Fatti
Sono 169 mila in più rispetto al 2023 le persone straniere residenti in Italia a fine 2024, portando a un totale di 5.422.426 i residenti, il 9,2 per cento della popolazione. Sono mediamente giovani (circa 36 anni), per la maggioranza sono in Italia da più di cinque anni e con un permesso a tempo indeterminato (52,8 per cento) mentre chi ha permesso temporaneo (47,2 per cento) ce l’ha per motivi familiari, (37 punti percentuali), di lavoro (27,4), di protezione (26,9). La riapertura dei flussi per lavoro ha garantito l’ingresso di 40.392 persone. Sono più a rischio di povertà rispetto alla popolazione italiana, “costano” allo Stato 34,5 miliardi di euro ma versano oltre 39,1 miliardi di tasse con un saldo positivo per l’Italia di 4,6 miliardi.
Sono alcuni dei numerosi dati raccolti nel Dossier statistico immigrazione 2025, 35a edizione realizzata dal Centro studi e ricerche Idos, in collaborazione con l’Istituto di studi politici San Pio V e la rivista Confronti, con il sostegno dell’Otto per mille della Tavola Valdese, supportata da numerose strutture pubbliche e private e presentata in tutta Italia in contemporanea il 4 novembre, a Padova nel Polo universitario Beato Pellegrino. Non solo una raccolta aggiornata e ragionata di dati, il dossier propone un’analisi socio-statistica dei movimenti migratori in Italia commentati da esperti che conoscono le dinamiche dei singoli territori regionali. L’obiettivo, nelle intenzioni dei promotori dello studio, è quello di «contribuire a una conoscenza più corretta e puntuale delle migrazioni, utile a decostruirne false percezioni e rappresentazioni distorte, per favorire, nella società civile e tra i decisori politici, atteggiamenti meno ideologici, prassi più aperte e politiche più lungimiranti, oltre che improntate al rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale».
La lettura del rapporto conferma come sia sempre lo squilibrio, soprattutto economico ma anche demografico, tra Nord e Sud del mondo a rappresentare la molla che spinge a partire. L’Unione europea in particolare deve fare i conti con l’invecchiamento e la riduzione della popolazione (saranno 29 milioni in meno gli europei da qui al 2050) e la sua ricchezza, pari al 142 per cento del Pil mondiale, dipende sempre più dalle persone giovani migranti che sono più del 14 per cento della popolazione residente. Un vero paradosso, secondo gli estensori del dossier: «L’Europa ha bisogno di giovani e di manodopera (ben tre quarti delle imprese faticano a trovare lavoratori), ma pratica respingimenti, esternalizzazioni, detenzioni alle frontiere. Subisce il “trumpismo americano”, ma ne richiama i metodi, istituzionalizzando l’esclusione con meno clamore, ma con analoga durezza». E per respingere i migranti, gli Stati europei fanno fare il lavoro sporco a Paesi terzi, Turchia, Egitto, Tunisia, senza dare peso ai metodi utilizzati per ridurre le partenze.
«In Veneto assistiamo a un piccolo rallentamento della crescita della popolazione straniera (6.326 persone in più rispetto al 2023), una tendenza che colloca la Regione all’ultimo posto per incremento percentuale – spiega Gianfranco Bonesso del Centro studi Idos che ha curato insieme ad altri il dossier per la parte relativa alla nostra Regione che resta al quarto posto per numero di stranieri residenti – Due le ragioni principali: anche gli immigrati fanno meno figli e i passaggi di cittadinanza. I flussi in ingresso sono deboli, in progresso rispetto a quelli post crisi del 2010, ma ancora lontani da quelli pre-crisi». Le persone immigrate nella Regione sono 507.487, il 10,5 per cento dei residenti, un dato che si è stabilizzato negli ultimi anni e che non include quanti nel corso del 2024 hanno acquisito la cittadinanza. Gli stranieri che scelgono il Veneto lo ringiovaniscono: l’età media è di poco superiore ai 36 anni e prevale la fascia compresa tra i 30 e i 44 anni. E lavorano stabilmente: un occupato su otto in Veneto è straniero, in totale 272.400 persone occupate (diecimila in più rispetto all’anno precedente), svolgendo in particolare mansioni manuali specializzate (41,7 per cento rispetto al 15,2 degli italiani). Cresce meno l’occupazione femminile. «Tra le nazionalità presenti in Vento abbiamo molte conferme – un quarto degli stranieri sono rumeni, poi cittadini da Marocco (9), Cina (7,3), Albania (6,3), Moldova (5,2) – e alcune novità come l’incremento delle persone dal Bangladesh (più 9,6) che scelgono soprattutto Venezia e Mestre e dall’Ucraina (9)». Bonesso, tuttavia, mette in evidenza una criticità tutta veneta: «I progetti di accoglienza considerati più efficienti sono i Sai (Sistema accoglienza integrazione) promossi dai Comuni in collaborazione con il Ministero dell’interno ma nella Regione i posti sono molto limitati, 821 al 30 giugno 2025, e siamo al 15° posto tra le Regioni perché c’è scarsa adesione dei Comuni ai bandi ministeriali. Sono progetti che richiedono attenzione e impegno, non fondi, e non hanno colore politico tanto che ci sono in amministrazioni di diverso orientamento, ma prevalgono i timori. Con il risultato che la maggior parte delle persone finisce nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) che non garantiscono gli stessi servizi e quindi non agevolano l’integrazione».
Risulta stabile la ripartizione degli stranieri per province. Dopo Verona (22,1 per cento dei residenti stranieri in Regione), ci sono Padova (19,4), Treviso (18), Venezia (17,8), Vicenza (15,8), mentre rimane bassa Rovigo (4,3) e Belluno (2,6). Nelle scuole venete sono rappresentate ben 156 diverse nazionalità anche se la metà dei 100.142 stranieri nelle aule è di provenienza europea (49.462) e rappresentano il 15,5 per cento della popolazione scolastica. Prevalgono rumeni (20.998) marocchini (13.380), albanesi (8.765), moldavi (6.826) e cinesi (6.648). Ci sono anche 109 alunni dalla Siria per ragioni umanitarie. Negli ultimi dieci anni la popolazione studentesca veneta è calata del 9,7 per cento mentre gli studenti stranieri sono aumentati del 7,8, uno su tre dei quali nato in Italia. Gli iscritti stranieri ai quattro atenei veneti sono 11.112 (il 9,2 per cento del totale) e sono per il 62,5 donne).
Se il 16,9 per cento della popolazione mondiale che vive nel Nord del mondo possiede il 44 per cento della ricchezza (con un reddito annuo medio di 62.800 dollari) e l’83,1 per cento della popolazione concentrata nel Sud del mondo deve dividersi il 56 per cento della ricchezza restante (15.800 dollari di reddito annuo), non stupisce che «questa frattura spinga milioni di persone a cercare altrove opportunità e dignità» evidenziano i curatori del dossier. L’Europa (100 milioni), l’Asia (85 milioni) e Nord America (79 milioni) attirano la maggior parte dei 304 milioni di migranti internazionali.
Uno dei problemi più gravi per uno straniero in Italia è la casa (bassi redditi, carenza di alloggi disponibili, diffidenza diffusa) che porta spesso al fallimento dei progetti autonomia e integrazione. Solo il 20,7 per cento abita in case di proprietà. Secondo l’Istituto scenari immobiliari, circa un milione di potenziali acquirenti stranieri ha un reddito sufficiente a sostenere un mutuo mensile di 500-700 euro, ma non acquistano perché non hanno sufficienti garanzie da presentare alle banche.