Mosaico
Il clima sferza l’agricoltura padovana
Le conseguenze delle piogge e degli allagamenti primaverili non sono ancora quantificate ma si parla di milioni di euro
Le conseguenze delle piogge e degli allagamenti primaverili non sono ancora quantificate ma si parla di milioni di euro
Sono continuate fino alla scorsa settimana le sferzate del maltempo nel Veneto e in provincia di Padova. Se in qualche annata la principale preoccupazione del periodo primaverile erano state le gelate oppure la grande siccità, quest’anno di acqua ne è caduta fin troppa. A fare danni sono state in particolare le alluvioni, per fortuna localizzate, dovute tanto alle “bombe d’acqua” quanto all’attivazione delle idrovore per preservare i centri abitati. Quali sono state le reali conseguenze di tutto questo nelle campagne della Bassa Padovana, dove decine di migliaia gli ettari di terreni agricoli sono finiti sott’acqua? «Il maltempo c’è stato fin da aprile, ma sono state le piogge di metà maggio a causare i danni maggiori», spiega Massimo Bressan, vicepresidente di Coldiretti Padova ma soprattutto agricoltore, a Borgo Veneto, che ha subìto in prima persona allagamenti e danni da maltempo. Bressan racconta come la criticità maggiore sia dovuta non tanto alla pioggia quanto al ristagno dell’acqua, in un periodo delicato come quello primaverile a campi già seminati. «Vi sono zone – rivela – dove l’acqua è ristagnata anche per otto giorni. In quelle condizioni molte colture non riescono a sopravvivere. Dove l’acqua si è fermata il mais, ma anche bietole e vari cereali, sono morti». Qualcuno ha dovuto riseminare, altri non l’hanno fatto: «Non ne valeva la pena – continua Bressan – visto che spostare anche di quindici giorni la semina, ovvero il tempo che i campi si asciughino e si possa tornare a lavorarli con i macchinari, potrebbe voler dire arrivare sul mercato nel momento in cui il prodotto ha un prezzo più basso, oppure è meno richiesto. Il nuovo prodotto potrebbe arrivare tutto assieme oppure scarseggiare, chi lo sa? Qualcuno ha ripiegato sulla semina di soia. Meglio sembra essere andata alle orticole: si sono salvate e sembrano a posto, ma sarà l’arrivo del caldo la prova per capire quanto si sono indebolite». Formulare delle stime in questi casi è sempre difficile perché i fattori da considerare sono numerosi, ma l’ordine dei danni è di milioni di euro. Per questi eventi sono spesso previsti dei ristori governativi, ma arriveranno dopo iter burocratici lunghi e comunque in misura insufficiente. Una protezione potrebbero essere le assicurazioni? «Sì, ma oggi è sempre più difficile trovare chi sia disposto ad assicurare per rischi come quello della grandine. Non tutti ci sono riusciti. E i costi sono in decisa crescita». Cosa fare? Se per eventi traumatici come gelate e grandinate si può fare poco, per evitare le inondazioni andrebbero realizzati gli appositi bacini previsti già dal piano regionale. «Ne mancano ancora una ventina – sottolinea Bressan – sono stati realizzati quelli più urgenti, che ad esempio hanno permesso di salvare una città come Vicenza, ma ora attendiamo anche tutti quelli previsti per le zone rurali».