Fatti
Si è da poco conclusa la quinta edizione di “Operazione fiumi-Esplorare per custodire”, la campagna itinerante di Legambiente Veneto che, con il supporto di Arpav, è andata alla ricerca di batteri e inquinanti in ben 12 fiumi della regione: Po, Canalbianco, Brenta, Piovego, Brentella, Bacchiglione, Retrone, Fratta Gorzone, Sile, Livenza, Adige e Piave. Tra maggio e giugno, decine di volontari e volontarie esperti di Citizen Science, affiancati dai tecnici dell’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, hanno raccolto campioni delle acque e svolto attività d’informazione ad amministratori e cittadini per restituire una fotografia puntuale dello stato di salute dei corsi d’acqua veneti. Con un responso complessivo non proprio incoraggiante (purtroppo).
I dati sulla depurazione
Il tema storico di “Operazione fiumi” riguarda gli escherichia coli, ovvero i batteri fecali (poiché vivono soprattutto nell’intestino umano). Naturalmente si tratta di batteri costantemente monitorati anche da Arpav, poiché permettono di verificare lo stato di depurazione delle acque, fornendo indicazioni certe di contaminazione fecale derivante da scarichi fognari non depurati. Tanto per rendere l’idea, per essere potabile l’acqua non deve presentare contaminazione da escherichia coli. I limiti di concentrazione nelle acque superficiali sono definiti dalla legge italiana solo per quanto riguarda quello consentito in uscita dagli impianti di depurazione, pari a 5.000 mpn/100 ml, ma convenzionalmente si utilizza come riferimento per gli standard di qualità dei fiumi il valore limite di 1.000 mpn/100 ml. Di conseguenza, preoccupa che la campagna “Operazione fiumi” 2025 abbia osservato che, su 52 punti monitorati, il 19 per cento vedano livelli di escherichia coli sopra i 5.000 e il 42 per cento sopra i 1.000 (quindi 32 punti su 52 hanno concentrazioni di batteri superiori al limite consigliato). Si tratta di fotografie puntuali e momentanee, ma il controllo costante di Arpav certifica che i risultati raccolti da Legambiente seguono quasi sempre un trend già definito.
Glifosato e pesticidi
Fin dalla sua prima edizione nel 2021 “Operazione fiumi” analizza nei corsi d’acqua anche la presenza di glifosato, un erbicida di sintesi utilizzato da circa 40 anni in maniera massiccia in agricoltura per eliminare le piante infestanti. Nei fiumi della nostra regione è notevolmente presente, con valori a volte spesso inferiori ma a volte superiori al limite definito per legge di 0,1 μg/L, come nei casi certificati da Legambiente nel 2024 (i dati del 2025 si avranno tra qualche mese) su alcuni punti del Sile, del Dese e del Canalbianco. Oltre al glifosato, le schede di bacino idrografico redatte ogni anno da Arpav restituiscono la presenza nelle nostre acque di diverse sostanze inquinanti impiegate in agricoltura, come Metolachlor, Azoxystrobin, Aclonifen, Ampa e altri.
Adattamento ai cambiamenti climatici
Non chiamatela emergenza climatica: ormai gli eventi climatici estremi sono una realtà cronica con cui ci troviamo a che fare con costanza. Dall’alluvione alla siccità, ogni anno si verifica un alternarsi di situazioni che mettono in condizioni di rischio il territorio e i suoi abitanti, non solo per il proprio lavoro e i propri beni, ma anche per la propria salute. «In un territorio come il nostro, un’attenzione a 360° sulla risorsa idrica non può che essere obiettivo primario – spiega Giulia Bacchiega, portavoce della campagna – In questo quadro, “Operazione fiumi” ha lo scopo duplice di valutare lo stato di salute delle acque ma anche il modo in cui ne facciamo uso e gestione».
Strumenti di tutela
Legambiente Veneto tiene costantemente gli occhi aperti sul territorio e sui fiumi grazie al lavoro incessante – a tratti eroico – dei suoi circoli locali. Tra gli strumenti di tutela fluviale che Legambiente sta cercando di attivare (in qualche caso con successo) sono i “contratti di fiume” o l’istituzione dei parchi fluviali. Nel primo caso si tratta di un accordo tra soggetti che hanno responsabilità nella gestione e nell’uso delle acque, nella pianificazione del territorio e nella tutela dell’ambiente (amministrazioni, enti territoriali, consorzi di bonifica, gestori, associazioni, privati…); il secondo implica la creazione di un’entità giuridica che gestisce e tutela un determinato tratto di fiume e l’area circostante, promuovendo la conservazione della biodiversità, la fruizione sostenibile del territorio e la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico.
Nel 2024 Legambiente Veneto ha deciso di iniziare a monitorare anche i Pfas all’interno della campagna “Operazione fiumi”. Il disastro Miteni di Trissino insegna la pericolosità di queste sostanze e nel frattempo le sostanze perfluoralchiliche vengono riscontrate anche in altri corsi d’acqua del Veneto e non devono mai smettere di destare preoccupazione. Purtroppo, le schede di bacino idrografico redatte da Arpav non lasciano spazio all’ottimismo.