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Rubriche | I Blog/La mano alzata - Stefano Bertin

domenica 8 Dicembre 2019

Guardando al genitore Geppetto. La perseveranza semina nel cuore

Passate le intemperanze, i genitori sanno che i loro figli troveranno la strada

Stefano Bertin

Il libro di Pinocchio di Carlo Collodi è da sempre una certezza. Una risorsa segreta che ogni docente d’italiano conosce e che diventa davvero preziosa quando i testi dell’antologia riescono a far nascere soltanto sguardi spenti e sbadigli. E così mi ritrovo in aula, con 28 maschietti adolescenti, a viaggiare spericolato tra le avventure di un burattino, che forse come pochi riesce a dar voce a quella stagione della vita, dove «senti di poter esser tutto e ancora non sei nulla».

È davvero curioso come ogni nuova generazione si specchi in questo testo e ci intraveda qualcosa di originale, quasi fosse stato scritto proprio per lei. Da quanto gli studenti scrivono nei loro testi, infatti, emergono molte suggestioni interessanti, ma una mi colpisce particolarmente. Escluso il protagonista di legno, il personaggio più gettonato da questo campione di post-millennials risulta, di gran lunga, Geppetto. Questo genitore, molto particolare, ha conquistato la maggioranza dei voti, non tanto grazie alle sue modeste doti naturali, quanto per la sua perseveranza. Il suo punto di forza, infatti, sta nel saper stare sempre vicino, con il suo cuore grande e le sue debolezze, al proprio figliolo, pronto a offrigli continuamente una nuova possibilità. Anche a costo di finire in prigione o in bocca ad un pescecane. Non è una perseveranza a buon mercato, visto che è messa a dura prova dalle bugie e disobbedienze di Pinocchio, ma anche dalle maligne chiacchiere della gente, che spargono il dubbio sulla sua capacità paterne. 

Ripongo nel cassetto i testi dei ragazzi e mi preparo all’intenso pomeriggio: ricevimento generale. Più di tre ore di colloquio con quasi quaranta genitori. Mentre li accolgo e dialogo sull’andamento scolastico dei rispettivi figli, mi accorgo di cercare nel loro volto, senza volere, i tratti di Geppetto. E come il genitore del libro, chi mi sta di fronte non presenta caratteristiche speciali e a volte non riesce a contenere le sue fragilità. Sono uno differente dall’altro, eppure hanno tutti in comune il forte attaccamento al loro “Pinocchio”. Il più delle volte questo attaccamento non impedisce loro di vedere in modo oggettivo quando la situazione del figlio sia problematica, ma li porta comunque a testimoniare, a se stessi e agli altri, che in lui c’è “un di più”, che prima o poi si manifesterà. Bisogna avere un po’ di pazienza e attendere.

Dinanzi a questa fedeltà e fiducia incondizionata non riesco a trattenere un moto di gioiosa ammirazione e riconoscenza. Questi Geppetto d’oggi sanno che, passate le intemperanze adolescenziali e le inevitabili delusioni per aver dato ascolto al Gatto e alla Volpe, ogni ragazzo troverà un giorno la sua strada, guidato da quanto la perseveranza di chi gli ha voluto bene ha seminato nel suo cuore. Lo sanno e forse lo potrebbero anche insegnare al nostro mondo, popolato di adulti convinti d’esser nati imparati. Se solo imparassimo a guardarli con simpatia e a ringraziarli, invece di limitarci a dar loro solo consigli e giudizi educativi.

In fondo, in questo tempo dove si pretende di misurare ogni azione in base alla convenienza o al livello di realizzazione individuale, diventa davvero eversiva la scelta di chi mette al mondo un’altra persona e si prende cura di lei. Al di là del grado di consapevolezza, resta un gesto gratuito che mette al centro l’altro e impone una profonda revisione delle priorità personali. È un tesoro che va riconosciuto e ben custodito, dal momento che oggi non è per niente scontato.

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