Fatti
Il disegno di legge di bilancio, teoricamente varato del Consiglio dei ministri lo scorso 17 ottobre, ha preso finalmente forma ed è approdato in Parlamento con i bolli della Ragioneria generale dello Stato e la firma del presidente della Repubblica che ne autorizza la presentazione. Il dibattito si sposta ora tra Palazzo Madama e Montecitorio. Si comincia dal primo edificio perché quest’anno tocca al Senato avviare l’iter e non è un’annotazione marginale poiché ormai soltanto uno dei rami del Parlamento riesce a discutere nel merito il più importante atto legislativo della Repubblica. Ai deputati toccherà quasi certamente una mera conferma di quanto licenziato dai senatori, magari sotto forma di un maxiemendamento. Questo dice l’esperienza degli ultimi anni e sarebbe una gradita sorpresa essere smentiti.
Fermo restando che il ddl subirà certamente modifiche e integrazioni (ed è sacrosanto che il Parlamento possa intervenire sull’articolato, purché lo faccia con criterio…), dopo la confusione iniziale adesso si ha per le mani un testo di partenza che ha il crisma dell’ufficialità. Si compone di 154 articoli contro i 137 del testo uscito in prima battuta dal Consiglio dei ministri. Tra i punti principali spiccano quelli che riguardano il sistema previdenziale. Le pensioni sono un tema cruciale per tutti i Paesi industrializzati (basti pensare a quanto è successo in Francia con l’altalena dei governi) e lo sono in modo speciale per il nostro che è alle prese con un calo demografico che non accenna ad arrestarsi, come hanno confermato i recenti dati Istat. Il paradosso è che per far quadrare i conti, le forze politiche più energicamente schierate, in passato, per la riduzione dell’età pensionabile, si trovano ora a compiere scelte di segno completamente opposto. Benvenuti, ha dichiarato con comprensibile ironia l’ex-ministra Elsa Fornero, additata come la causa di tutti i mali per aver aumentato l’età pensionabile all’epoca del governo Monti. Ora anche l’attuale maggioranza si trova a fare i conti con una popolazione sempre più anziana e risorse sempre più scarse. Nella nuova legge di bilancio scompaiono Opzione donna e Quota 103, resta soltanto l’Ape sociale per alcune categorie svantaggiate. Ma soprattutto aumenta l’età pensionabile. Non è stato infatti possibile disinnescare l’adeguamento automatico all’aspettativa di vita, uno dei capisaldi della riforma Fornero. Sarebbe costato troppo: 3,3 miliardi nel 2027, 4,7 nel 2028. Così dal primo gennaio 2027 l’età pensionabile aumenterà di un mese e di altri due mesi a inizio 2028. Il problema fondamentale della materia pensionistica è che ogni intervento si moltiplica nel tempo ed è questo che la rende così ostica al ceto politico, molto più a suo agio con bonus e misure spot. Figurarsi se si trova qualcuno disposto a spendersi, al di là delle dichiarazioni di principio, per fronteggiare il fenomeno più critico in prospettiva, quello delle future pensioni dei giovani. Una questione che oggi non porta voti – gli stessi giovani hanno altro per la testa – e richiede quella capacità di visione che hanno soltanto i grandi statisti.