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Mappe | Mappe 03 – L’abitare – dicembre 2021

domenica 12 Dicembre 2021

Tentacoli sporchi. Un settore che fa gola alla mafia e alle criminalità

Rossana Certini
Rossana Certini
collaboratrice

Questo dato tradotto in percentuale evidenzia che ben il 77 per cento delle imprese criminali e mafiose afferisce alla filiera dell’edilizia. Di cosa parliamo in termini economici? Un giro d’affari pari a circa due miliardi di euro di ricavi distribuiti per il 34,8 per cento nel settore edile, per il 13,6 per cento in quello commerciale e per il 12,7 per cento nella sfera immobiliare. A certificare i dati una ricerca realizzata da Antonio Parbonetti, docente del dipartimento di Scienze economiche e aziendali Marco Fanno dell’Università di Padova, e presentata in Consiglio regionale veneto lo scorso maggio.

«In questo momento di grande difficoltà determinato dal Covid-19 – spiega Antonio Parbonetti – la criminalità organizzata ha affinato gli strumenti per penetrare all’interno delle aziende, trasferendo denaro, per esempio, attraverso false fatturazioni, per acquisire imprese in difficoltà. Lo schema è circolare: il traffico di droga genera contante che viene utilizzato per acquisire aziende commerciali che iniziano, così, a comprare prodotti da imprese legate alla criminalità, per poi rivenderli sul mercato. Si realizza così il passaggio da una dimensione illegale a una che si muove nell’ambito di una apparente legalità».

Nella filiera dell’edilizia il meccanismo è identico solo che i beni venduti sono prodotti per i cantieri e manufatti architettonici o ingegneristici: «La criminalità organizzata – prosegue Parbonetti – all’interno delle imprese edili opera in due modi: in alcuni casi usa le attività imprenditoriali come paravento per nascondere quelle illecite come la fatturazione falsa; in altri l’edilizia diventa l’occasione per entrare in contatto con la pubblica amministrazione, accaparrarsi appalti pubblici e migliorare la posizione che la criminalità organizzata ha sul territorio».

A conferma di questo arriva uno studio, appena pubblicato sulla rivista accademica The Journal of Law, Economics & Organization dagli economisti Marco Di Cataldo dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Nicola Mastrorocco del Trinity College di Dublino, che stima come le infiltrazioni criminali nelle amministrazioni pubbliche conducano a un aumento del 14 per cento annuo nella quota di investimenti allocati su edilizia e rifiuti. In pratica i comuni infiltrati dalla criminalità organizzata tendono a dirottare le risorse verso settori di interesse strategico come edilizia e gestione dei rifiuti. La novità della ricerca è, soprattutto, nel fatto che per la prima volta si quantifica dal punto di vista economico l’impatto della collusione tra mafie e pubbliche amministrazione. «Collegando la storia amministrativa, le infiltrazioni conclamate e i bilanci – racconta Marco Di Cataldo – abbiamo dimostrato empiricamente gli effetti della collusione sulle scelte di spesa del governo locale. L’impatto su quelle di investimento non porta necessariamente a un aumento della spesa, ma a una sua ridefinizione, più difficile da identificare. Vediamo l’aumento di impegni di spesa per opere pubbliche di edilizia e gestione dei rifiuti, a discapito generalmente di servizi come trasporto pubblico e illuminazione pubblica».

Quindi un rischio di contaminazione criminale non solo del sistema economico ma anche di quello politico e sociale. Tra i soggetti coinvolti, a volte anche passivi, nell’evoluzione dei fatti di infiltrazione mafiosa giocano un ruolo importante gli imprenditori che possono essere collusi, se entrano in rapporto con la cosca in modo tale da produrre vantaggi per entrambi, o vittime, quando sono soggiogati dall’intimidazione e cedono all’imposizione. E poi ancora il personale che ricopre posizioni decisionali o di coordinamento e controllo; gli intermediari ossia soggetti che studiano, individuano e avvicinano le potenziali vittime e instaurano un rapporto finalizzato a far loro accettare l’offerta illegale, dopo averne verificato la vulnerabilità. E, infine, i componenti della “zona grigia”, tutti coloro, cioè, che appartengono alla sfera economica legale, alla politica, alla pubblica amministrazione e alla società civile che intrattengono interazioni e scambi ripetuti con soggetti mafiosi. Tra i segnali spia c’è da citare la pratica dall’utilizzo del criterio del “massimo ribasso” per l’aggiudicazione degli appalti: «Questo – illustra Paolo Ghiotti, presidente Ance Veneto, l’Associazione nazionale costruttori edili – unito alla complessità e contraddittorietà della normativa sugli appalti pubblici, apre spazi e opportunità nei quali si può infiltrare la componente mafiosa. Il massimo ribasso permette sconti sul prezzo a base di gara che arrivano al 30 per cento senza per questo fornire da parte dell’offerente giustificazione alcuna. La domanda che ci si dovrebbe porre è: ma come fanno le imprese a guadagnare facendo questi sconti?».

Le evidenze processuali ci mostrano come il settore edilizio è quello con la più alta percentuale di manodopera sfruttata ma è anche quello in cui sono spesso collocate maestranze non qualificate o peggio che sopravvivono all’interno dell’impresa pur essendo inefficienti. Infine, collegato all’edilizia c’è, anche, il tema del movimento terra che a sua volta riporta a quello dello smaltimento illecito dei rifiuti: «Per essere chiari – conclude Antonio Parbonetti – si utilizzano i cantieri come luoghi dove interrare i rifiuti che dovrebbero essere smaltiti in altro modo. Di recente, per esempio, in Toscana si è conclusa un’inchiesta che ha messo in luce come rifiuti del settore conciario fossero stati interrati sotto una strada e un quartiere residenziale di ultima costruzione. Questo avviene se all’interno del cantiere le varie ditte che operano sono colluse tra loro».

Da Bonus a malus. cosa si nasconde?

Occhio al Bonus 110 per cento. Il rischio di infiltrazione delle mafie nelle imprese appaltatrici dei lavori è tangibile, il problema è che gli illeciti si evidenzieranno solo dopo la deliberazione e l’approvazione del preventivo di spesa che a quel punto non sarebbe più annullabile. Secondo l’Ance il Bonus 110 per cento ha, anche, provocato aumenti spropositati dei costi dei materiali e del valore dei contratti di appalto. Il presidente dell’Ance, Gabriele Buia, ha spiegato all’agenzia Adnkronos che gli aumenti sono insostenibili: «Per alcuni prodotti come polietilene siamo oltre il 300 per cento, il ferro oltre il 200 per cento». Ma non solo: Ii settore sta vedendo la nascita di imprese improvvisate, attirate dalla possibilità di fare soldi facili grazie agli incentivi e alla pressione dei cittadini.

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