ha riguardato due palazzine ex Ufficio delle entrate in via Vergerio, ma condomini social housing sono diffusi in città e provincia, frutto delle iniziative del Fondo Veneto Casa con Investire sgr spa, e in futuro di enti per l’edilizia residenziale come l’Ater. Ma che cos’è l’housing sociale? «È un movimento che nasce alla fine della prima decade del Duemila – spiega Paola Delmonte, già direttore responsabile social housing di Cassa depositi e prestiti investimenti sgr – come fenomeno di nicchia in un momento in cui la spesa pubblica era in ritirata e il tema “casa” non era affrontato dal pubblico e poco anche dal mercato. L’obiettivo era rispondere al bisogno di una fascia di popolazione che non poteva accedere alle case popolari ma nemmeno alle proposte del mercato, creando case in locazione a costi accessibili anche rinunciando, in parte, al profitto».
L’altro aspetto di novità è che si tratta di condomini “gestiti”, in cui il gestore di comunità, di norma onlus o cooperative, attua un vero e proprio accompagnamento all’abitare. A sperimentare questo nuovo modello di edilizia sono state inizialmente fondazioni bancarie, come quella della Cariplo in Lombardia e la Cariparo assieme alla Regione Veneto. All’inizio si costruiscono quartieri ex novo, poi cresce, anche come contrasto al consumo di suolo e in ottica di lotta al degrado urbano, l’impegno a ristrutturare edifici già esistenti garantendo sempre alti standard qualitativi. A finanziare i progetti contribuisce Cassa depositi e prestiti con uno stanziamento importante. I costi degli affitti sono calmierati ma mirati comunque al rientro degli investimenti, quindi su livelli più elevati rispetto all’edilizia popolare. «Vorrei chiarire – precisa Delmonte – che l’housing sociale si differenzia dalle case popolari e si confronta con il mercato, promuovendo un nuovo modello qualità e il contesto sono, insieme ai canoni a prezzi accessibili, fondamentali. Per accedere a queste locazioni si fanno dei bandi e c’è quasi sempre la fila: si risponde a un bisogno che è reale di coppie giovani, anziani, immigrati». In questi anni il social housing è stato preso ad esempio dagli investitori tradizionali, divenendo oggi quasi una moda, favorita dagli ingenti investimenti governativi per ristrutturazioni e riqualificazione energetica: non c’è il rischio che si svuoti di contenuti? «È vero, c’è questo rischio. La risposta di chi fa vero social housing è continuare a puntare sulla gestione di comunità, sull’uso degli spazi comuni, sui servizi di quartiere, sull’attivazione di forme di collaborazione tra residenti. Creando insomma ciò che si chiama “welfare di comunità” nel senso letterale, stare bene nella comunità del social housing».