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Rubriche | I Blog/Il mio campanile... il mondo - don Elia Ferro

mercoledì 9 Maggio 2018

Il vangelo non si annuncia stando “in poltrona”

La chiesa, fin dalle sue origini, si è occupata di accogliere i migranti. Che sono anche nel suo avvenire! Con un certo stile

Redazione
Redazione

Perché occuparsi tanto dei migranti? – ci si chiede. Perché non fermarsi ai più precari, alle urgenze, ai… disperati? Perché essere attenti a chi sbarca, ma anche a chi si sente provvisorio, di passaggio, in prestito, sulla corda, in bilico? Intanto perché la vita ci ha insegnato che è l’altro che contribuisce a formare la nostra personalità, la nostra storia, il nostro mondo. Ma anche perché lo straniero che viene da lontano, che è inaspettato e imprevisto, schiude a orizzonti più ampi. Sono in gioco i sentimenti di accoglienza, di pietà, di compassione, di generosità ma anche l’impulso all’apertura e alla disponibilità ad allagare la tenda, a fare spazio alla novità, ad andare oltre.

È questione di intelligenza, di cuore, di speranza, di coraggio, di prospettiva: guardarsi attorno con empatia, dal vicino di casa alla “fine del mondo”; guardare indietro per vedere il cammino percorso e la direzione da proseguire; guardare oltre una spanna. Per non parlare del guardare in alto o dall’Alto questa «aiuola che ci fa tanto feroci», come dice Dante.

I migranti saranno anche scomodi, ma schiudono abitudini, intelligenze, cuori e futuro di ognuno. Sono dei rivelatori di come va il mondo con le sue disuguaglianze, con le sue guerre combattute o con le armi o con l’economia. Sono spesso tra coloro che sperimentano per primi la crisi, il meticciamento, le situazioni inedite: fanno da apripista con tutte le possibilità e gli affanni che questo comporta. Ricordano a tutti che il viaggio geografico è simbolo del cammino ineludibile di ogni vita.

Fin dalle sue origini la Chiesa si è occupata dell’accoglienza, assistenza e accompagnamento della gente in mobilità, siano essi pellegrini, esuli, profughi, residenti in paesi stranieri, migranti in genere… Sono gli ebrei emigrati a diffondere il cristianesimo nei paesi vicini.

L’avvenire anche nella chiesa è segnato anche dall’emigrazione: pare che il numero dei cattolici in Giappone sia aumentato soprattutto per effetto dei numerosi rimpatri dei discendenti di emigrati divenuti cristiani in America Latina.Lo ricorda anche papa Francesco parlando sugli Atti degli apostoli: «Dopo il martirio di Stefano, a Gerusalemme scoppiò una grande persecuzione per i cristiani e i discepoli si dispersero un po’ dappertutto, in Giudea, in Samaria. Ma proprio quel vento di persecuzione ha spinto i discepoli ad andare “oltre”. Come fa il vento con i semi delle piante, li porta oltre e semina, così è successo all’inizio: essi sono andati oltre e hanno seminato la Parola di Dio. Così evangelizza il Signore. Così vuole il Signore che evangelizziamo». Infatti i primi missionari sono state delle persone e delle comunità migranti.

Papa Francesco aggiunge che non esiste un’evangelizzazione “da poltrona” ma la vicinanza, l’accostarsi, il partire dalla situazione sotto la forza dello Spirito. L’evangelizzazione inizia con un corpo a corpo, da persona a persona e schiude alla scoperta, all’annuncio con la vita, con l’esempio e con la parola.

Ecco cosa muove ad alzarsi, ad accostarsi, a partire dalle situazioni: la compassione, l’intelligenza e lo Spirito.

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