Fatti
La manifestazione a Vicenza. Medici, infermieri, Oss in piazza per difendere la sanità pubblica
A organizzarla è il CoVeSap che mette nero su bianco le criticità del sistema
FattiA organizzarla è il CoVeSap che mette nero su bianco le criticità del sistema
Se la salute è un diritto, la difesa della sanità pubblica è un dovere. Questa è la parola d’ordine della manifestazione regionale organizzata dal Coordinamento Veneto Sanità Pubblica (CoVeSap) a Vicenza sabato 15 aprile. «Che la sanità pubblica debba essere difesa lo dicono i numeri che delineano un quadro drammatico – racconta la dott.ssa Maria Pina Rizzo, una delle referenti CoVeSap di Padova – Dalla diminuzione del numero dei posti letto allo smantellamento dei pronto soccorso, dalla mancanza di medici di base a quella degli infermieri, dall’emergenza liste d’attesa alla fuga degli ospedalieri. In dieci anni in Veneto i posti letto sono passati da 5,1 per mille abitanti a 3,5; negli ospedali pubblici sono scomparsi 816 i posti letto mentre negli ospedali privati sono aumentati di 833 unità. In tutto il Veneto si stanno chiudendo i reparti di lungodegenza per sostituirli con gli ospedali di comunità che però hanno modelli assistenziali con fini e obiettivi del tutto diversi. Per non parlare delle liste d’attesa inevase». Punto davvero dolente quello delle liste d’attesa. Il gap (vuoto) da recuperare, dopo la pandemia, è di circa 72 mila interventi chirurgici richiedenti il ricovero e di circa 325 mila prestazioni ambulatoriali, screening compresi: «Questi numeri sono stati fissati dopo aver sentito ogni singola Ulss – spiega Maria Pina Rizzo – La Giunta regionale ha approvato una delibera specifica stanziando 40 milioni e 981 mila euro, 31 milioni e 14 mila euro dei quali per le strutture pubbliche e quasi 10 milioni di euro per le private convenzionate. Ma è davvero difficile da sopportare per un cittadino che il Cup non riesca a rispettare le tempistiche della priorità indicata nella prescrizione del medico: a più del 50 per cento dei pazienti viene comunicato che sarà ricontattato il prima possibile».
Quella di Vicenza è la seconda manifestazione regionale organizzata da CoVeSap per denunciare la gravissima situazione vissuta dal sistema sanitario nazionale e veneto. La prima, un anno fa a Padova, ha puntato i riflettori sul dramma della salute mentale e da allora è stata avviata una serie di tavoli di confronto. In Veneto dalla fine degli anni Novanta a oggi il numero dei pronto soccorso è passato da 69 a 15 e molti sono stati declassati a punti di primo soccorso il che significa un’assistenza di tipo ambulatoriale. Inoltre nel 70 per cento dei pronto soccorso veneti una parte dei turni di lavoro viene integrata dalle cooperative: «I medici delle cooperative prendono il doppio dei colleghi e non è loro richiesta la specializzazione – rimarca Rizzo – In Veneto è stimata una carenza di più 1.200 medici suddivisi tra ospedale e territorio. Mancano soprattutto medici di pronto soccorso, di Medicina interna, radiologi, anestesisti e chirurghi. Mancano anche più di tremila infermieri nei reparti ospedalieri e soprattutto nelle cure a domicilio. Non va dimenticato comunque la disparità di trattamento economico tra un medico dipendente pubblico e un libero professionista». Una situazione drammatica resa tale anche perché il Covid-19 ha messo a nudo criticità: «Strutture e istituti sanitari completamente privati nascono “come funghi” – aggiunge Salvatore Lihard, portavoce di CoVeSap Venezia – e stante la carenza dei medici di medicina generale, la persona può curarsi in due modi: rivolgendosi al privato o direttamente al pronto soccorso, in codice bianco, dove preferisce aspettare anche 12 ore piuttosto che non curarsi. Ricordiamoci che l’accelerazione dello smantellamento del Servizio sanitario pubblico significa l’aumento delle diseguaglianze: in Italia viene meno la legge 833/1978 basata su universalismo, equità e uguaglianza. Per questo non siamo assolutamente d’accordo con la differenziazione regionale prevista dall’autonomia che dà ancor più possibilità alle Regioni di gestire 21 sistemi di pianificazione dei servizi».
Il CoVeSap, inoltre, sottolinea un’incapacità da parte della Regione a far sì che anche in un momento di crisi finanziaria ci possano essere delle idee strategiche nuove. In particolare il Coordinamento chiede che venga messa mano a un piano socio-sanitario regionale centrato sui concreti bisogni di salute delle comunità che preveda il decentramento degli ospedali e dei servizi nel territorio. Non da ultimo, questione fondi del Pnrr: la richiesta è che siano finalizzati solo al potenziamento del Servizio pubblico e che vengano riaffidate alle comunità locali le funzioni di programmazione-governo della sanità attraverso il coinvolgimento dei Comuni, la partecipazione attiva dei cittadini e delle associazioni.