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Rubriche | Lettera 35 - Cronache da un'economia umana

venerdì 25 Settembre 2020

Il conto salato di un nuovo lockdown

Cosa ci dice la Francia, alle prese con una nuova serrata di bar e ristoranti, sull'autunno che verrà?

Gianluca Salmaso

L’arrivo dell’autunno è coinciso quest’anno con due notizie antitetiche: da un lato Standard & Poor’s ha certificato come la ripresa europea ed italiana dopo la pandemia saranno migliori delle attese, dall’altro la Francia ha annunciato un ritorno parziale alla quarantena ribadendo come l’emergenza sia tutt’altro che dietro le spalle.

«L’addition est salée!» Il conto del lockdown è salato, scandiscono i ristoratori marsigliesi.

La Francia è nel pieno della seconda ondata della pandemia: in 24 ore si sono registrati oltre 16 mila contagi da coronavirus. Numeri allarmanti che hanno spinto l’esecutivo a varare la cosiddetta zona scarlatta: un nuovo standard di allerta rafforzata già esteso ad un grande centro come Marsiglia.

Chiusi di nuovo ristoranti e bar

Avevano riaperto solo lo scorso giugno i locali pubblici francesi e ora si trovano di fronte ad una nuova serrata. 

La protesta dei ristoratori è montata coinvolgendo anche chef stellati del calibro di Philippe Etchebest, l’Antonino Cannavacciuolo d’Oltralpe divenuto famoso grazie all’edizione locale del programma televisivo Cucine da incubo.

«La coupe est pleine — la misura è colma, dichiara il ristoratore Patrick Labourrasse al quotidiano francese Le Figaro — ci stavamo riprendendo. Io non voglio altri aiuti, solo mi lascino lavorare».

Se Marsiglia piange Parigi non ride: bar e bistrot sono obbligati ad abbassare le serrande alle 22 per evitare assembramenti e a nulla sono valse le resistenze della sindaca della capitale, la socialista Anne Hidalgo, preoccupata dall’impatto economico delle misure.

Salute ed economia

«Bisogna smetterla — ha dichiarato lo chef a Le Figaro Philippe Etchebest, qui ripreso dal Foglio — di stigmatizzare il nostro mestiere. Siamo i garanti del rispetto delle misure: le persone arrivano con le mascherine, mettono il gel, c’è il distanziamento sociale. Quando si alzano, chiediamo loro di indossare la mascherina. C’è una vera sicurezza nei nostri ristoranti. Perché si autorizza una manifestazione con mille persone? Io ho un ristorante con ottanta coperti. Ora, ne ho solo cinquanta a causa del distanziamento fisico. Allora, perché dovrei chiudere?».

La Francia si trova, prima fra tutti i grandi paesi, ad affrontare una seconda violenta ondata di coronavirus con le stesse armi con cui ha resistito alla prima: prevenzione, distanziamento e confinamento.

Se però nella prima fase la popolazione si è dimostrata mediamente unita e compatta nel rispetto delle misure di lockdown, le pur legittime proteste dei ristoratori segnano una spaccatura nel fronte nient’affatto trascurabile. Non siamo ancora alle prese con i negazionismi già ben conosciuti alle nostre latitudini ma forse è solo questione di tempo.

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