Mappe | Mappe 20 - Parità di genere - febbraio 2024
Gli strumenti a contrasto, contro lo sfruttamento non si “tratta”
Dalla pandemia è aumentata la prostituzione indoor
Dalla pandemia è aumentata la prostituzione indoor
Ben lontano dalle sgargianti “luci rosse” che dominano l’immaginario comune, il mondo del sex work, che vede coinvolte principalmente le donne, presenta ancora infinite ombre, soprattutto quando si tratta di individuare le dinamiche della tratta a fini di prostituzione e dello sfruttamento sessuale. In Veneto, il progetto regionale NavigaRe (Network Antitratta Veneto Intersezioni Governance Azioni Regionali) porta avanti attività di contatto e assistenza a sex workers, alle vittime di sfruttamento sessuale, a soggetti che sono coinvolti in economie illegali e matrimoni forzati e, in collaborazione con il progetto Common Ground, anche alle vittime di sfruttamento lavorativo. Dall’ottobre 2022 al dicembre 2023, gli operatori di associazioni e cooperative sul territorio afferenti a NavigaRe hanno raggiunto 2.088 persone, di cui il 76 per cento erano donne cisgender (la cui identità di genere corrisponde al genere e al sesso biologico alla nascita), il 23 per cento persone transessuali e l’1 per cento uomini cis. «Quando parliamo di donne le situazioni con cui maggiormente veniamo a contatto sono quelle dello sfruttamento sessuale sia indoor, cioè nei locali, nelle case, nei centri massaggi, sia outdoor, ossia per strada – spiega Cinzia Bragagnolo, coordinatrice regionale del progetto NavigaRe – Ovviamente le persone che raggiungiamo non sono la totalità di quelle presenti sul territorio, quello è un dato di cui non disponiamo. Inoltre, quante di queste donne siano oggetto di sfruttamento e quante si prostituiscano liberamente è difficile da definire. Un altro fattore da considerare poi è quanto la prostituzione fatta “in libertà” possa essere dettata dalle condizioni e dalle opportunità di queste persone. Bisogna ragionare, nel caso in cui ci si prostituisca per via di condizioni di bisogno, su quanto effettivamente questa scelta sia libera. Su questo si apre un altro capitolo rispetto alle opportunità che vengono offerte alle donne in termini di possibilità di guadagno e di sopravvivenza». Ad aumentare le difficoltà nel contatto che precede la fase di assistenza, inoltre, c’è un trend che ha preso piede durante la pandemia e che si è mantenuto in seguito: l’incremento del numero di coloro che si prostituiscono indoor, 1.541 casi a fronte dei 511 intercettati sulla strada: «Questa tendenza ha reso ancora più vulnerabili questi soggetti, perché ora fanno ancora più fatica a entrare in contatto con qualcuno che non sia interessato alle loro prestazioni, cioè che non siano gli sfruttatori e i clienti» commenta Bragagnolo. I contatti raggiunti nello stesso periodo in collaborazione con il progetto Common Ground invece rivelano delle percentuali ben differenti in termini di genere, con un 81 per cento di uomini e un 19 per cento di donne tra le 1.167 vittime di sfruttamento lavorativo intercettate. La predominanza maschile tra le vittime di sfruttamento lavorativo si spiega anche, secondo Bragagnolo, considerando che «noi raggiungiamo le persone che sono vittime di sfruttamento lavorativo con due modalità: entrando dentro ai luoghi di lavoro insieme agli organi di vigilanza, cioè ispettorati del lavoro e forze dell’ordine, perché loro sono autorizzati e noi invece non possiamo farlo autonomamente, oppure perché le persone si auto-segnalano come vittime. Nello sfruttamento lavorativo incontriamo molti più maschi che femmine perché per quanto riguarda le auto-segnalazioni sono soprattutto gli uomini che chiedono aiuto, inoltre gli obiettivi scelti dagli organi di sorveglianza hanno riguardato principalmente lavori che vedono coinvolta manodopera in maggioranza maschile». Eppure, come precisa Cinzia Bragagnolo «le donne che abbiamo incontrato in questi ambiti vivono una doppia situazione di sfruttamento: molto spesso oltre a quello lavorativo subiscono sfruttamento sessuale, inteso come molestie e richieste di prestazioni da parte dei datori di lavoro e degli altri dipendenti. Quindi, seppur siano meno, le donne che abbiamo intercettato vivono condizioni peggiori rispetto agli uomini». Di fronte a questo panorama complesso e spesso oscuro, gli strumenti messi in campo dal progetto NavigaRe riguardano principalmente, oltre al contatto, i percorsi di fuoriuscita e, quando ciò non è ancora possibile, l’assistenza di prossimità che favorisce l’empowerment, al fine di ridurre le condizioni di vulnerabilità di questi soggetti. «Fare scelte di autodeterminazione come prendersi cura della propria salute, accedere a percorsi di alfabetizzazione o formazione professionale, oppure ottenere un titolo di soggiorno uscendo dalla condizione di irregolarità sono tutte tappe propedeutiche a un avviamento di percorsi completi di fuoriuscita dallo sfruttamento» precisa la coordinatrice regionale. Accanto a queste attività finanziate dai 2.176.000 euro messi a bando dal dipartimento per le Pari opportunità per il 2024, da marzo, i 150 mila euro di cofinanziamento da parte della Regione Veneto, deliberato a fine dicembre 2023 per rafforzare gli interventi di contatto e di emersione delle vittime di sfruttamento sessuale, verranno destinati principalmente ad attività riguardanti l’assistenza sanitaria dei soggetti coinvolti.
Il target 5.2 del Goal dedicato alla parità di genere dell’Agenda 2030 mira a eliminare ogni forma di violenza contro tutte le donne, bambine e ragazze nella sfera pubblica e privata, incluso il traffico a fini di prostituzione, lo sfruttamento sessuale e altri tipi di sfruttamento. In Veneto, tra le 94 nuove persone, provenienti da sedici Nazioni differenti, prese in carico nell’ambito del progetto NavigaRe tra l’ottobre 2022 e il dicembre 2023 il 40 per cento era donna cisgender, il 57 per cento uomo cisgender e il 3 per cento erano persone transessuali. Il 55 per cento era vittima di sfruttamento lavorativo, il 28 per cento di sfruttamento sessuale, il 7 per cento di economie illegali forzate, il 5 per cento era vittima di violenza o di matrimoni forzati. Un altro 5 per cento è rappresentato da potenziali vittime.