Idee | Pensiero Libero
A un mese e mezzo dalla sua elezione, lo abbiamo capito: la densità di contenuto è una delle caratteristiche di ogni intervento di papa Leone. Qualsiasi sia il pubblico a cui si rivolge, qualunque sia il tema che tratta, pare che da ogni parola del pontefice sia possibile addentrarsi in sentieri differenti che permettono tuttavia di comprendere meglio un frammento di realtà. Per questo, nel discorso che ha rivolto ai seminaristi arrivati a Roma da tutto il mondo per il loro Giubileo, martedì scorso, a colpire particolarmente è stata questa espressione del papa: «Oggi in modo particolare, in un contesto sociale e culturale segnato dal conflitto e dal narcisismo, abbiamo bisogno di imparare ad amare e di farlo come Gesù».
Una prima osservazione: questo passaggio, come pure moltissimi altri del suo discorso, è valido per tutti gli uomini e le donne del giorno d’oggi, a prescindere dalla loro età e da quale sia l’amore a cui sono chiamati. La seconda osservazione: il papa non si limita alla denuncia di un contesto desolante, di fronte al quale sperimentiamo solamente impotenza. Il “varco” c’è, e si manifesta in una persona – Gesù – e nella sua capacità di amare e sentire la richiesta di prossimità, anche laddove non viene espressa o viene pronunciata con voce così flebile da risultare quasi impercettibile. Ma è sulla terza osservazione che vale la pena soffermarci di più. Il papa descrive un contesto culturale e sociale segnato da «conflitto» e «narcisismo» e la netta impressione è che entrambe queste tendenze abbiano trovato nella tecnologia il grimaldello per infiltrarsi nella quotidianità di ciascuno di noi.
Conflitto e narcisismo, infatti, sono due delle dinamiche più spiccate nei social media, i quali – seppur tendenti a creare attorno a ogni utente una “camera dell’eco” nella quale risuona solo ciò che vuole sentirsi dire da persone che la pensano come lui/lei – vivono di polarizzazioni, di prese di posizioni sempre più nette, di scambi interpretabili (perché scritti e non espressi di persona) che portano con estrema facilità allo scontro. Sul fronte del narcisismo, si è scritto molto: basta scorrere una time line (una linea del tempo, la schermata principale di ogni social network) per imbattersi in contenuti che hanno tutta l’aria di essere stati creati per dimostrare quanta bellezza, ricchezza e freschezza c’è nella vita di chi li ha postati. Ci sono una domanda di considerazione e un bisogno di approvazione che si esprimono attraverso il web e che ogni giorno prendono la forma di una foto, un emoticon, un meme. Come fare a non soccombere a dinamiche che nei casi più seri possono narrare vite parallele o generare frustrazioni più intense? Tanto i giovani quanto gli adulti, mai in quest’epoca, necessitano di fare esperienza di silenzio e solitudine, che è poi il consiglio che papa Leone ha dato ai ragazzi in cammino verso il presbiterato.
Tornano alla mente i lunghi “deserti” che prima o poi, durante un campo estivo, tutti noi – nati negli anni Ottanta e dintorni – sapevamo che sarebbe arrivato. Per qualcuno era un incubo, per altri un toccasana, tutti però, per almeno un’ora, stavamo semplicemente con noi stessi, senza l’interferenza di un mezzo o di una persona.
Nell’era dell’iperconnessione, viene da chiedersi se un’esperienza del genere sia ancora possibile, abituati come siamo – a qualsiasi età – a compulsare il telefono a ogni minima pausa da un impegno o da una relazione, e forse anche durante una conversazione. Eppure solo nel silenzio si possono unire tutti i frammenti che compongono la vita di ciascuno e la sua personalità stessa. È solo coltivando l’interiorità che ci si può conoscere fino in fondo per poi prendere decisioni consapevoli. Probabilmente oggi, uno dei compiti principali di chiunque abbia a che fare con le generazioni più giovani è quello di aiutarli a creare attorno a loro delle momentanee oasi di pace, senza schermi e connessioni. Una sfida che nell’estate può trovare un momento favorevole.