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La folle paura atomica. Fantascienza con “Pluto” di Renzo Carbonera
Il regista vicentino Renzo Carbonera firma il fantascientifico Pluto sul dramma del nucleare che l’uomo “tiene di scorta” per autoestinguersi
Il regista vicentino Renzo Carbonera firma il fantascientifico Pluto sul dramma del nucleare che l’uomo “tiene di scorta” per autoestinguersi
Chief Carling, ex agente inglese, vive da superstite in un forte abbandonato della Prima guerra mondiale, ossessionato dalla Bomba, dalla missione di evitare il disastro estremo, ma anche da una progressiva perdita di certezze, in preda alle allucinazioni della propria mente, dilaniata da una domanda che non trova risposta sul perché l’uomo abbia deciso di vivere con una spada di Damocle sospesa sopra la testa. È a dir poco attuale il soggetto del nuovo film di Renzo Carbonera, regista vicentino, con radici bavaresi e studi all’Università di Padova. Pluto, titolo ispirato al nome della base militare americana dismessa di Longare nel Vicentino, è stato presentato a inizio novembre in anteprima mondiale al festival di Trieste “Science+fiction” e ora è pronto per approdare alle principali kermesse cinematografiche internazionali, soprattutto negli Stati Uniti e in Asia, legate al tema fantascientifico. In Italia giungerà in sala a fine gennaio 2023 e poi verrà distribuito sulle piattaforme in streaming. La pellicola, prodotta da Kiné in collaborazione con Rai cinema e Trentino film commission, con il sostegno economico della Veneto film commission, si pregia di una paziente e approfondita indagine d’archivio per la creazioni delle suggestioni post atomiche che la rendono sconcertante nei contenuti.
Lo spunto della sceneggiatura nasce da una riflessione disincantata, al tempo stesso lucida e angosciante, di Carbonera nata qualche anno fa. «Il nostro Paese non vuole produrre energia nucleare, eppure da oltre 70 anni tutti sappiamo di poggiare i piedi sull’atomica. A fine degli anni Novanta fu il Governo D’Alema ad ammettere per primo che nella base americana di Aviano si stoccassero bombe nucleari, come anche a Site Pluto a Longare, sebbene oggi “pare” che la base sia stata ampiamente dismessa. C’è uno studio dell’Università di Princeton, facilmente recuperabile in rete, che dichiara che, se scoppiasse una guerra nucleare, la seconda bomba atomica nel mondo sarebbe a Vicenza. Mi ha sempre impressionato lo stato di tranquillità generale che accompagna questi pensieri…». I boschi in cui vaga l’allucinato Chief, interpretato dal padovano Andrea Pennacchi (nel film c’è anche l’interpretazione di un’altra padovana, l’attrice Sara Lazzaro) sono quelli tra Veneto e Trentino, martoriati dai bombardamenti della Grande Guerra. «Oggi quella terra di confine – continua Carbonera – è stata ancora una volta profondamente ferita da Vaia, che nell’ottobre 2018 nell’arco di tre ore è riuscita a recidere la stessa mole di alberi abbattuti in tre anni dal 1915 al 1918. Vaia è l’emblema di un’ennesima lotta suicida estrema che l’uomo ha intrapreso contro l’ambiente. È questo lo sfondo su cui Chief si muove, spaventato follemente dal dramma della autodistruzione provocata dall’uomo con le sue stesse mani». Abbandonando il suo inconfondibile slang veneto e cimentandosi in un’inedita, almeno davanti alla macchina da presa, interpretazione in inglese, Pennacchi riesce a uscire perfettamente dai panni dissacranti del Pojana, a cui “Propaganda live”, il programma di Diego Bianchi del venerdì sera su La7, ha abituato il pubblico televisivo. «Andreaè un artista di grande talento – precisa il regista – e, come tutti i grandi attori, sa fare ogni cosa, non teme di mettersiin gioco. L’ho conosciuto a Padova, negli anni in cui frequentavo l’Università: lo vidi per la prima volta al Teatro popolare di ricerca – Centro universitario teatrale e recitava in lingua originale una tragedia di Shakespeare. La caratura di Andrea sta proprio qui, nella sua capacità di sperimentarsi in contesti differenti. Quando gli proposi Chief, Andrea aveva già in mente lo spazio in cui si sarebbe dovuto calare, perché in gioventù, non lo sapevo, ha fatto il servizio di leva in una base missilistica tra Veneto e Friuli. Abbiamo riscritto il personaggio più e più volte, anche sullabase delle sue suggestioni e il montaggio non è stato per niente semplice, unendo filmati d’archivio su conflitti ed esplosioni nucleari, come se fossero proiezioni mentali di Chief. Siamo andati avanti un anno a modificare testo e montaggio per approfondire un personaggio che si ricostruiva mano a mano».
L’inconsapevole preveggenza del regista ha realizzato un’opera che si è conclusa un anno fa, solo qualche mese primadell’invasione russa dell’Ucraina. «Prima non avevamo visto ancora niente se non piccole scaramucce tra Stati Uniti e Cina, alternate dai tentativi dei vari trattati per il disarmo. Erano di sicuro movimenti geopolitici preoccupanti, ma non li avvertivamo come pericolosi. Invece, da nove mesi viviamo con il rischio atomico sopra la testa. L’unico obiettivo che intravedo? Eliminare tutte le armi nucleari e non farle proliferare. L’unico modo che hai per evitare la catastrofe è non averle, perché è questa la dinamica del pensiero umano: la tentazione stuzzica continuamente l’azione». Le riprese partite subito dopo il lockdown hanno coinvolto altri luoghi oltre a quelli presenti nell’opera prima di Carbonera, Resina, ambientata a Luserna sull’altopiano di Lavarone. Si riconoscono in Folgaria il forte Sommo Alto e la base missilistica americana Tuono che oggi è un museo e il forte Verle sul Vezzena. Sono spazi emblematici che esprimono tutto il senso della distruzione nichilistica della guerra. Ma Carbonera, che è padre di tre bambine, come vede il futuro del mondo? C’è speranza di salvarsi? «Sono un inguaribile ottimista. Gli esseri umani hanno la capacità di spingersi sempre sull’orlo del baratro per poi tornare indietro. Nel film viene ripresa la leggenda dei lemming, i piccoli roditori artici che si suiciderebbero lanciandosi dalla scogliera; in realtà il loro è un tentativo di migrazione. Gli animali non hanno istinto suicida, che invece può avere l’uomo in preda alla disperazione. Confido sempre che davanti alla scarpata prevalga l’istinto alla conservazione della specie. Per questo credo che ce la faremo a ritrovare un equilibrio anche con la natura prima che sia troppo tardi».
Da domenica 27 novembre, il Teatro de Linutile dà appuntamento ai giovani dagli 11 ai 18 anni ai musei civici agli Eremitani di Padova per una colazione a base di cultura e teatro. Quattro incontri, con il contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, per rendere partecipi i giovani, offrendo l’opportunità di apprendere attraverso il teatro nuovi strumenti di partecipazione. Con “Mugs meetings” vengono proposte quattro domeniche, suddivise per fasce di età (11-13 e 14-18), con le quali Linutile vuole innescare dibattiti creativi, incoraggiare la conversazione e la sperimentazione e far crescere nuove community giovanili interessate alla cultura e alla propria città. Il primo appuntamento “Politica = partecipazione” si terrà domenica 27 dalle 9 dedicato alla “tribù che parla” dei giovani dai 14 ai 18 anni. Info e prenotazioni: teatrodelinutile.com
Lunedì 21 novembre alle ore 21, nello spazio teatro Komatsu, all’interno dell’azienda di via Ateste 4 a Este, va in scenaRoseRossePerTe, spettacolo di Loredana D’Alesio per la regia di Alberto Riello. L’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili. In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la proposta s’inserisce nell’ambito di una sinergia tra l’attività educativa e sociale di “Teatrando” e la realtà produttivadella Komatsu. Dopo lo spettacolo, viene proposto il dibattito con il coinvolgimento degli attori e due operatori del gruppo Polis che lavorano per il Servizio uomini maltrattanti e le case rifugio per donne e minori vittime di violenza. Info: Manuelita Masia, 347-2334275.