Skip to content
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
logo
  • Ultimi Articoli
  • Sezioni
    • Chiesa
    • Idee
    • Fatti
    • Mosaico
    • Storie
  • Regionali 2025
  • Rubriche
  • Speciali
  • Mappe
  • EVENTI
  • Scrivici
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
Area riservata

Chiesa IconChiesa | In dialogo con la Parola

mercoledì 15 Gennaio 2014

II Domenica del tempo ordinario * 19 gennaio 2014

Giovanni 1, 29-34

Redazione
Redazione

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Indice

L’indice puntato: l’artista Luciano Bartoli ha rappresentato Giovanni Battista nelle vetrate della chiesa di Tencarola (Padova) con il braccio e la mano stesi e l’indice puntato verso l’altra vetrata della facciata, dove in rosso acceso è raffigurato il Cristo Risorto. Giovanni compie se stesso andando oltre se stesso: non orbita attorno a sé, a causa di un ego ingombrante, come capita talvolta a noi, satelliti inchiavardati al proprio ombelico, perfetti figli di un tempo che tende a esaltare il singolo, sganciato da tutto. Questo dice chi è il Battista. E chi è Gesù di Nazaret?

È quell’agnello, narrato dal libro dell’Esodo, il cui sangue apposto agli stipiti delle porte, è salvezza dalla morte e invito a quel cammino mai concluso che si chiama libertà. Un popolo intero si mise in marcia per conquistare il dono della libertà, dopo essersi in fretta nutrito di agnello, erbe amare e pane non lievitato. Così noi in ogni eucaristia, spinti dalla tenerezza potente di Dio, mettiamo impegno per far divenire realtà quello che ci è stato conquistato da Gesù e che non è mai del tutto compiuto: la libertà di amare.

«Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Isaia 53,6s). Il Battista proclama l’agnello che si fa carico e porta su di sé il peccato del mondo: alla violenza contrappone la mitezza; al rancore risponde con il perdono. Quanta gente ai nostri giorni è prontissima al vittimismo, a denunciare ai quattro venti di essere vittima di una qualche forma di ingiustizia. Che tentazione il vittimismo, come risvolto emblematico e in qualche modo “necessario” del pensarsi come centro dell’universo. L’agnello di Dio, il Figlio di Dio, non ragiona sul piano della colpa e del colpevole, salta di livello, non dà forza al male opponendosi di forza e di petto al male stesso. Se Giovanni immergeva in acqua, che al massimo lava l’esterno (ed è espressione della forza della volontà, apprezzabilissima per altro), Gesù immerge-battezza in Spirito santo per ricreare l’essere umano dall’interno.

È l’Apocalisse il libro biblico in cui di gran lunga si nomina più volte l’agnello, quell’Apocalisse attribuita a san Giovanni, come il brano evangelico di questa domenica. «Essi (i dieci re asserviti al male, ndr) combatteranno contro l’Agnello, ma l’Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re; quelli che stanno con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli» (Ap 17,14). L’agnello toglie via, estirpa il male. «Chiamati fin dal seno materno», come ricorda Isaia nella prima lettura; «santi per chiamata» come attesta san Paolo nella seconda lettura, non ci perdiamo d’animo nel buon combattimento della fede, perché, al di là delle apparenze e dei profeti di sventura, la storia non è destinata a soccombere sotto il peso del male. Quando ci sentiamo in scacco, quando la misura della cattiveria umana sembra colma o in noi stessi – al di là di ogni impegno – il male riappare come una gramigna infestante, nutriamo la certezza che il Signore ha già vinto e la forza della resurrezione cova sotto le ceneri. La nostra fatica è divenire sempre più consapevoli e partecipi della sua vittoria d’amore, che rigenera e trasfigura il cosmo. Come il Battista ha visto e testimoniato, così noi abbiamo davanti trentatré domeniche del tempo ordinario per comprendere e testimoniare chi è Gesù di Nazaret e come la sua grazia, anche per tramite nostro, è «luce delle nazioni e salvezza fino all’estremità della terra» (cfr prima lettura). Le prime parole con cui san Paolo saluta i cristiani cantano la pace e la grazia, doni di Dio che allietano la chiesa non come possesso da difendere ma come invito a condividere, con tutte le persone di buona volontà, che non mancano.

Insuccesso

«Io ho risposto: invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Nella redazione liturgica manca proprio questo versetto, il quarto, del capitolo 49 di Isaia: a Dio che promette di manifestare la sua gloria sul servo fedele, costui risponde schiettamente riconoscendo l’insuccesso con il manipolo di esuli di ritorno dall’esilio babilonese. Ed esattamente a partire da quello smacco il Signore rilancia promettendo che il suo eletto sarà luce fino all’estremità della terra, non solo per uno pugno di sfiduciati rientrati a Gerusalemme.Tante persone attive in pastorale ben conoscono il sapore amaro dell’impegno apparentemente infruttuoso, della sgradevolissima sensazione di girare a vuoto. Anziché deprimersi o autocommiserarsi, invece di lanciare invettive contro un tempo in cui le persone sarebbero lontane da Dio, insensibili, la sfida è di spogliarsi di attese per contemplare il Dio d’amore, l’Unico Necessario.«O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario, o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita, per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo» (Paolo VI).

Ultimi articoli della categoria

Santissima Trinità *Domenica 15 giugno 2025

mercoledì 11 Giugno 2025

Santissima Trinità *Domenica 15 giugno 2025

Solennità di Pentecoste *Domenica 8 giugno 2025

mercoledì 11 Giugno 2025

Solennità di Pentecoste *Domenica 8 giugno 2025

Ascensione del Signore *Domenica 1 giugno 2025

mercoledì 11 Giugno 2025

Ascensione del Signore *Domenica 1 giugno 2025

Condividi su
Link copiato negli appunti
Logo La Difesa del Popolo
  • Chi siamo
  • Privacy
  • Amministrazione trasparente
  • Scrivici

La Difesa srl - P.iva 05125420280
La Difesa del Popolo percepisce i contributi pubblici all'editoria.
La Difesa del Popolo, tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) ha aderito allo IAP (Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
La Difesa del Popolo è una testata registrata presso il Tribunale di Padova decreto del 15 giugno 1950 al n. 37 del registro periodici.