MosaicoEsce domani in libreria I ragazzi di sessant'anni, ultimo romanzo dell'avvocato padovano Romolo Bugaro che non ha però mai rinunciato alla sua inclinazione di raccontare il suo tempo attraverso la scrittura.
Ce la racconta così Romolo Bugaro: «Guardo la carta d’identità. Ho 60 anni appena fatti. Poi vedo dentro la mia anima. E sono sempre fermo a 16 anni…».
Da padre, porge l’ultimo romanzo I ragazzi di sessant’anni (Einaudi, pagine 144, euro 16) senza infingimenti: «Con i figli è sempre molto, molto difficile. Ma un maledetto scrittore deve dire la verità. Accetto gli imbarazzi e le difficoltà che comporta».
Bugaro lavora come avvocato, tuttavia continua a nutrire la sua naturale beruf. Debutta nel 1987, selezionato da Pier Vittorio Tondelli nell’antologia Belli & perversi. Nel 1998 pubblica il primo romanzo La buona e brava gente della nazione, finalista al Campiello. Nel 2003 con Dalla parte del fuoco ottiene il Premio Bergamo. E nel 2007 è di nuovo finalista al Campiello con Il labirinto delle passioni perdute.
Scruta la città, respinge stereotipi, regala sguardi acuti. L’ultimo libro? «L’età è diventata una scelta. Descrivo la strana frattura nei giovani uomini che inspiegabilmente si avvicinano alla vecchiaia. Anch’io abito i 60 da un luogo molto distante. È un’attitudine diffusissima: siamo la maggioranza di stupiti e increduli, con la perdita assoluta di stare al passo con le stagioni della vita. Vaghiamo nel tempo neanche preoccupati».
Bugaro sta leggendo Age pride di Lidia Ravera in perfetta sintonia con le orgogliose rivendicazioni: «Lo sosteneva già Cicerone nel suo De senectute. Oggi l’anziano non è certo in poltrona con le ciabatte, spesso frequenta i locali con i pantaloni a sigaretta. Piuttosto è arduo negare la guerra fra generazioni, perché la popolazione che invecchia drena risorse. E ai giovani, che pagheranno un debito non contratto e hanno una vita peggiore, sembrano fantasmi nel dibattito pubblico».
E Padova com’è? «Si salva grazie all’Università, come Bologna. Altrimenti i piccoli centri di provincia sono desertificati e “geriatrici”. Da noi basta andare al Portello mercoledì sera: una folla di giovani festanti…».
Bugaro ammicca fra i fascicoli da tribunale: «Le stagioni della vita non esistono più. Giovani che si comportano da anziani, e viceversa. Persone mature irresponsabili e ragazzini che si battono per il clima. A me pare un fenomeno divertente e perfino liberatorio, al di là degli aspetti negativi. E mi sottraggo volentieri all’eterna lamentazione che rimpiange il passato. Davvero era meglio quando si moriva d’eroina come le mosche o inghiottiti nel gorgo della lotta armata e della galera?».
