Torna a giorni al suo posto nella parrocchiale di Fiesso d’Artico il dipinto I santi Antonio da Padova e Osvaldo e le anime purganti (1760- 74), olio su tela del veronese Giovanni Faccioli. In passato il dipinto sembra fosse stato restaurato almeno due volte, con l’intervento più recente che risale alla seconda metà del Novecento. Di forma centinata, la tela è realizzata su un supporto tessile composto dalla giunzione di due pezze di tessuto cucite in verticale. È presente un doppio intervento strutturale: la cucitura di un taglio verticale sul manto rosso di sant’Osvaldo, più antico, e una foderatura, un supporto ausiliario incollato a quello originale per ovviare a deformazioni e cadute del film pittorico. La foderatura ha premuto la cucitura del taglio in avanti, deformando il dipinto. Il maggiore fenomeno di degrado riscontrabile era la forte alterazione dei materiali di restauro dei precedenti interventi, che impedivano la corretta lettura della cromia e della volumetria delle figure. Sulla superficie era presente uno spesso strato di sporco di deposizione, ben adeso, composto da polvere e nerofumo. Nel corso dell’intervento sono stati osservati due strati di vernice: il primo relativo all’ultimo restauro, il secondo applicato quando l’opera era già entro la cornice. Ambedue erano fortemente alterati e ingialliti per la foto ossidazione causata dalla luce solare. Nello strato pittorico erano presenti poi numerose piccole lacune, stuccate in passato, che debordavano. Era presente anche uno strato di colla animale, residuo della foderatura, che ingrigiva il colore. Nella parte sommitale sono presenti numerose svelature e vecchie ridipinture alterate fortemente, impresse all’originale dalla foderatura. L’intervento è stato volto al recupero della leggibilità dell’originale attraverso una prima fase di asportazione dei materiali alterati e spuri e la successiva fase di integrazione e ritocco pittorico. La pulitura è stata condotta dopo osservazione dell’opera in luce visibile e con radiazione Uv. L’intervento di integrazione delle lacune è stato eseguito con metodica mimetica su quelle piccole, e differenziata (selezione cromatica) su quelle più ampie, con tecnica acquosa e a vernice dopo la verniciatura. Il ritocco di abrasioni e macchie che si è preferito non asportare è stato effettuato con velature con colori a vernice. È stata quindi riportata alla luce la bella doratura della cornice coprifilo, ricoperta da una sorda pittura a porporina. L’intervento è stato eseguito dal restauratore Paolo Roma della ditta Seres srl nei laboratori di Venezia.
«Ringrazio la famiglia che con la sua offerta – ha affermato il parroco don Massimo Donà – ha permesso il restauro della tela di un altare, quello delle anime, che soprattutto in passato ma anche oggi è oggetto di sentita devozione»