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Rubriche | I Blog/Spirito Anima Corpo - don Federico Giacomin

lunedì 19 Novembre 2018

Giovani “al lavoro”. Signore, insegnaci a discernere!

Il cuore è un guazzabuglio che necessita di un coach, di tempo e di strumenti...

Federico Giacomin

Che dei giovani si prendano il venerdì sera e tutto il sabato per addentrarsi in questo tema, il discernimento, fa riflettere. È la prima esperienza, nata da un tavolo di riflessione della Pastorale giovanile insieme a quella vocazionale e a Villa Immacolata dopo l’esperienza del Sinodo: proporre alcune ore per riflettere, grazie ai passaggi della storia che la Chiesa conosce, sui meccanismi interni che ci portano a scegliere. La prima edizione è stata fatta lo scorso ottobre a Villa Immacolata; la seconda sarà a Crespano nella casa di Santa Maria del Covolo l’1 e 2 marzo.

«Forse era meglio che lo avessi fatto qualche anno fa, prima di scegliere che scuola intraprendere: mi sarebbe servito». «Sono stata contenta per la professionalità con cui ci avete aiutato a entrare nel tema. Non è come quando ci improvvisiamo come animatori che dobbiamo dire delle cose lette! Qui, chi ci parlava, sapeva: per questo abbiamo osato chiedere». «Potevate essere davvero pesanti con tutto questo materiale: ma avete parlato della nostra vita. Di quello che succede nelle nostre scelte affettive, scolastiche, lavorative. I meccanismi sono uguali per tutti, ma come noi agiamo dentro ad essi, questo ci differenzia». Sono solo tre delle venti persone presenti, che si esprimono così. Siamo stati contenti anche per i sei sacerdoti presenti: l’idea è quella di poter “clonare” l’esperienza nel territorio.

Sta di fatto che il discernimento lo fa anche un meccanico quando deve prendere un bullone per la ruota. Ma il discernimento cristiano ha bisogno di un continuo dialogo interiore tra le diverse voci che entrano in noi ed escono da noi. Compresa quella del male. Sono voci interne o esterne. Ma il potere è dato al padrone di casa. Di tenere dentro delle voci o di lasciarne uscire altre. Per cui le due giornate si sono sviluppate tra esercizi di discernimento e apprendimento delle dinamiche interiori. A tutti è stato chiesto di entrare, come dice san Tommaso, dentro allo sguardo del “teologo” che è comprensivo di quattro elementi: i propri sentimenti che ci portano, come piccioni viaggiatori, il nostro stare bene o star male di fronte a quello che si sta vivendo; il ripensamento rispetto al risultato raggiunto, nel senso di domandarsi se l’obiettivo era corretto oppure no; il percorso, se ci ha convinti o meno a raggiungere quell’obiettivo; e le risonanze del contesto fatte di tutte quelle voci che ci vogliono bene. Far dialogare tutte queste voci è la serietà del discernimento. Per arrivare a ciò che ci dà gioia e speranza, contro la tristezza o il timore.

Certo che, come dice il Manzoni, il cuore è un “guazzabuglio”! Ma, come in ogni cosa, anche in questo guazzabuglio si necessita di un coach e di un tempo oltre che di strumenti: la preghiera, i sacramenti, la lettura della Bibbia, la rilettura della propria storia personale in modo oggettivo, la vita ecclesiale. E ci siamo lasciati sperando che qualcuno dei presenti potesse dire: «Mi piace. E mi piacerebbe poter aiutare oltre me stesso, anche altri a conoscere questi meccanismi interiori». Sognare è già sperare. E sperare è un bene che seppur difficile o ancora nel futuro, è possibile raggiungere in quanto è il sentimento che prospetta il cambiamento, e prospetta le vie d’uscita dalla tristezza. Di questo, non solo i giovani hanno di bisogno, ma un po’ tutti! Signore, insegnaci a discernere!

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