Skip to content
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
logo
  • Ultimi Articoli
  • Sezioni
    • Chiesa
    • Idee
    • Fatti
    • Mosaico
    • Storie
  • Rubriche
  • Speciali
  • Mappe
  • EVENTI
  • Scrivici
  • Edizione Digitale
  • Abbonati
Area riservata

Mappe IconMappe | Mappe 20 - Parità di genere - febbraio 2024

mercoledì 21 Febbraio 2024

La libertà economica. La violenza economica è un abuso che rende la vittima finanziariamente dipendente

La violenza economica è un abuso che rende la vittima finanziariamente dipendente, senza il controllo delle risorse

Donatella Gasperi
Donatella Gasperi
collaboratrice

Nell’Unione Europea le donne guadagnano in media all’ora anche il 12,7 per cento in meno degli uomini. Esistono grandi differenze tra gli Stati membri, ma a un minore divario retributivo di genere non corrisponde necessariamente una maggiore uguaglianza: «In alcuni Paesi, divari retributivi più bassi, come quello italiano del 5 per cento, tendono a essere collegati a una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A loro volta, divari più alti tendono a essere collegati a un’elevata percentuale di donne che svolgono un lavoro part time o alla loro concentrazione in un numero ristretto di professioni» spiegano al Parlamento Europeo. E così risulta che il 48 per cento delle italiane che hanno studiato, ma non sono andate oltre la maturità, non ha un reddito personale. Il 40 per cento circa delle donne tra i 25 e i 44 anni e tra i 55 e i 64 anni è dipendente economicamente. Tre donne su dieci non hanno un conto corrente personale o gestito in autonomia e il 17 per cento delle donne laureate tra i 25 e i 44 anni non ha alcun conto o, se lo ha, non può gestirlo da sola. «La violenza economica è un abuso che rende la vittima finanziariamente dipendente, controllando le sue risorse finanziarie, non coinvolgendola nelle scelte di spesa o investimento, negandole l’accesso al denaro o la partecipazione al mondo del lavoro. Di fatto limitandone la libertà» spiega il Cantiere delle Donne, think tank padovano nato durante la pandemia che l’anno scorso ha coinvolto centinaia di donne con “Fate le brave”, un ciclo di conferenze sull’educazione e l’autonomia finanziaria tenuto da professioniste: avvocate, notaie, consulenti finanziarie, psicologhe, giornaliste, formatrici, fundraiser. «Partecipare al progetto “Fate le brave” mi ha permesso di capitalizzare un’esperienza di 40 anni di lavoro – spiega Roberta Sgreva, consulente finanziario di Fideuram Isp Private Banking e docente per il Cantiere delle Donne – Sono partita dalla gavetta e ho maturato negli anni la consapevolezza che il mondo femminile spesso trascura la parte finanziaria che riguarda sé e la famiglia per cui delega la cura delle proprie finanze al marito. Questa è una distorsione cognitiva perché sappiamo che finanze e salute sono gli elementi fondanti del proprio benessere. Avrei sempre voluto esprimere alle donne questa urgenza di prendere in mano la propria vita perché più avanti vai con gli anni, più fai fatica a riprendere in mano la situazione. In troppe non considerano che la finanzia è fatta di obiettivi di vita e che poi viene il guadagno. È una visione che significa consapevolezza. In Italia siamo bravi accumulatori di patrimoni, ma cattivi investitori: difficilmente sappiamo perché risparmiamo. Va sottolineato anche il fatto che la consapevolezza finanziaria non è solo necessaria per le donne che si trovano in difficoltà economica, ma serve a tutte: ci sono anche situazioni di famiglie benestanti in cui le donne non hanno autonomia e hanno delegato la cura del patrimonio al marito. L’indipendenza economica è trasversale e deve riguardare tutte e tutti». Il progetto continua con i giovani: «L’esperienza partita con le donne adulte, adesso è arrivata alle scuole attraverso la Camera di commercio che ha colto l’importanza del concetto di indipendenza economica – continua Sgreva – È un passaggio importante perché i giovani possono impostare da subito la loro autonomia. Entrare in classe è stata una sorpresa perché ero convinta che certi temi, come per esempio le successioni, non avrebbero trovato grande entusiasmo e invece sono arrivate tantissime domande perché li abbiamo sensibilizzati sia in quanto futuri possessori di patrimoni, sia quali futuri eredi». Nonostante la presenza di leggi e norme volte a contrastare le disuguaglianze, l’Italia è ben lontana da raggiungere la parità di genere sul lavoro e lo conferma anche il Global Gender Gap Index, uno studio a cura del World Economic Forum. Il documento misura il divario di genere presente in 146 Paesi nel mondo e l’Italia risulta al 79° posto (arretrata di 16 posizioni rispetto al 2022). Ma cosa fare per superare le discriminazioni sul lavoro? «Occorre fare prevenzione perché non accadano, applicare tutte le leggi che ci sono, fare intervenire le istituzioni preposte che sono i consiglieri di fiducia se presenti in azienda o le consigliere di parità – spiega Lucia Basso, già consigliera regionale di Parità – Affidarsi agli esperti, denunciare, è fondamentale perché le discriminazioni sono vietate e punibili, e in azienda è importante la formazione dei dirigenti perché il datore di lavoro risponde in prima persona e deve dichiarare in maniera esplicita, anche per iscritto, che non saranno tollerate discriminazioni di qualsiasi natura, in particolare le molestie sul lavoro e ricatti sessuali».

Servizi sanitari e segreteria al femminile

I dati Istat sull’occupazione ci dicono di una presenza femminile superiore all’80 per cento in alcuni settori: dai servizi sanitari alle funzioni di segreteria, dalla contabilità al settore estetico. Nella scuola primaria le maestre raggiungono il 99,9 per cento. Preoccupa il fatto che la presenza femminile, a livello generale, cala del 50 per cento nei dipendenti del settore privato (esclusa l’agricoltura) e arranca quando crescono le gerarchie. Il report Inps del 2020 segnala che le donne sono il 58,6 per cento degli impiegati, il 30,9 per cento dei quadri e il 19,1 per cento dei dirigenti.

Le italiane “pagano” la maternità

Nell’ultimo report delle organizzazioni della società civile per la Cedaw, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna adottata nel 1979 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, presentato a fine gennaio, emerge che «il mercato del lavoro è caratterizzato da una elevata segregazione orizzontale di genere». Le italiane “pagano” la maternità: il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni che vivono da sole è dell’81,3 per cento, quello delle madri è del 60,2 per cento.

Ultimi articoli della categoria

Carceri sovraffollate: un problema italiano

martedì 12 Novembre 2024

Carceri sovraffollate: un problema italiano

Consumo di suolo. Un futuro grigio

martedì 12 Novembre 2024

Consumo di suolo. Un futuro grigio

Connessi con la realtà. Padova fa progressi nel digitale e nella cultura

martedì 12 Novembre 2024

Connessi con la realtà. Padova fa progressi nel digitale e nella cultura

Agenda 2030, quale futuro? Noi possiamo ancora agire

martedì 12 Novembre 2024

Agenda 2030, quale futuro? Noi possiamo ancora agire

Cambiamenti climatici e sociali. Uno sviluppo insostenibile

martedì 12 Novembre 2024

Cambiamenti climatici e sociali. Uno sviluppo insostenibile

Energia pulita. Rinnovabili, insistiamo

martedì 12 Novembre 2024

Energia pulita. Rinnovabili, insistiamo

Condividi su
Link copiato negli appunti
Logo La Difesa del Popolo
  • Chi siamo
  • Privacy
  • Amministrazione trasparente
  • Scrivici

La Difesa srl - P.iva 05125420280
La Difesa del Popolo percepisce i contributi pubblici all'editoria.
La Difesa del Popolo, tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) ha aderito allo IAP (Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
La Difesa del Popolo è una testata registrata presso il Tribunale di Padova decreto del 15 giugno 1950 al n. 37 del registro periodici.