Rapporto che tende a essere di uno a cinque se si guarda alla sola città di Padova. Sono, infatti, 90 mila i tesserati praticanti nelle Asd di tutta la provincia e, di questi, 40 mila solo nel capoluogo.
Numeri che forse saranno da rivedere al ribasso dopo la pandemia che ha cambiato le carte in tavola mettendo in ginocchio le Asd che hanno perso tesserati e ridotto i bilanci. Da un lato le famiglie hanno rinunciato allo sport per difficoltà economiche, dall’altro i mesi di lockdown hanno visto il fermo di tutti i corsi di base, vera fonte di guadagno per le associazioni sportive.
«L’Italia è un Paese strano – commenta Dino Ponchio, eletto quest’anno presidente del comitato regionale Coni Veneto – L’anno scorso, in piena pandemia, mentre si imponeva lo stop ai corsi sportivi di base, si autorizzava la pratica agonistica anche giovanile. Senza sapere che, per tutte le società, le gare non sono solo un fiore all’occhiello e un’ottima vetrina per farsi conoscere al grande pubblico, ma sono soprattutto un costo di bilancio. L’attivo delle società sono le rette dei corsi per bambini che, invece, nello stesso periodo sono stati bloccati. La conclusione è che oggi stiamo assistendo alla morte di molte piccole realtà. Come Coni cerchiamo di fare quel che possiamo per aiutarle ma non bisogna dimenticare che noi abbiamo soprattutto il compito di vigilare e non di finanziare».
Tra le principali competenze del Coni, infatti, c’è il dare pareri in linea tecnico-sportiva per i nuovi impianti o quelli in trasformazione; per l’acquisto di attrezzature sportive; per la verifica finale dei lavori finanziati e pareri di conformità alla normativa vigente.
«Il Coni – prosegue Ponchio – non ha soldi per finanziare gli impianti la cui realizzazione è competenza delle pubbliche amministrazione che possono chiedere i finanziamenti al Credito sportivo che eroga mutui a tassi tendenti a zero secondo le indicazioni del Fondo “Sport e periferie” istituito dal Governo per realizzare interventi edilizi per l’impiantistica sportiva, il recupero e la riqualificazione degli impianti esistenti. Credo, però, che al momento non ci sia un problema di mancanza di impianti, anzi direi che ce ne sono a sufficienza».
In Veneto il rapporto è di circa un impianto ogni 380 abitanti stando ai dati del censimento di tutte le strutture sportive (pubbliche e private) fatto nel 2006, grazie a una convenzione siglata tra la Regione e la società Coni servizi. Dal censimento risulta che cinque anni fa in Veneto c’erano oltre 12.100 impianti, di questi 2.416 sul territorio della provincia di Padova e 133 in città. «Il vero nodo è riuscire a riempire questi impianti – spiega il presidente del comitato regionale Coni Veneto – Le associazioni non hanno più soldi e il Coni non può aiutarle economicamente. La riforma dello sport ci ha tolto 400 milioni di euro lasciandocene solo 50 milioni con i quali dobbiamo fare la preparazione olimpica, le Olimpiadi e i progetti come quello dei Centri Coni rivolti ai giovani fra i 5 e i 14 anni che possono così scoprire e praticare tante attività sportive».
Uno sguardo su quello che sta accadendo a livello locale lo fornisce Marco Illotti, presidente della sezione padovana del Csi. Inevitabile l’incidenza della pandemia che si è manifestata in questi 18 mesi sotto vari aspetti: «La voglia di ripartire si sente, la percepiamo dai messaggi delle varie società. Se prendiamo in considerazione il calcio, i dati ci dicono che un quarto delle nostre società non ha più ripreso dopo la chiusura, ma perché il Covid si è fatto sentire nel quotidiano: alcuni nuclei familiari hanno perso i nonni, così più di un genitore-allenatore ha dovuto rinunciare al suo impiego per crescere i propri figli. Sono prudente, però, posso dire che la ferita non è così profonda anche perché come comitato ci siamo attivati per mettere in rete le varie società: molte di loro, non avendo i numeri, si sono unite per continuare ed è un messaggio molto positivo». Ma la pandemia ha “contaminato” anche l’approccio allo sport: sono aumentate, indica Ilotti, le iscrizioni per l’atletica, non solo per l’exploit di Jacobs e Tamberi, ma anche perché i protocolli rigidi anti-contagio hanno “favorito” gli sport individuali e senza contatto. Come il tennis o il tennistavolo.
Nell’ultimo anno, inoltre, per far ripartire “la macchina”, il Coni Veneto ha avviato il progetto “Sport… for Sport” che prevede l’attivazione di cinque sportelli per lo sport: il Servizio impianti sportivi che aiuta coloro che hanno deciso di investire in impiantistica sportiva; lo Sportello gestione Asd, che offre assistenza legale, finanziaria, normativa e assicurativa ai dirigenti; lo Sportello alimentazione, dedicato alla dieta dello sportivo, alla prevenzione dell’obesità giovanile; lo Sportello per seguire gli aspetti legati alla psico-pedagogia dell’età evolutiva e il Centro assistenza per orientare sui finanziamenti pubblici.
La Regione, lo scorso aprile, ha approvato il Piano esecutivo annuale per lo sport 2021 che, per dare maggiore efficacia al sostegno nei confronti del mondo sportivo nell’affrontare gli effetti dell’emergenza sanitaria, prevede di rimodulare gli stanziamenti previsti in bilancio, trasferendo le risorse attualmente disponibili nel capitolo dedicato alle azioni regionali per l’organizzazione di eventi, sul capitolo dedicato alle azioni regionali per la promozione della pratica sportiva. Inoltre, intende attivare le procedure per un bando dedicato a promuovere la pratica sportiva in tutte le sue forme. Il piano esecutivo ha una dotazione finanziaria di 1.840.000 euro, di cui 800 mila euro per la promozione della pratica sportiva e un milione e 40 mila euro per l’impiantistica.