Impossibile 20 anni fa, oggi forse si potrebbe avere qualche chance in più pur mantenendo la stessa marca e, solo apparentemente, la stessa merendina. Usiamo il condizionale perché l’azienda in questione è usata solamente d’esempio e non direttamente coinvolta. Ma com’è possibile? No, non è stata scoperta nessuna nuova tecnica di masticazione, semplicemente perché i prodotti si rimpiccioliscono, senza alterarne confezione e prezzo. Si chiama shrinkflation ed è il fenomeno che, in un periodo storico in cui si deve fare i conti con il costo della vita e con l’aumento del prezzo degli alimenti, rischia di disorientare gli utenti e di alleggerire ulteriormente le loro tasche. Il neologismo shrinkflation deriva dall’unione di due termini inglesi: il verbo to shrink, ovvero restringere, e il termine inflation cioè inflazione, la crescita generale dei prezzi. In buona sostanza è uno stratagemma usato dai produttori per ridurre la quantità all’interno delle confezioni, mantenendo però il prezzo sostanzialmente invariato. In altri casi, invece, il prezzo della confezione subisce addirittura un aumento a fronte della riduzione del suo contenuto. Un escamotage sicuramente poco trasparente che “sfrutta” la disattenzione di chi osserva con sguardo rapido le tante corsie all’interno degli ipermercati alla ricerca dell’alimento o del detersivo che è solito prendere. Ignaro, però, di trovarsi dinanzi a un raggiro che viene utilizzato per aumentare i prezzi in maniera poco trasparente. Ad aprile il Codacons ha presentato un esposto all’Antitrust e alle Procure della Repubblica dei sette capoluoghi veneti, chiedendo di indagare sul territorio regionale per verificare se tale prassi ha preso piede: «Ai nostri sportelli diffusi capillarmente – sottolinea Marco Locas avvocato di Padova e referente di Codacons Veneto – più di una persona si è rivolta dopo aver notato una diminuzione dei prodotti pagando però lo stesso prezzo. Abbiamo così deciso di intraprendere quella che noi chiamiamo battaglia perché è un’operazione subdola che potrebbe rientrare nel delitto di frode nell’esercizio del commercio. La nostra indicazione è di stare attenti, di perdere anche qualche minuto in più nella scelta del prodotto, esaminando il peso e il costo al chilo laddove è indicato». Lo scorso 5 ottobre Altroconsumo, utilizzando la sua community composta di clienti provenienti da tutta la penisola italiana, ha segnalato le merci che provano a sgambettare gli utenti che solitamente non controllano peso e data di scadenza: troviamo le confezioni del formaggio spalmabile Philadelphia light (passate da 200 a 190 grammi), delle merendine Kinder Brioss (da 280 a 270 grammi), dei biscotti Krumiri Bistefani (da 300 a 290 grammi), del detersivo per i piatti Nielsen (da 1 litro a 900 millilitri) e, attenzione attenzione, i pacchetti di fazzolettini monouso, il cui contenuto in ogni singolo elemento è passato in molti casi da dieci a nove fazzoletti. Secondo l’Istat la shrinkflation si registra nel settore merceologico di zuccheri, dolciumi, confetture, cioccolato, miele, in quello del pane e dei cereali, ma anche bibite, succhi di frutta, latte, come visto, formaggi e creme per il corpo sono le altre categorie su cui è bene monitorare. Non tutte le riduzioni dei formati, però, sono uno svantaggio finale per l’utente: Altroconsumo cita, per esempio, il caso del tonno in scatola, la cui riduzione di peso ha spesso interessato il solo contenuto di olio, mantenendo lo stesso quantitativo di pesce sgocciolato.