“Conosciamo da anni le nove persone rapite. Sono carissimi amici perché anche noi ci occupiamo di bambini disabili. Haiti è in una situazione terribile, è un Paese allo sfascio e in caduta libera”. Maddalena Boschetti è tra i pochissimi missionari italiani rimasta ancora ad Haiti, dove vive da quasi 24 anni. Dal 2008 è a Mare-Rouge, nel comune di Môle Saint-Nicolas, nelle zone rurali del nord ovest, dove aiuta bambini malati, con disabilità e famiglie in situazione di vulnerabilità. La capitale Port-au-Prince è completamente in mano alle bande armate, che non si fermano davanti a nulla e comandano con violenza e rapimenti. L’ultimo gravissimo episodio è accaduto domenica 3 agosto presso l’orfanotrofio Sainte-Hélène de Kenscoff a sud-est della città. Sono state rapite nove persone, tra cui una missionaria irlandese che vive ad Haiti da oltre 30 anni e un bambino disabile. L’Unione europea e le autorità irlandesi stanno intrattenendo una trattativa top secret per la liberazione dei rapiti. Domenica 10 agosto Papa Leone XIV ha rivolto “un accorato appello a tutti i responsabili affinché gli ostaggi siano liberati immediatamente”, chiedendo il “sostegno concreto della comunità internazionale per creare le condizioni sociali e istituzionali che permettano agli haitiani di vivere in pace”.
“È la prima volta che Papa Leone parla di Haiti – commenta al Sir Maddalena Boschetti, consacrata camilliana laica -. Come accadeva con Papa Francesco, che ci aveva nel cuore. La voce del Papa ci fa sentire conosciuti, non invisibili, capiti dalla nostra Chiesa. Nessuno vede Haiti, quindi la parola del Papa svela la drammaticità di una situazione che vogliono tenere nascosta.
Solo il Papa ha il coraggio di togliere il velo su certe situazioni e dire la verità, mettendosi al fianco dei più sofferenti per non farli sentire soli. È l’unica luce in questo momento di buio”.
La missionaria irlandese rapita il 3 agosto aveva già subito episodi di violenza nella stessa casa alcuni anni fa. Ora è stata prelevata insieme ad un bimbo con disabilità ed altri operatori. “La famiglia e le autorità stanno cercando di essere per garantire il buon risultato delle trattative in corso – rivela Boschetti -. Ma tutti hanno chiesto di tacere sui media. Stiamo rispettando questa esigenza, pregando e aspettando la buona notizia della liberazione.
Siamo positivi e abbiamo nel cuore la certezza della loro liberazione ma al tempo stesso proviamo sofferenza per la loro prigionia.
Speriamo che il Signore dia loro forza per attraversare questi giorni”. Nei giorni scorsi l’arcidiocesi di Port-au-Prince aveva condannato questo atto “ignominioso”, espressione di un “collasso morale” che investe l’intera società haitiana.
Ad Haiti sono rimasti solo due missionari italiani, perché vivono in zone molto periferiche, nell’estremo nord ovest e sud ovest del Paese, dove è più difficile arrivare. “In capitale la presenza degli stranieri non è più possibile – spiega -.
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È una violenza continua, il Paese continua a precipitare in caduta libera.
Nella degenerazione Haiti è campione in tutto: fame, violenza contro bambini e donne, mortalità infantile”.
Nonostante sia l’unica straniera Maddalena è perfettamente integrata: vive con una famiglia haitiana, “in uno scambio di doni e cuori. C’è una meravigliosa relazione che testimonia integrazione tra haitiani e stranieri, rarissima nel Paese. Non mi vedono più come straniera. Le famiglie dei bambini disabili sono la comunità che il Signore mi ha donato e nella quale sto crescendo umanamente e nella fede”. “Lavoriamo per l’integrazione e l’inclusione dei disabili fisici e intellettivi attraverso la formazione professionale, l’educazione speciale, la fisioterapia – spiega -. Siamo vicini a tutte le fasce più vulnerabili perché la gente non ha mezzi per nutrirsi a sufficienza, andare in ospedale, mandare i figli a scuola”. La missione è sostenuta dai padri camilliani italiani, specialmente quelli di Torino, per “essere un segno visibile di presenza e speranza”. Il centro di riabilitazione e di educazione speciale sede dell’associazione Aksyon Gasmy è stato costruito con fondi dell’otto per mille della Cei.
In situazioni così drammatiche e pericolose, confida, “il missionario si mette a disposizione del Signore con la sua presenza.
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Non possiamo cambiare una situazione così grave ma possiamo portare un segno di cambiamento e di bene dove operiamo.
Soprattutto essere più capaci di gesti di solidarietà, perché sia un posto umano per vivere, a differenza di tutto il resto, dove regna una anarchia maligna”. “Il missionario – prosegue – è messo davanti alla sua vocazione ogni giorno. Nulla è facile, nulla è garantito. Non solo a causa della violenza ma anche della durezza della vita legata alle situazioni estreme che viviamo. Le persone chiedono di essere riconosciute come persone, perché si rischia di banalizzare la vita. C’è difficoltà a credere che questa solidarietà e bene sia possibile. Noi siamo qui per dire che l’essere umano ha valore, che il bene c’è e vince”.
Intanto la situazione politica promette una stabilità che sembra ancora un miraggio. Il governo haitiano ha annunciato sabato scorso lo stato di emergenza di tre mesi nel centro del Paese a causa della recrudescenza delle violenze. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo ha accertato oltre 1.000 persone uccise tra ottobre 2024 e giugno 2025. Almeno 239.000 persone sono dovute sfollare a causa della violenza. Il 7 febbraio 2026 ci saranno le elezioni e dallo scorso anno c’è un Consiglio presidenziale di transizione i cui membri, rappresentanti dei vari settori della società, ogni 5 mesi si alternano alla testa del governo provvisorio. L’attuale presidente Laurent Saint-Cyr è l’ultimo che farà il tentativo di stabilizzare il Paese prima delle elezioni. “Ma la situazione è andata solo degenerando – conclude la missionaria -. Quindi nessuno ha fiducia che nei prossimi mesi il Paese allo sfascio si trasformi. Le bande sono ancora più forti: non hanno preso solo la capitale ma anche il centro del Paese e non c’è nessun segnale di un possibile ritiro. È solo ipocrisia dire che c’è maggiore potere da parte delle istituzioni”.