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Mappe | Mappe 16 – Il biologico – luglio 2023

lunedì 10 Luglio 2023

La grande distribuzione schiaccia le realtà locali: il pericolo del cortocircuito

Francesca Campanini
Francesca Campanini
collaboratrice

Nell’anno dello scoppio della pandemia, infatti, chi poteva permettersi di “prendersi cura di sé” sembra aver puntato proprio sul cibo sano e sostenibile. Insieme alla crescita del mercato però si nota un importante cambiamento nei canali di distribuzione prevalenti: mentre la vendita di alimenti biologici continua ad aumentare nel settore della grande distribuzione organizzata, i negozi specializzati vedono una contrazione. La nota parabola che vede le piccole realtà schiacciate sotto al peso dei colossi si sta ripetendo anche in un settore che fino a oggi sembrava un’oasi nel deserto della nostra economia globalizzata e di larga scala? Secondo i dati del Focus Bio Bank 2022 la crescita totale nelle vendite di prodotti biologici in Italia negli ultimi dieci anni è stata pari al più 116 per cento, arrivando a superare i 5 miliardi di euro. Questa “medaglia” però ha due facce: se è vero che in generale il mercato è in crescita, è anche vero che questa impennata non è omogenea: la Gdo ha visto un aumento del più 263 per cento nelle vendite a discapito di un calo del meno 15 per cento nei canali di distribuzione specializzati. In termini di quote di mercato, nel 2022 le vendite di prodotti bio nei grandi supermercati hanno raggiunto il 63,5 per cento del totale, rispetto al 27 per cento del 2011. Specularmente il consumo attraverso i negozi specializzati è passato dal rappresentare il 45 per cento nel 2011 al 22,9 per cento nel primo anno di allentamento delle restrizioni legate alla pandemia (con un meno 6,2 rispetto al 2021). Lo scorso 5 luglio, durante la conferenza nazionale “Bio in cifre 2023” che si è svolta a L’Aquila, Alessandro Bucciarelli, presidente di Verde Abruzzo, ha acceso una spia sulla tendenza nazionale: «Dobbiamo costantemente domandarci dove destiniamo i prodotti biologici che produciamo, perché il grosso problema dell’agricoltura biologica, a partire dalla filiera, è che ha scimmiottato il prodotto convenzionale utilizzando gli stessi canali di vendita. La dimostrazione è nel fatto che la Gdo ha utilizzato il bio come “aspetto folkloristico” mi vien da dire: c’è il prodotto bio, con la sua identità anche visiva e grafica, ma i consumatori non sanno più chi l’ha prodotto. Ben venga il marchio biologico, attenzione, ma dobbiamo rilanciare i biodistretti perché sono questi che legano il territorio con la produzione».

Anche in questo settore l’aumento dell’offerta ha camminato a braccetto con la diminuzione dei prezzi. Punto nevralgico del mercato biologico infatti è da sempre, visti i maggiori costi di produzione che caratterizzano il settore, il prezzo elevato che ha reso per decenni il consumo di questi prodotti un fenomeno di nicchia, ostacolando l’accesso di larga parte della popolazione per via dell’insufficiente potere d’acquisto. Per di più, il mercato del biologico oltre a crescere sembra anche internazionalizzarsi. In questi anni infatti vediamo, parallelamente all’aumento delle vendite, anche la crescita di importazioni ed esportazioni, sia a livello comunitario che in relazione a Paesi terzi. L’Italia è il sesto Paese esportatore di prodotti biologici a livello globale e terzo in Europa. Il portale unico pubblico di accesso ai servizi per l’internazionalizzazione della Farnesina sottolinea i risultati di un’indagine di Nomisma che riportano un aumento nel 2022 del 16 per cento nelle esportazioni in questo settore rispetto al 2021. A trainare questa crescita sono i prodotti made in Italy più richiesti all’estero: vino, olio, salumi, formaggi e pasta. Per quanto riguarda le importazioni da Paesi terzi in Italia invece dopo anni in cui si sono registrati tassi di crescita positivi, come il 2019, si vede oggi una diminuzione. Secondo l’elaborazione Sinab, nel 2021 il calo delle importazioni ha interessato principalmente cereali, ortaggi e legumi, caffè, cacao, spezie, mentre l’aumento si è registrato per quanto riguarda olio, frutta fresca e secca, colture industriali. Il netto vede una diminuzione delle importazioni nel 2021 pari al meno 4,7 per cento. Parallelamente però a livello Ue l’import di prodotti bio aumentava nel 2021 del più 2,8 per rispetto al 2020. I prodotti altamente standardizzati e commercializzati all’ingrosso come caffè, cacao, frutta e carne costituiscono le principali importazioni, cioè proprio quelli che anche in Italia hanno continuato ad aumentare. L’ottimismo rispetto alla crescita di un modello di produzione agroalimentare che per decenni è stato il simbolo dell’ambientalismo e dello stile di vita salutare sembra quindi oggi alle prese con una sfida importante. Come gestire una rapida crescita di mercato senza cadere nelle trappole che la produzione standardizzata e la globalizzazione hanno teso in molti altri settori della nostra economia?

Cosa ci dice il carrello della spesa

Relativamente alle dinamiche della spesa alimentare delle famiglie, dopo l’ottima performance del 2020 (più 9,5 per cento) e la battuta d’arresto registrata per la prima volta nel 2021 ( meno 4,6 per cento), il 2022 segnala una ripresa moderata dei consumi bio, che non soddisfa le aspettative degli attori del comparto (3,66 miliardi di euro il mercato domestico di alimenti biologici). Per effetto dell’aumento dei costi di produzione, si riduce l’incidenza delle vendite di bio sulla spesa alimentare complessiva, scendendo al 3,6 per cento dal 3,9 per cento del 2021. Va però segnalato il positivo andamento di alcune categorie merceologiche come, ad esempio, quella delle uova fresche (più 6,8 per cento), dei prodotti ittici (più 3,1 per cento) e delle carni fresche e trasformate (più 3,7 per cento).

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