È stata un’ambiziosa scelta obbligata. Lo Iov, l’Istituto oncologico veneto, nasce come consorzio delle Ulss venete alle prese con “l’emergenza cancro”. Per di più sulle ceneri dell’ospedale geriatrico appena smantellato e con soli quattro medici strutturati. Vent’anni più tardi, il 26 maggio nella sala della Ragione, l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico ha festeggiato il compleanno della consapevolezza collettiva. Dal Busonera, lo Iov ha generato dal 2015 i laboratori di ricerca in zona industriale, la succursale di Castelfranco e la nuova sede della Radioterapia di Schiavonia. E può vantare conti in perfetto ordine: il bilancio di previsione chiude in pareggio con quasi 279,5 milioni di euro nella produzione. Ma lo Iov può esibire soprattutto il riconoscimento sociale: nel 2024 sono stati 67.191 i padovani che nella dichiarazione dei redditi hanno destinato alla sanità pubblica specializzata in oncologia il loro cinque per mille, che significa 3,2 milioni di euro ovvero un quarto delle risorse a bilancio. È toccato a Giuseppina Bonavina ripercorrere la storia: «Sì, è vero: con l’infermiere Umberto, che teneva la scala, all’inizio ho cambiato i filtri delle cappe» confessa la primadonna dello Iov, direttore sanitario all’inizio e ora direttore generale. Luca Zaia, presidente della Regione, non nasconde la verità: «Il Veneto era in ritardo sul È una decisione destinata a segnare un punto di svolta nella battaglia per il riconoscimento dei danni causati dai Pfas. Il Tribunale di Vicenza ha stabilito con la sentenza del 13 maggio, che la morte di Pasqualino Zenere, ex operaio dello stabilimento della Miteni di Trissino (azienda responsabile di uno dei casi di inquinamento più gravi della storia italiana), è stata provocata «con alta probabilità» dall’esposizione prolungata a queste sostanze chimiche. Si tratta del primo caso in Italia dove è stata riconosciuta fronte dell’oncologia, perché Aviano funzionava già negli anni Ottanta. E all’epoca si contavano i viaggi della speranza dei pazienti verso altre strutture. Oggi mi piace ricordare come lo Iov garantisca più di settemila pazienti all’anno con 6.800 operazioni chirurgiche, 58 mila interventi chemioterapici e 50 mila radioterapici. Numeri impressionanti. È stata una grande galoppata, che continuerà». E il sindaco Sergio Giordani (imitato dai rappresentanti dell’Università) sottolinea l’eccellenza raggiunta, insieme all’attenzione costante all’umanità nella diagnosi e cura delle persone. Con cinquecento persone di fronte al maestoso cavallo ligneo, il “compleanno” dello Iov diventa l’occasione per offrire sei riconoscimenti pubblici ad altrettanti lavoratori dello stesso istituto. Si tratta di Giovanni Marchegiani, giovane ricercatore in gastroenterologia, Giuseppe Lombardi della neuro-oncologia, Debora Carpanese immunologa, Maria Vittoria Dieci, professore associato di Oncologia medica, Giulia Pasello specializzata in neoplasie toraciche e Marco Pizzi dell’anatomia patologica. «Il nostro motto è stato “facendo, impariamo a fare”. Sono stati anni intensi che hanno prodotto un lavoro straordinario – evidenzia il direttore generale Bonavina – Lo confermano le statistiche, perché negli ultimi vent’anni l’aspetta tiva di vita per i malati oncologici è salita, spesso in impennata e oggi tocca punte del 90 per cento per i tumori alla mammella e all’utero». Per celebrare i vent’anni c’è anche il restyling del sito internet (www.ioveneto.it) sempre più trasparente nelle informazioni cruciali, mentre un libro raccoglie le testimonianze in presa diretta della storia passata e recente. Concepito nel 2005 con legge regionale, entrato in funzione nella primavera successiva, lo Iov nell’arco di soli quattro lustri si confermò Ircss votato alla ricerca scientifica, alla sperimentazione clinica, alle nuove terapie e alle sfide della medicina 4.0. Il futuro imporrà altre scelte coraggiose, ambiziose e coerenti. A cominciare dal “trasloco” dello storico ospedale Busonera nell’annunciato polo ospedaliero di Padova Est. E comunque se politici, accademici, direttori generali sono predestinati a passare, lo Iov ha ormai solide radici in grado di proiettarsi almeno per altri vent’anni.