Padova, 15 ottobre 2025. Oggi appare diffuso il desiderio di conoscere e approfondire la Bibbia, uno dei testi fondamentali all’origine della tradizione culturale occidentale. Ma la Bibbia per molti è anche un “Great Unknown Book”, un grande libro sconosciuto. Le sue pagine, in realtà, non danno risposte, piuttosto contengono domande essenziali e stimolano percorsi di vita.
Potenzialità e contraddizioni di queste dinamiche sono messe in evidenza dal biblista Jean Louis Ska (gesuita belga, emerito di Esegesi dell’Antico Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, attualmente direttore dell’Associazione ex alunni), nell’intervista rilasciata in occasione della sua presenza a Padova dove ha tenuto una lezione alle studentesse e agli studenti della Facoltà teologica del Triveneto.
Professor Ska, la società attuale è sempre più stretta nella morsa di una mentalità tecnico-scientifica, eppure l’interesse per la sacra Scrittura è molto diffuso, come testimoniano le numerose e partecipate proposte di percorsi biblici, lectio divina e settimane bibliche, nonché la frequentata e apprezzata esperienza del Festival biblico. Perché la gente, credenti e non credenti, si rivolge alla Bibbia? Che cosa è custodito di così attraente fra quelle pagine?
«La Bibbia fa parte del patrimonio culturale del nostro mondo, in particolare del mondo occidentale, ma non solo. Lì ove sono presenti membri del popolo ebraico oppure ove è stato diffuso il cristianesimo, la Bibbia è entrata nella cultura. Vi sono tracce della Bibbia nelle lingue europee, nella cultura e nella civiltà, ad esempio nella letteratura, nella pittura, nelle opere d’arte, e persino nel diritto.
Il fascino della Bibbia è dovuto anche in parte alla secolarizzazione e alla scristianizzazione del nostro mondo occidentale. Per questo motivo, la Bibbia è diventata per molte persone un GUB, per usare una espressione di Umberto Eco, un “Great Unknown Book”, “un grande libro sconosciuto”. È diventato un libro misterioso, che ha avuto un grande influsso, oggi spesso dimenticato. Da lì alcune domande sulla sua natura, sul suo contenuto e sul suo significato. Perché ha avuto tanto influsso e perché non ce l’ha più? La Bibbia incuriosisce come tanti elementi o tanti personaggi del passato che riscopriamo oggi».
Questo libro sacro come riesce a parlare alla vita delle persone? Qual è il suo punto di forza? Quali sono le “risposte” che può dare agli uomini e alle donne contemporanei?
«La Bibbia non dà risposta alle domande di oggi, così come non ha dato risposte alle domande di ieri. Sono sicuro che sorprende assai la mia asserzione. Però sono convinto di quello che dico. La Bibbia, invece, contiene un bel numero di domande essenziali che il popolo d’Israele prima e poi le prime comunità cristiane si sono poste nelle diverse circostanze della loro storia. E la Scrittura descrive o ricorda il modo di porre e di vivere le domande. Descrive alcuni percorsi di persone o di gruppi che hanno cercato di rispondere alle domande esistenziali della loro epoca. Non abbiamo soluzioni, abbiamo percorsi di vita che siamo invitati a rifare in compagnia dei grandi personaggi biblici, in situazioni analoghe».
C’è il rischio di un uso “funzionale” o parcellizzato – per non dire manipolato e strumentalizzato – del testo biblico?
«È purtroppo vero che il testo biblico è stato ed è ancora spesso manipolato e strumentalizzato. Nel mondo ebraico tradizionale, la Bibbia è solo una collezione di versetti o di brevi passi che hanno tutti lo stesso valore e che possono essere citati senza tener alcun conto del contesto e, ancora meno, delle circostanze della loro redazione. Lo stesso vale per molti cristiani, e forse ancora di più nel mondo ecclesiale. I testi biblici, isolati dal loro contesto, servono a suffragare le opinioni avanzate in una molteplicità di circostanze e di contesti. Si enuncia l’idea e poi si cita il testo che la conferma. Per dirlo con Umberto Eco, non si interpreta la Scrittura, si usa la Scrittura. Il punto di partenza non è la Scrittura, bensì una verità dogmatica, una verità di fede, o un insegnamento morale. La Bibbia “serve” a illustrare o a convalidare quanto proposto. In questo modo, si perde un elemento essenziale della Scrittura che offre non soluzioni, bensì percorsi da fare per arrivare alle proprie risposte».
Per imparare a nutrirsi della Parola di Dio non sporadicamente ma nella quotidianità è necessario imparare a “leggere bene” la Bibbia. Qual è la “cassetta degli attrezzi” utili da possedere?
«Ecco qualche consiglio semplice per leggere bene la Bibbia. In primo luogo, mi si chiede spesso quale traduzione usare. Non è facile rispondere. Consiglio, tuttavia, di usare almeno due traduzioni diverse e di paragonarle. Il confronto permette di acquistare una prospettiva più giusta sul testo che si legge. In effetti, nessuna traduzione è davvero perfetta perché nessuna riesce a rendere alla perfezione tutte le sfumature del testo originale.
In genere, per l’uso personale, è meglio scegliere la versione della Bibbia che si predilige, quella che si legge più volentieri. Per l’uso nei gruppi biblici o nella pastorale, meglio usare la traduzione raccomandata dalle autorità. Per lo studio, invece, meglio prendere la Bibbia che piace agli studiosi, quella usata o raccomandata dagli studiosi.
In secondo luogo, vale la pena usare una Bibbia con introduzioni, note, e referenze marginali. È importante leggere le note esplicative, poi anche le introduzioni. Il contesto in cui i libri biblici sono stati redatti è molto diverso dal nostro. Le introduzioni e le note aiutano a cogliere meglio il significato di testi lontani dalla nostra mentalità.
In terzo luogo, vale la pena andare a leggere i testi menzionati nelle referenze marginali. E non solo il versetto citato, bensì anche il passo ove si trova tale versetto.
Infine, vale la pena leggere qualche buona introduzione alla lettura della Bibbia, qualche manuale, e qualche commentario adatto alle proprie conoscenze e capacità».
Oggi viene riconosciuto in vari ambiti il valore della “narrazione” (una parola, tuttavia, che talvolta è anche abusata…). La Bibbia è piena di racconti: possono costituire un modello per le nostre “narrazioni”? In che modo? Il potere evocatore delle immagini e delle figure bibliche come può illuminarci, dopo tanti secoli?
«La narrazione è una esperienza che può essere condivisa da ogni lettore che percorre il testo e rivive, a modo suo, l’esperienza descritta nel racconto. La rivive con la sua intelligenza, la sua sensibilità e la sua immaginazione. Ricrea l’esperienza raccontata anche se deve “spaesarsi”, deve lasciare il mondo della sua propria esperienza per entrare nel mondo delle esperienze altrui. Ogni lettura è diversa, ovviamente. Però una lettura è sempre un dialogo fra due mondi e il dialogo è fruttuoso quando è un vero dialogo ove le due parti possono parlare. Il lettore è invitato a lasciare parlare il racconto, a scoprire nuovi paesaggi, nuovi territori dell’esperienza umana senza ridurre immediatamente quello che scopre a quello che conosce già».
Quale centralità assume la Sacra Scrittura nella formazione teologica e nella vita accademica?
«Secondo me, la Bibbia occupa poco e troppo poco spazio nella formazione teologica e nella vita accademica. Per tornare a quanto detto prima, si “usa” la Bibbia, non si “interpreta” la Bibbia. La Scrittura dovrebbe essere il punto di partenza di ogni studio serio della teologia anche prima di immergersi nella sistematizzazione della dogmatica. La lettura gratuita, disinteressata e non utilitaristica della Bibbia è la base del vero lavoro teologico. Si parte dalle fonti invece di arrivare solo in seconda battura alle fonti o di attingere alle fonti per i propri scopi. In ogni modo, non siamo soli nella lettura della Bibbia e non siamo i primi a leggere la Bibbia. Si legge la Bibbia in famiglia o in comunità, e spesso nella comunità ecclesiale o, più semplicemente, nella comunità dei lettori della Bibbia. E la Bibbia è stata letta da generazioni di lettori prima di noi che hanno anche lasciato vestigia delle loro letture. Si legge la Bibbia in una comunità di lettori e, nel dialogo con altri lettori, è possibile correggere, migliorare, approfondire e arricchire la lettura personale».