Che cosa accade quando i cristiani si radunano per la celebrazione dell’Eucaristia? A una domanda simile si potrebbe rispondere in molti modi, anche in relazione alla maggiore o minore familiarità che ciascuno ha con la messa, con i testi biblici e liturgici, con i riti.
Chi ha qualche ricordo del catechismo potrebbe dare questa risposta: «Nella celebrazione dell’Eucaristia il pane diventa il corpo di Cristo, il vino diventa sangue di Cristo». Nulla da eccepire. La risposta sarebbe corretta e corrisponderebbe alla fede della Chiesa e a ciò che Gesù stesso ha inteso compiere «nella notte in cui fu tradito». C’è però un rischio, quello di fraintendere la trasformazione di cui stiamo parlando come se avesse a che fare con la composizione fisica o chimica degli elementi che costituiscono il pane e il vino. Sappiamo che non è così. Quando, seguendo l’insegnamento della Chiesa cattolica, diciamo che per l’azione dello Spirito Santo la sostanza del pane si trasforma nel corpo di Cristo e la sostanza del vino nel sangue di Cristo ci riferiamo a una trasformazione ben più profonda, la cui realtà può essere colta solo nella fede, mettendola in relazione all’agire creatore di Dio, a ciò che è accaduto con l’incarnazione del Figlio eterno di Dio, alla potenza nella quale Gesù, il Figlio di Dio incarnato e crocifisso, è stato risuscitato dai morti.
La trasformazione che avviene nella celebrazione dell’Eucaristia coinvolge non solo il pane e il vino ma anche l’esistenza di coloro che, «invitati alla cena dell’Agnello», hanno la possibilità di nutrirsi del pane e del vino trasformati, per l’azione dello Spirito Santo, nel corpo e nel sangue di Cristo.
Quello che il Concilio Vaticano II insegna sulla liturgia, presentandola come «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia» (Sacrosanctum Concilium, n. 10), vale in modo eminente per la celebrazione eucaristica. La vita di ogni battezzato e battezzata, in quanto vita “in Cristo”, tende all’Eucaristia e riceve energia dall’Eucaristia, intesa come azione di Cristo e della Chiesa (anche se può sembrare superfluo, vale la pena ribadire che l’Eucaristia non è “una cosa”, fosse pure “una cosa santa”: è un’azione, il cui soggetto è Cristo unito al suo Corpo). In questo tendere all’Eucaristia e in questo sgorgare dall’Eucaristia si attua la trasformazione della vita, non attraverso un processo meccanico o miracolistico, ma come abilitazione della libertà umana a compiere scelte che rendono presente l’agire stesso di Gesù, il suo agire misericordioso, accogliente, perdonante, sanante.
È ancora il Concilio Vaticano II a spiegare che «nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create» (Presbyterorum ordinis, 5). La trasformazione eucaristica fa sì che coloro che prendono parte alla celebrazione abbiano la possibilità di unire «se stessi, il proprio lavoro e tutto le cose create» all’offerta stessa che Cristo ha fatto e, nello Spirito Santo, continua a fare di se stesso. È così che prende forma la Chiesa, ed è per questo che oggi s’insiste molto nel mettere in relazione la consapevolezza della dimensione sinodale della Chiesa con la celebrazione dell’Eucaristia. Il “camminare insieme dei cristiani con Cristo verso il Regno di Dio” – questo, in estrema sintesi, è ciò che s’intende per Chiesa sinodale – è possibile, in radice, grazie alla trasformazione che avviene nella celebrazione eucaristica.
Il documento finale della 16a Assemblea generale del Sinodo dei vescovi ha evidenziato il rapporto esistente fra la sinodalità e l’Eucaristia: «La celebrazione dell’Eucaristia, soprattutto alla domenica, è la prima e fondamentale forma con cui il santo Popolo di Dio si riunisce e si incontra. Nella celebrazione eucaristica “l’unità della Chiesa viene sia significata sia prodotta” (UR 2). Nella “piena, consapevole e attiva partecipazione” (SC 14) di tutti i fedeli, nella presenza di diversi ministeri e nella presidenza da parte del vescovo o del presbitero, si rende visibile la comunità cristiana, nella quale si realizza una corresponsabilità differenziata di tutti per la missione. Per questo la Chiesa, Corpo di Cristo, impara dall’Eucaristia ad articolare unità e pluralità: unità della Chiesa e molteplicità delle assemblee eucaristiche; unità del mistero sacramentale e varietà delle tradizioni liturgiche; unità della celebrazione e diversità delle vocazioni, dei carismi e dei ministeri. Nulla più dell’Eucaristia mostra che l’armonia creata dallo Spirito non è uniformità e che ogni dono ecclesiale è destinato all’edificazione comune…» (n. 261). E ancora: «Il dono della comunione, missione e partecipazione – i tre assi portanti della sinodalità – si realizza e si rinnova in ogni Eucaristia» (n. 142).
La celebrazione dell’Eucaristia forma i cristiani, trasformandoli. Lo ricordava papa Francesco nella lettera apostolica Desiderio desideravi: «La pienezza della nostra formazione è la conformazione a Cristo […]: non si tratta di un processo mentale, astratto, ma di diventare Lui» (n. 41).
Intenzione di preghiera del papa
Preghiamo perché noi credenti di diverse tradizioni religiose lavoriamo insieme per difendere e promuovere la pace, la giustizia e la fratellanza umana.
Intenzione dei vescovi
Ti preghiamo, Signore, per il cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia: le nostre comunità siano capaci di ascolto e condivisione per attuare scelte “coraggiose e profetiche”.
Intenzione per il clero
Cuore di Gesù, accogli le tristezze e le fatiche dei presbiteri, perché trovino in Te un rifugio sicuro e il ristoro necessario per donarsi con maggiore generosità ai loro fratelli.